“-E così sei rimasta figlia unica, viziata e felice.
Per niente viziata e per niente felice. È triste essere figlia unica”.
Abraham Yehoshua con La figlia unica edito da Einaudi ci racconta della piccola Rachele, una dodicenne ebrea, nata e cresciuta in una casa piena di amore e attenzioni.
La sua solitudine si tocca con mano, suo padre, che ama follemente, la tiene lontana da ciò che non riguarda i precetti della religione ebraica, ha paura che partecipando alla recita di Natale, i cattolici possano “traviarla”. Ma Rachele è curiosa, lei ha voglia di sperimentare, se la sa cavare da sola, è una giovane ragazza molto indipendente e con le idee ben chiare.
Anche quando scoprirà che il papà è gravemente malato, lei farà di tutto per farsi raccontare la verità e provare a superare le asperità grazie anche all’aiuto della nonna e di una sua ex insegnante, che proverà a colmare quel senso di vuoto che ogni tanto si avverte tra le pagine di questo libro.
Per tutta la lettura si avverte il bisogno di amore, di volersi mischiare nel mondo e col mondo, ma nonostante un sottofondo di malinconica tristezza, Rachele ti lascia anche la vivacità dei suoi ragionamenti, dei suoi sentimenti e di quella voglia di amare che per una figlia unica vale doppio.
Yehoshua ha una scrittura piacevole e senza indugiare troppo nei sentimenti, riesce a farteli vivere attraverso i dialoghi.
Libro che consiglio anche ai giovani lettori!