Autonomia differenziata perché no! La secessione delle Regioni – Stato

3° contributo

Gianfranco Viesti
Professore Ordinario di Economia Applicata dell’Università
Aldo Moro di Bari autore di Verso la secessione dei ricchi? e Contro la secessione dei ricchi

Anna Maria Bianchi. Gianfranco Viesti nel gennaio 2019 con l’editore Laterza ha pubblicato il libro distribuito gratuitamente “Verso la secessione dei ricchi? – Autonomie regionali e unità nazionale”
che è stato uno dei pochi fari nell’oscurità con cui è stato portato avanti in questi anni il percorso verso l’autonomia differenziata. L’incipit ancora riassume perfettamente cosa c’è in ballo: “Questo testo analizza le richieste di maggiore autonomia di alcune Regioni e le conseguenze che esse
potrebbero provocare per il benessere dei cittadini italiani e la stessa unità sostanziale del paese. La sua finalità è di chiarire come non si tratti di una questione tecnico-amministrativa, ma di un processo con una grande valenza politica; e di illustrare le concrete modalità con cui può influenzare e modificare tanto i principi di parità dei diritti di cittadinanza degli italiani quanto il funzionamento di alcuni grandi servizi pubblici nazionali, a partire dalla scuola. Questioni sulle quali la
grandissima maggioranza dei cittadini italiani non è affatto informata”. Nel settembre del 2023 ha ha pubblicato un nuovo libro, sempre Laterza, in cui il punto interrogativo è sparito e la posizione è
ancora più contraria: “Contro la secessione dei ricchi” Perché secessione? Perché dei ricchi?
Gianfranco Viesti Perché l’autonomia differenziata crea delle Regioni- Stato all’interno del Paese che non ci sono in nessun altro Paese europeo e mondiale, e quindi è una secessione di fatto, anche
se non di diritto. Perché è dei ricchi? Perché sono il battistrada le tre Regioni più ricche d’Italia e perché soprattutto Veneto e Lombardia propugnano il principio che se sei più ricco hai diritto a più servizi. Quindi è una secessione dai principi costituzionali di uguaglianza fra i cittadini.
Ricchi non se la passano bene, il paese sta rallentando, pensano da soli che vada meglio.
La secessione è dei ricchi per due motivi: lo è in senso geografico, perché sono state le amministrazioni delle Regioni a maggior reddito del paese ad avviare questo processo; quindi, all’interno dell’Italia le nuove Regioni – Stato includerebbero inizialmente le comunità più ricche,
con una cesura netta rispetto al resto del paese. (…) Lo è in senso economico-sociale poiché il processo è spinto dal desiderio degli amministratori di queste comunità di poter disporre di una parte
del gettito delle tasse pagate nelle loro Regioni superiore a quanto oggi lo Stato spende nei loro territori. Risorse che, a norma di Costituzione, devono essere utilizzate per fornire essenziali servizi
pubblici e quindi garantire diritti di cittadinanza tutti gli italiani, indipendentemente dal loro reddito
e da luogo in cui vivono. In Italia vigerebbe una sorta di ius domicilii che lega i diritti alla residenza.
Le Regioni dotate di maggiori autonomie godrebbero di poteri estesissimi e delle risorse per farvi fronte anche se in modo differenziato tra loro. Parallelamente, si avrebbe un depauperamento della
capacità del governo e del Parlamento italiano di affrontare questioni vitali per i cittadini attraverso le politiche pubbliche ritenute più opportune. Ad essi rimarrebbero ritagli di competenze di territori: l’Italia diventerebbe un paese arlecchinesco, confuso, insufficiente.
Pietro Spirito Come si incastrano le 23 materi che possono essere trasferite alle Regioni, con la sussistenza di uno Stato nazionale? E’ possibile che la sottrazione possa determinare comunque la
persistenza dell’unità nazionale sancita dalla costituzione?
Gianfranco Viesti Non si incastrano, perché nel disegno della Costituzione che è stato fatto nel 2001 con la Riforma del titolo V, è stata aperta una crepa molto grande, nel senso che si è previsto
che le Regioni a statuto ordinario possano chiedere ulteriori competenze, a partire da una lista sterminata che praticamente include tutte le politiche pubbliche tranne la politica estera, la difesa e la giustizia. Forse perché si pensava di essere in un Paese ragionevole, o forse perché chi l’ha scritto già aveva nella sua testa un percorso di questo genere: ricordiamo tutti che quella riforma del 2001 è stata
scritta molto in fretta, con l’idea del centrosinistra di riguadagnare voti al Nord. Comunque sia, le uova nel piatto sono state rotte dalle Regioni Veneto e Lombardia, e poi clamorosamente anche
dall’Emilia Romagna, perché loro hanno chiesto, non alcune competenze, ma sostanzialmente tutte le competenze, senza alcuna relazione con le necessità e le caratteristiche di ciascuna Regione. E quindi portare tutte queste competenze a livello di alcune Regioni, spacca l’Italia e crea una secessione.
Dopodiché si aprirebbe una strada tutta da vedere, e cioè se anche le altre Regioni facessero richiesta o meno di quelle competenze, e non saprei cosa è peggio, perché se anche le altre Regioni fanno
richiesta, il Paese si spappola ancora di più, ma se non fanno richiesta questo significa che ci sono Regioni di serie A e Regioni di serie B.
Gianfranco Viesti Molti sono i profili insoddisfacenti dell’attuale Stato del decentramento politico e amministrativo in Italia, ma invece di ritessere pazientemente la tela del decentramento e delle sue.regole con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita dei cittadini e dei contesti nei quali le imprese operano, il dibattito politico è condizionato dalle richieste di maggiori poteri e maggiori risorse da parte di alcune Regioni ai sensi del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione.
Non si tratta quindi di decentramento, bensì di una sostanziale secessione dei ricchi
Così però si sfascia l’Italia, perché le richieste delle Regioni non sono serie. Sono: dammi tutto quello che mi puoi dare. Quindi viene fuori il meglio di un Paese confuso arlecchino nel quale non si
sa chi comanda in aspetti importantissimi. Mai le Regioni hanno spiegato perché loro gestirebbero meglio quelle materie. Mai hanno spiegato che cosa succederebbe alle altre Regioni, e quindi è un disegno aberrante da un punto di vista di costruzione di uno Stato che non ha riscontri in nessuna parte del mondo.
C’è uno specchietto per le allodole, l’idea che a questo processo si associ la definizione di livelli minimi di servizio per tutti i cittadini italiani: perché è uno specchietto per le allodole? l’ha detto il
professor Azzariti, non c’entrano niente con l’autonomia differenziata, riguardano in questo processo che si sta realizzando solo ambiti la loro definizione è estremamente vaga e soprattutto non ci sono i soldi per finanziarli.
Quindi rappresentano esclusivamente uno strumento per “vendere politicamente” – cosa del tutto lecita in democrazia – agli elettori del centro Sud la favola che questo farebbe addirittura bene per loro. E è estremamente preoccupante come il Parlamento non sia più sovrano. E come materia, procedendo per intese, sottraendo al Parlamento la potestà di discutere materia per materia questi fondamentali cambiamenti per la scuola, la sanità, le infrastrutture, delinea un paese nel quale il
livello di democrazia si abbassa moltissimo.

