“Ogni partenza, dunque, è definitiva. Solo i figli tornano, solo il futuro torna al passato”.
Quando scavi dentro i ricordi familiari, soprattutto quelli più dolorosi, e provi a mettere nero su bianco, la penna sembra sanguinare, sembra restituire il dolore su pezzi di carta che somigliano a tutto quello che abbiamo dentro.
Questo fa Vuong, con Brevemente risplendiamo sulla terra per La nave di Teseo.
Scrive facendoti venire la pelle d’oca e ti dona quel dolore cercando di mitigarlo.
Una lettera alla mamma, reduce dalla guerra in Vietnam che convive con disturbo post traumatico di quanto ha vissuto.
Il resoconto di una famiglia che si è trasferita in America ma non si è mai sentita americana, perché le origini pesano come macigni sui cuori sofferenti.
Una lettera che tesse le fila di un dolore sopito, soffuso, ma costante, la ricerca di tenerezza che avviene sporadicamente e la paura di quei scatti d’ira e di violenza di quella donna che sa accarezzarlo come un bambino ma provocargli anche tanto dolore.
Quando vieni sradicato dalla tua casa, non per scelta ma per necessità, accade che in nessun luogo ti sentirai a casa, “Tu sei vietnamita”, il leit motiv di tutto il racconto, come a ricordare che il tuo seme è stato strappato dalla tua terra e ripiantato in un altrove che non ti apparterrà mai.
“E proprio come una parola non ho alcun peso in questo mondo eppure porto con me e in me la mia stessa vita.”