Se proprio dobbiamo convivere con i tempi sbagliati allora cerchiamo di approfittare di quelli giusti, insomma, non siamo mica celenterati: abbiamo stile, spina dorsale, carattere e siamo in grado di cavarcela da soli; se dovessimo star lì, in un posto qualsiasi, indipendentemente dal come, dal chi e dal quando a pensare al perché le persone abbiano preso una strada diversa indipendentemente dalle nostre volontà e ci abbiano lasciati (di nuovo) soli a percorrere la lunga via del “cavatela da solo, io francamente me ne infischio”, potremmo anche diventar vecchi scegliendo la teoria strampalata fatta apposta per noi che rispecchi, in linea di massima, quello che vorremmo fosse la realtà dei fatti. La soggettività non esiste in questi casi, quindi animatevi di coraggio e tirate fuori le camicie più belle che avete nell’armadio; i sentimenti sono momentaneamente gualciti, pertanto la cosa più giusta da fare è essere perfetti almeno all’esterno, attraverso quella corazza che tutti noi amiamo mostrare in pubblico. Non ci sono pene, non ci sono sanzioni e non ci saranno punizioni per questo. La dura legge delle giornate deve andare avanti, evitiamo dunque di prendere troppo sul serio concetti conditi con “basi già pronte” e pensiamo piuttosto a proseguire il viaggio, che, come si evince bene dal libro che sto per introdurvi, può essere una salvezza oppure un oblio, una scoperta oppure una coltre inestricabile di dilemmi, una libera scelta che può diventare una castrazione perenne. Della lunghezza di centosessantacinque pagine, tradotto da Sergio Claudio Perroni e scritto da Maxence Fermine “Opium” è ambientato a meta dell’ ‘800 e racconta la storia di Charles Stowe, un ragazzo inglese che eredita da suo padre la passione per il Tè; arrendendosi alle incessanti domande del figlio, quest’ultimo, durante le prime pagine introduttive, gli racconta come la preziosa bevanda fu inizialmente scoperta: “Un giorno, quasi quattromila anni fa, l’imperatore Chen Nung era in viaggio con la sua scorta in una remota contrada del suo vasto dominio. Poiché il viaggio era lungo e spossante decise di fermarsi a riposare un po’ all’ombra di qualche albero che lo riparasse dal sole. Il convoglio si fermò e l’imperatore sedette a gambe incrociate sotto un arbusto sconosciuto. Quindi ordinò che gli venisse portata una scodella d’acqua bollente, poiché aveva una gran sete e per dissetarsi non conosceva bevanda migliore di quella. Nel mentre, però, una foglia cadde nella sua scodella. Cheng Nung bevve senza accorgersene, e un aroma al tempo stesso dolce e amaro gli colmò la gola. Incuriosito, l’imperatore vi trovò quella foglia dal profumo così accattivante”. Il ragazzo cresce con l’immaginario del viaggio e dell’amore per la conoscenza, così, all’età di trentuno anni, decide di intraprendere un viaggio in Cina per scrutare e scoprire le antichissime origini della pianta da lui sempre amata e attentamente studiata nei minimi dettagli. Arrivato all’altro capo del mondo, oltre agli affari per conto di suo padre Charles cerca di scoprire l’origine del Tè più pregiato, più nascosto e più segreto che il paese in cui si trova abbia mai coltivato: quello bianco, destinato esclusivamente all’imperatore.
Dal principio sembra che nessuno voglia garantirgli l’informazione, tutti hanno paura di confidare il segreto, tutti hanno paura che parlandone potrebbero perdere la vita. Charles non si arrende e grazie alla sua audacia e alla sua caparbia comunicativa e affaristica riesce a stringere un patto di sangue (indissolubile ed eterno) con il direttore del Comitato del Tè, Pearle, “un irlandese proprietario di un florido commercio, un occhio di vetro, una buona dose di umorismo, e un certo debole per il whisky“. Dopo il patto Pearle gli confessa che se avesse voluto trovare il Tè bianco sarebbe dovuto arrivare laddove avrebbe avuto la possibilità di dissetare la sua curiosità: nella regione di Hwuy-Chow, dove li avrebbe aspettati il Signor Wang: “un nobile con il cranio rasato che indossava una tunica verde ricamata d’oro, e, appeso alla cintola, portava un pugnale tempestato di pietre preziose. Al suo cospetto, con i loro abiti pieni di polvere, i due viaggiatori sembravano fragili come due comete infangate dallo splendore di una stella“. Wang, sinceratosi che Charles fosse un uomo fidato, gli confessa il primo dei tre segreti del Tè: l’acqua purissima. Una sera, Charles, durante una festa a casa del Signor Fang incontra lei, una ragazza della quale si innamora a prima vista. La moglie di Lu Chen, colui che tutto può, che tutto è. Il padrone assoluto del commercio del Tè e che nessuno mai ha avuto la s-fortuna di vedere in volto. Chi lo ha fatto, è morto. “Il viaggio di Charles, però, non è destinato a conoscere soltanto il paradiso proibito dell’oblio sensuale, ma anche una verità sconvolgente che segnerà per sempre la sua vita: l’oppio, una cosa dolcissima”. La seconda parte del libro, ovvero quella più intensa, la lascio scoprire a voi, sappiate però che non ci farete caso, la scrittura di Fermine non separa mai un concetto da un altro. Durante la lettura sarete protagonisti di incessanti andirivieni territoriali a stretto contatto con la storia, sarete azzannati dal desiderio di conoscere e di arrivare al punto focale della questione e sarete intrappolati all’interno della tela narrativa: quali sono gli altri due segreti che custodiscono la ricetta di un Tè perfetto, chi è davvero la ragazza che Charles ha incontrato alla festa, una semplice ballerina oppure qualcuno di molto più importante? Che prezzo dovrà pagare per arrivare alla verità, riuscirà a vedere il volto di Lu Chen senza mettere a repentaglio l’unica vita che possiede? “Opium” è un romanzo intenso e dalla scrittura sagace e scorrevole; come in tutti i suoi libri Fermine è molto attento ai periodi storici e ci permette, oltre che di viaggiare con l’immaginazione, di imparare anche usi e costumi di epoche a noi poco note. Un libro ben scritto che descrive in maniera impeccabile i caratteri dei personaggi, principali o secondari che siano. L’onore e i segreti sono anch’essi i protagonisti di questo lavoro, muti servitori di qualcosa di grande, di impossibile, di misterioso e di imprevedibile. Attraverso le sue avventure Charles scoprirà cose che non immaginava esistessero, tra queste ci saranno anche l’amore e l’oppio che, presi separatamente esercitano un potere limitato, ma se congiunti potrebbero essere letali per l’anima. Date inizio anche voi dunque al vostro personale viaggio sul Fiume Proibito alla ricerca della verità, ma attenzione, in alcuni tratti l’acqua sarà troppo bassa e il letto troppo stretto per poter proseguire tranquillamente. Fate vostra questa storia che, a metà fra verità e leggenda è una delle più belle che personalmente mi sia “capitato” di leggere. Avete il libero arbitrio di fare ciò che volete. Ritornando per un attimo all’inizio dell’articolo, pensate che questo sia un momento meno sbagliato per garantirvi qualche ora di sano, incontrovertibile dilemma? Rischiate, dunque.