Il paradosso letterario: Baudelaire gli “Inferni Artificiali” e il Battello Ebbro
di Rimbaud, la decadenza annunciata nella cara vecchia Europa
Di Raffaele Panico
Charles Baudelaire, scomparso a soli 46 anni, scrisse un poemetto “I paradisi artificiali”. Vi descriveva gli effetti e le ricadute in termini di salute fisica e mentale causati dall’uso tanto dell’hashish e della marjuana tanto più dell’oppio sostanze di cui aveva abusato a lungo. Arthur Rimbaud (1854 – 1891) e siamo ancora in Francia scrive un verso profetico “discendendo fiumi impassibili”: «Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente – il Poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi». Ne “Il Battello Ebbro” 1871 Rimbaud descrive le visioni su un battello privo di equipaggio e abbandonato al suo destino, alle correnti di un largo maestoso esotico fiume di un’America lontana e ancora primitiva. Erano altri tempi, l’età dei poeti Maledetti in Francia e della Scapigliatura lombarda – in Italia. La figura dell’artista maledetto è diventata una tendenza di molti intellettuali, profanare i valori e le convenzioni della società e scegliere deliberatamente, come gesto di supremo rifiuto, il male e l’abiezione. L’artista diventa colui che sceglie la via dell’autoannientamento per discostarsi dai valori di una società che non lo comprende, si compiace dunque di una vita misera caratterizzata dal vizio, sregolatezze e l’abuso di alcool e droghe.
I giovani della New Age hanno poi creato le premesse di una cultura alternativa, o altra cultura, hanno diffuso con versi cantati, capillari descrizioni e immagini da copertina sugli ormai obsoleti, recentemente tornati in voga dai collezionisti, i dischi vinile LP. Premesse di una sorta di avvento psichedelico per affermare la ribellione del ’68. Pseudo viaggi interiori della psiche nei salotti. Negli stessi anni il consumo di sostanze psicotrope avveniva anche presso i soldati americani per esorcizzare la paura della guerra combattuta nelle giungle del Vietnam. Erano le chimere dei cosiddetti Sessantottini nelle metropoli dell’Occidente. I soldati americani in Vietnam assumevano altre sostanze a differenza degli europei sul fronte 1914-18, dove si somministrava prima dell’assalto fuori dalla trincea, botticelle di grappa, in Italia sull’Isonzo e sul Piave, la Vodka ai russi, e cognac e brandy ai giovani francesi, tedeschi e inglesi. A oltre 50 anni di distanza dagli anni Settanta e in questi tempi tangibili di emergenze virali e di virus anche ignoti e mai visti prima, auspichiamo che possa compiersi una vera metànoia e aprire la mente a nuovi orizzonti.
Riflessione attinenti l’economia generale del tema elettivo: come affrontare l’indagine sulle trame, sociali e culturali, afferenti la programmazione e la formazione delle generazioni cui spetta il futuro dell’economia, e strutturare garanzie per mettere in sicurezza le popolazioni. Le esperienze appena citate hanno avuto un impatto devastante che andrebbe valutato al pari dell’impatto ambientale delle industrie inquinanti la natura.
La mentalità che si è prodotta e affermata dagli anni ’60 e ’70 con esperienze psico-sensoriali alterate hanno finito per avere trame espressive nell’arte, nei consumi e costumi, nel degrado dell’estetica, in atteggiamenti quotidiani, fino ai testi delle canzoni, nei video, nel cinema fino alle radio cosiddette libere o private e le frequenze della televisione. Oggi la cultura o l’altra cultura o contro cultura di quei primi gruppi si è tramutata anche per il moltiplicarsi del fenomeno “sostanze psicotrope indifferenziate” con effetti ben più devastanti sulla psiche e la salute in generale. Sono apparsi nuovi “prodotti” e “molecole” (movimentati da mafie nazionali e transnazionali), assai più degradanti e tossiche, i cui consumi massicci si mimetizzano anche nelle cosiddette alte fasce quelle dei professionisti e non solo nelle ex borgate operaie e salariati urbani. Non a caso la cocaina è la sostanza di “alto profilo” sociale ed è forse la più utilizzata. Il consumo e l’abuso avviene spesso sui luoghi di lavoro di molte professioni con pesanti ricadute sulle garanzie di sicurezza e sanità pubblica. Problema che poco e nulla è sembrato fosse stato preso in esame con l’autorità dovuta e mirate competenze. Lo “sballo” come termine è entrato nell’uso comune purtroppo, da una cultura di nicchia, o controcultura o altra-cultura ed è oramai entrato nella vita quotidiana in maniera subdola. Se è vero come è vero che in fondo, nella storia profonda, sostanze erano da sempre presenti e usate in particolari momenti o sagre di popoli, o eventi particolari legati ai cicli stagionali o come medicine, conosciute dallo sciamano o dalla guaritrice, queste sostanze sono “esplose” in una società dei consumi senza scrupoli, elaborate e sintetizzate e potenziate, un caleidoscopio di false esigenze e del tutto (a parte esperimenti controllati da istituti e autorità in paesi sviluppati, o tollerate per usi e costumi in paesi Andini – alcune sostanze psicotrope), tutto questo devastante armamentario sociale è relegato al mercato nero, o nelle mani delle organizzazioni criminali da cui attingono ingenti capitali che finiscono con l’inquinare anche la parte sana dell’economia, della finanza, delle nazioni, in un circuito che si autoriproduce nel male più spietato e banale, minando i fondamenti e il futuro nel degrado generale.