[sg_popup id=”106217″ event=”inherit”][/sg_popup]Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha annunciato una stretta verso i negozi etnici: nel decreto sicurezza in discussione alle Camere sarà inserito un emendamento che prevedere “la chiusura entro le 21 dei negozietti etnici” che vendono: bevande, biscotti, generi alimentari vari e anche le frutterie, a Roma chiamati -soprattutto dai giovani- “bangladini”. Una misura che rischia di colpire 150mila attività (dati Infocamere), in lenta, ma continua, crescita negli ultimi anni (+0,8% rispetto al 2016).
In base ai dati di Infocamere- scrive il Sole 24 ore- è la Campania la regione d’Italia con il maggior numero di imprese di commercio al dettaglio con titolare straniero e nazionalità extra-Ue (22mila negozi a giugno 2018). Seguono la Lombardia (19mila) e il Lazio (18mila). In generale questi negozi sono concentrati soprattutto al Sud. Qui è concentrato solo il 30% delle imprese italiane: percentuale che invece sale al 42% se si prendono in considerazione le imprese di commercio al dettaglio con titolare extra Ue. Anche se è nel Lazio che dal 2016 al 2018 si è registrato l’incremento maggiore (+8,1%).
Contrarie le associazioni
Contro l’iniziativa annunciata da Salvini si schiera Confesercenti, leggiamo sempre sul Sole 24 Ore, che raccoglie la dichiarazione di Mauro Bussoni, segretario generale dell’associazione: «Non si può fare una norma che discrimina determinati imprenditori rispetto ad altri. Chi ha un’attività commerciale ha diritti e doveri: il dovere di rispettare le regole e il diritto di restare aperti, sia che siano esercizi gestiti da stranieri, sia che siano esercizi gestiti da italiani». “Crediamo che in materia di commercio e sicurezza non sia corretto generalizzare – spiega invece il presidente del Codacons, Carlo Rienzi – Tali negozi etnici sono molto utili ai consumatori, perché rimangono aperti più a lungo degli altri esercizi e commercializzano una moltitudine di prodotti di diverse categorie, consentendo ai cittadini di fare acquisti “last minute”.
Da dove arrivano i prodotti venduti in questi negozi? secondo quanto riportato dall’agenzia Agi in uno studio redatto da due giornalisti indipendenti, Maria Panariello e Maurizio Francola, la maggior parte di loro sfruttano le offerte della Grande distribuzione e dei discount per le bevande gassate, l’acqua e prodotti alimentari. Su Roma, il 90% del fresco da Guidonia e il 10% da Fondi, vengono organizzati degli acquisti collettivi, c’è un indotto fatto di autotrasportatori che smistano ai punti vendita, incassando da ognuno 5 euro. Per gli alcolici l’approvvigionamento avviene invece ai supermercati. Vengono organizzati degli acquisti collettivi, c’è un indotto fatto di autotrasportatori, anche italiani, che smistano ai punti vendita, incassando da ognuno 5 euro.