“Ma che cos’è l’attesa, questa condizione che è sempre lì sotto le piastrelle ma poi emerge tutta insieme a un certo punto?”
Dario Voltolini con Invernale (La nave di Teseo) ci conduce nella sua passata esistenza, passata perché racconta un evento passato, ma presente perché la morte di un genitore resta ricalcata nel tempo che non ha tempi.
Dario a solo vent’anni quando il papà muore di cancro, in queste pagine disegna i contorni di quei giorni, facendo parallelismi con il padre macellaio, forte, attento, preciso nei tagli e il padre che la malattia lo ha reso altro.
Carne, carne da macello, lame sottili, tagli vivi, odore di disinfettante, ecco che la vita privata si mischia con la vita pubblica, lavorativa, ecco che i gesti che quel padre compiva nel lavoro, ora i medici li compiono su di lui.
Dario osserva, con una sintassi quasi onirica scrive mesi che con l’onirico hanno poco a che fare, sono mesi senza sonno, mesi senza tregua, è vita che scorre, perché “Mentre aspettiamo cose che poi saranno viste, la vita procede.”
La vita è vero che procede, ma il corpo, la mente e l’anima diventano lo scolapasta di quel procedere e ciò che rimane è intessuto dentro di noi, fitto e potente.