Nei giorni scorsi, incontrando gli studenti dell’istituto “Volta” di Frosinone, don Luigi Ciotti ha espresso un concetto da condividere: “Siamo passati dalla criminalità organizzata a quella normalizzata”. Diamo ormai per scontato che esista e alla fine nemmeno dispiace troppo conviverci, quella fa affari senza più mettere bombe e magari consente guadagni facili a chi preferisce non combatterla. Invece era e resta un cancro da estirpare.
Una definizione che ben si addice alla vicenda di Anzio, Comune sciolto per condizionamento mafioso. Un’affermazione che trova puntuale riscontro, purtroppo, nelle udienze in corso a Velletri per il processo “Tritone”. Autorevoli rappresentanti delle forze dell’ordine che non ricordano, non sapevano, non conoscevano. Il problema non è, allora, Giacomo Madaffari e i suoi presunti affari illeciti. Intervenendo in collegamento ha detto di aver sempre rispettato la legge e guardate, io voglio crederci. Per me tutti gli imputati in Tritone sono innocenti fino a prova del contrario. Il problema non è lui, è aver “normalizzato” – in questa città e nella vicina Nettuno – la presenza criminale.
La politica che oggi è pronta a ripresentarsi e spinge per votare a giugno ha le sue responsabilità, ma al processo di Velletri stanno emergendo in modo palese quelle di chi doveva controllare il territorio e non lo ha fatto. In certi frangenti fa quasi tenerezza il pubblico ministero Giovanni Musarò: “Davanti alle perplessità del teste, mi arrendo”. Come finirà il processo lo ignoriamo, ma quello che sta emergendo dice che non è mancata solo la politica ovvero non ha responsabilità soltanto chi ha fatto mettere il vestito bello ai delinquenti, avvicinandoli alla cosa pubblica. No, sta venendo fuori che sono mancati i vertici di Polizia e Carabinieri, i prefetti, i ministri dell’interno, i magistrati con particolare riferimento a quelli di Velletri. Quando è “normale” che si possa interrompere un consiglio comunale senza conseguenza alcuna, ed è solo un esempio poi è “normale” tutto. Ma non prendiamocela sempre con altri, in questa città di “tante brave persone”, come ama ripetere la prefetta Antonella Scolamiero che presiede la commissione straordinaria, spesso ci si è girati altrove. Per quieto vivere o per qualsiasi altro motivo. Fuori e dentro al Comune, solo che in quest’ultimo è ancora al suo posto (sarà normale?) chi nascondeva le carte alla commissione d’accesso su vicende gravissime.
C’è un altro importante concetto, fra i molti, che Don Ciotti ha ribadito con forza: “Le Istituzioni sono sacre, poi possono esserci uomini non degni di rappresentarle”. Da quanto sta emergendo al processo, più di qualcuno non è stato degno. Idem se pensiamo che “va bene scrivere di 30 anni di latitanza di Messina Denaro – ha detto sempre il sacerdote – ma occorre interrogarsi sulle latitanze di chi gli ha consentito tutto questo”. Quante latitanze, su questo territorio….
Infine, smettiamola di parlare di infiltrazioni e cominciamo a dire che c’è una presenza criminale – di ‘ndrangheta e camorra – forte e radicata. Motivo? Gli agganci in Comune, quelli nelle forze dell’ordine, i riferimenti nella sanità e via discorrendo. Così si stabilizza un sistema mafioso, in questo modo prende il controllo e questo è avvenuto ad Anzio e Nettuno. Poi, forse, arrivano anche le bombe, ma intanto scorrono fiumi di cocaina e se c’è un problema qualsiasi da risolvere i riferimenti sono solidi all’interno dei Palazzi. Lo abbiamo “normalizzato” e questa è la sconfitta più grande. Come dissi all’ex sindaco la sera dello scioglimento del Comune, abbiamo perso tutti. Ma possiamo (e dobbiamo) ancora dire la nostra.
Ps: il 21 marzo a Roma c’è la giornata della “Memoria e dell’impegno” per ricordare le vittime di mafia. Andare con il gonfalone della città, come istituzione “sacra”, sarebbe un bel segno.
Fonte: https://giovannidelgiaccio.com/2024/02/05/don-ciotti-e-la-criminalita-normalizzata-come-ad-anzio/