Pietro Spirito Che fine è destinato a fare il Regione in questo scenario?
Gianfranco Viesti Dunque il Regione è strettamente legato alle sorti complessive del Paese, quindi se migliora l’Italia migliora il Sud e viceversa. Io non sono un “centralista” , non credo che tutto debba
essere fatto a Roma, tutt’altro. Credo che ci voglia un buon equilibrio di poteri fra il centro e le Regioni e che l’Italia debba conservare, anzi manutenere e aggiustare, un po’ questo equilibrio di potere tra
centro e Regioni. Quindi se l’Italia diventa un paese ridicolo come diventerebbe un paese ridicolo se ci fosse questa autonomia regionale differenziata, il Regione ne avrebbe problemi.
Questo è l’argomento principale. Naturalmente a questo ci accompagniamo anche l’argomento finanziario, perché è evidente che le richieste di Zaia e, prima di Maroni e adesso di Fontana sono di
avere più soldi di quanto oggi lo Stato spende per loro. Hanno mutuato dalle Regioni a statuto speciale il meccanismo tecnico, compartecipazione, ma questo non è importante, è importante la
sostanza, la storia delle Regioni a statuto speciale del Nord, che grazie a questo meccanismo sono diventate opulente e con le enormi disparità rispetto agli altri territori italiani. Il Trentino Alto Adige rispetto al Veneto. E qui il desiderio di queste classi dirigenti non è quello di creare un Paese complessivamente più giusto, in cui i medici del Veneto non scappino in Trentino, i comuni del
Veneto non scappino in Friuli, ma di avere loro gli stessi privilegi, per questo è un processo sostanzialmente secessionistico.
L’intero paese soffre la mancanza di visioni nazionali di lungo periodo ,a cui il PNRR ha solo parzialmente ha sopperito. Questo implica che le autonomie regionali più che disegnare opportune differenziazioni territoriali di comuni strategie nazionali, operano con elevato grado di “sovranismo”
come fossero piccole entità indipendenti le une dalle altre. Le politiche pubbliche in materia di ambiente, energia, grandi infrastrutture sono ormai oggetto di iniziative comunitarie; le Regioni
esercitano sempre più ruoli amministrativi dopo l’abolizione delle province istruzioni delle città metropolitane.
L’ intero assetto merita una profonda riflessione e una paziente determinata azione di riforma. Anche se non si vogliono affrontare gli squilibri esistenti relativi ai poteri e al finanziamento delle Regioni
a statuto speciale, iniziative di revisione del testo costituzionale – quantomeno nel disegno delle competenze fra Stato, Regioni a statuto ordinario, province, città metropolitane e comuni – paiono
indispensabili. Definendo pragmaticamente, nell’interesse dei cittadini, se e in quali ambiti convenga
decentrare o riaccentrare, senza rigurgiti centralisti o derive regionaliste.
Come ha scritto la Banca d’Italia, c’è il rischio di innescare processi difficilmente reversibili e dagli esiti incerti .
Non si tratta di questioni meramente giuridico amministrative, bensì di disposizioni che possono influenzare il futuro dell’Italia nei decenni a venire è il caso di esaminarle con attenzione e
lungimiranza.

 

Fonte: Carteinregola libro “Autonomia regionale differenziata PERCHE’ NO” a cura di Anna Maria Bianchi e Pietro Spirito