Lettera Riceviamo e pubblichiamo
Dopo il fallimento del glorioso Nettuno Baseball Club; dopo l’avvento delle 2/3/4 nuove società che hanno cercato di salvare il salvabile per poi naufragare in un mare di debiti; dopo la scissione e la nascita di distinte società che da subito hanno rivendicato i titoli e la “Stella” come se effettivamente si potessero comprare all’asta;
dopo la NON partecipazione di un Nettuno nel massimo campionato di Serie A1 in virtù di una ritrovata unione…
Dopo tutto questo i tifosi del Nettuno si ritrovano oggi a subire un ultimo “affronto”: la cancellazione di una “N” che ogni tifoso avrebbe potuto tatuarsi sul petto ma che sicuramente ha incisa nel cuore; la distruzione di un simbolo di appartenenza, che sebbene abbia nel tempo subito delle modifiche, aveva conservato quell’alone di rispetto che incuteva ad ogni avversario che scendeva ad affrontarci nella “Fossa dei Leoni” del primo campo di baseball italiano a Villa Borghese, che affrontava i “Ragazzi del Bronx” al Comunale o si confrontava con la “Storia” nel diamante più grande e caldo d’Italia, lo Steno.
Avere quella N cucita sul cappellino, significava avere in testa un segno distintivo, ed istintivo, di una comunità interamente votata al baseball.
Parliamoci chiaro, era più di un cappellino: era una corona, ed in cima vi era una stella. È proprio quella stella che rendeva orgoglioso ogni tifoso del Nettuno Baseball, il tifoso che su ogni diamante italiano poteva esclamare: “so de Nettuno, compà. Co no guanto e no bastone famo li bozzi a chi ce viè a sfidà”.
Spero che il Nettuno Baseball ci ripensi e magari riutilizzi il primo stemma di questa splendida avventura che è il baseball nettunese o lo stemma dell’ultimo scudetto vinto: quello si che sarebbe onorare la storia e la tradizione. Riprendere dove s’è spento l’ultimo grido di vittoria, l’ultimo grido d’amore.
Forza Nettuno. Sempre.
F.V. lettera firmata