Rubrica settimanale a cura della maestra Giorgia Costantini
Quante famiglie si reggono – senza esagerare – sulle spalle, sulle gambe e sul cuore dei nonni?
Ci sono quelli che accompagnano all’asilo, che cucinano il pranzo preferito, che raccontano sempre la stessa storia con la stessa voce.
Ci sono quelli stanchi, malati, affaticati, che vorrebbero fare di più.
E poi ci sono quelli che fanno anche troppo, che riempiono ogni spazio, che sembrano quasi competere (senza volerlo) con le scelte dei genitori.
Sono un pezzo fondamentale della crescita affettiva e quotidiana dei bambini.
Eppure… proprio per questo, il loro ruolo richiede attenzione, equilibrio e cura.
Ne parliamo oggi a partire dalla lettera di una mamma.
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Riceviamo e pubblichiamo integralmente
Cara maestra,
sono mamma di due bambini piccoli e ho la fortuna di avere i nonni molto presenti nella nostra vita.
Mia mamma è una vera seconda madre per i miei figli, li segue con amore e dedizione e ci aiuta tantissimo.
Eppure, a volte, ho l’impressione che alcune scelte che faccio come genitore vengano “rimesse in discussione” quando i bambini stanno con lei: se dico no al gelato, lo ricevono comunque. Se metto dei limiti agli schermi, da lei possono guardarli.
Non voglio assolutamente rinunciare al suo aiuto, ma sento che il mio ruolo di madre è fragile e spesso mi trovo a discutere con lei.
Come posso tutelare il mio ruolo senza rompere un equilibrio che è così importante per tutti noi?
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_Cara mamma_,
la tua è una riflessione che merita rispetto, e che moltissimi genitori condividono.
I nonni sono una risorsa educativa, emotiva e logistica ormai imprescindibile.
Sono spesso il ponte tra ciò che la famiglia desidera e ciò che il tempo e il lavoro non sempre permettono.
Ma questo ponte, per reggere, ha bisogno di una struttura chiara: un patto educativo fatto di ascolto, confronto e fiducia reciproca.
Partiamo dai bambini: per loro, i nonni non sono un’alternativa ai genitori, ma un legame unico, speciale, a sé stante.
I nonni regalano tempo lento, memoria, ripetizione, sapori, odori, racconti e coccole.
I bambini con i nonni si sentono amati senza condizioni, ed è anche per questo che a volte chiedono a loro ciò che sanno che i genitori negherebbero.
Questo non è un problema, finché i confini tra i ruoli sono chiari.
Il rischio nasce quando il “sì” del nonno mette in discussione il “no” del genitore, oppure quando il nonno sostituisce (anche involontariamente) chi dovrebbe educare.
Il primo passo, allora, non è imporre un modo di fare, ma costruire una relazione tra adulti basata su rispetto e trasparenza.
Condividere le scelte educative – anche le più piccole – spiegando perché sono state fatte, permette al nonno di sentirsi coinvolto e non escluso.
I nonni non vogliono comandare, vogliono sentirsi parte della squadra.
Può essere utile porsi così:
“Mamma, so che vuoi il meglio per loro, e io ti sono grata. Vorrei che, quando diciamo qualcosa di importante, tu mi aiutassi a farlo rispettare. È il modo migliore per farli crescere insieme, con coerenza.”
I nonni, del resto, hanno un cuore grande. Hanno già cresciuto figli e spesso sono ben felici di dare il loro contributo anche se – a volte – faticano a “non rifare tutto da capo”.
Occorre anche accogliere la loro fatica e fragilità. Alcuni nonni diventano genitori a tempo pieno senza averlo scelto, altri si fanno carico di esigenze enormi con il senso del dovere sulle spalle.
Spesso, sotto la “presenza costante”, si nasconde anche una paura di non essere più indispensabili.
Tornando ai bambini: quando ci sono nonni amorevoli, presenti e partecipi, i figli ricevono un dono immenso.
Sentono di far parte di una storia più grande.
Vivono la dolcezza del tempo condiviso.
Capiscono, anche senza parole, che ci si prende cura l’uno dell’altro.
E allora sì, è vero: educare è un mestiere che non si fa in solitudine.
Ma per farlo bene, è necessario scegliere i ruoli, rispettare i ruoli, comunicare con rispetto e fiducia.
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La citazione che ci accompagna
“I nonni non muoiono mai: diventano invisibili… e continuano a vegliare su di noi.”
— Romano Battaglia
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