Ospedale Riuniti, 12 ore al pronto soccorso per una flebo, il disagio di chi avrebbe bisogno di cure e umanità

Riportiamo l’esperienza di un lettore che in una lettera segnala lo stato in cui versa il pronto soccorso dell’ospedale Riuniti di Anzio e Nettuno. Una testimonianza di come le istituzioni -Regione Lazio in testa- hanno ridotto un Ospedale che serve un bacino di 150 mila residenti. Ma anche dell’indolenza e mancanza di empatia di alcuni sanitari.

“Ultimamente ho dovuto vivere il pronto soccorso da paziente (fortunatamente solo per una colica renale che è molto dolorosa ma non è nulla di grave) -racconta il signore-. Quanto si dice sulla nostra sanità locale e nazionale è sacrosantamente vero, stiamo inesorabilmente smantellando non solo un servizio pubblico primario ma un esempio enorme ed impareggiabile di civiltà, una delle cose di cui il nostro paese doveva e poteva a buon diritto essere fiero nel mondo.

“Quando stai veramente male vedi le cose da dentro e con una sorta di “realtà aumentata”, l’ottica è diversa e non ti sfugge nulla”. “Per farmi una banale flebo, unica e semplice cosa che in quei casi ti libera da dolore atroce, ci hanno impiegato 10 ore , in tutto sono stato li 12 ore. Ma quello che ho patito io è nulla rispetto a quello che vedi. Esempio: un vecchio che stava impazzendo perché legato ad una barella, io sono uscito da li ripeto dopo 12 ore e lui era ancora con la moglie che gli piangeva accanto e nell’indifferenza totale”.

“Ho condiviso ore ed esperienze davvero spiacevoli in buona parte solo a causa di indolenza, incompetenza, indifferenza e distacco quasi disumano da parte di chi invece avrebbe dovuto soccorrere. Li dentro era pieno di persone che brigavano per scappare, chiamavano parenti per farsi portare via, chiamavano taxi o cercavano ambulanze per cambiare ospedale; fuori era pieno di persone che aspettavano notizie sui parenti da ore, in alcuni casi da giorni..”. “Era tutto surreale ma chiunque “esterno” a quell’ambiente avrebbe capito che quegli infermieri e medici era gente che ormai faceva normalmente cose che normali non possono essere; magari per mera autodifesa ed impotenza oppure perché, ripeto, sono nati e cresciuti in quel sistema e nessuno gli ha mai mostrato e spiegato che le persone si trattano e curano in altro modo” -conclude la lettera-.

Tutto questo mentre il presidente della Regione Francesco Rocca continua ad  annunciare “un consistente abbattimento delle liste d’attesa e un notevole miglioramento dell’assistenza negli ospedali della Regione”.