Il “gigante” da smantellare

Viaggio nella centrale elettronucleare di Borgo Sabotino, dove è in corso lo smantellamento ad opera della Sogin
Trent’anni, anche di più, ci vorranno per smantellare la centrale nucleare di Borgo Sabotino. La “missione” di Sogin – la società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi – è lo smantellamento totale dell’impianto di Latina. Nessuna riconversione. E’ la prima cosa che viene puntualizzata ai gruppi che partecipano agli Open Gate organizzati dalla società per far conoscere al pubblico cosa accade lì dentro, dopo la chiusura avvenuta nel 1986 stabilita da un referendum. Riportare tutto a prato verde, al così detto stato di “green field”. E’ questa la fine che farà la centrale. Ma intanto, prima che al posto del vecchio impianto cresca di nuovo il prato, l’intera zona resta blindata, fatta eccezione per le giornate di apertura ai gruppi. Niente foto né riprese. Un viaggio di due ore nel cuore della centrale, guidati dai responsabili che lavorano all’obiettivo di riportare al sito ad una condizione priva di vincoli radiologici.

Il tour ha inizio nella sala reattore, il cuore dell’impianto e del sistema di produzione del calore, dove è in corso lo smantellamento delle carcasse dei soffianti, per poi proseguire nella sala controllo. “La centrale ha lavorato dal 1963 al 1986. L’anno in cui fu chiusa – spiega uno dei responsabili – avevamo ancora la licenza di produzione per un anno. La manutenzione era andata a buon fine, ma arrivò il referendum, e dovemmo chiudere. Ero di turno quando la centrale è stata spenta. Mi è dispiaciuto chiudere, ma eravamo obbligati a farlo. Ci vorranno diversi anni prima di smantellare tutto. Entro il 2027 è previsto l’abbassamento dell’edificio del reattore”. La prima e la più grande centrale realizzata dall’Eni in Italia negli anni Cinquanta, questa di Latina, interamente costruita dagli inglesi, fortemente voluta da Mattei. Costruita nel 58, iniziò a produrre cinque anni dopo. Nel 64 ne divenne proprietaria l’Enel, nel 99 subentrò la Sogin, dove oggi lavorano oltre mille dipendenti. Una potenza di 210 m/we, una produzione da 26 miliardi di K/W. Questo il giro produttivo che è ruotato per tanti anni attorno al gigante nucleare di Borgo Sabotino. E’ dal 2000 che il gruppo Sogin lavora allo smantellamento. Fino ad oggi, spiegano i responsabili, è stato portato a termine l’allontanamento del combustibile, il trattamento dei rifiuti, la demolizione delle turbine, lo smantellamento delle condotte. Solo per allontanare il combustibile, trasferito negli anni Novanta in Inghilterra, ci sono voluti dieci anni. Solo una piccola parte di un lavoro mastodontico che ancora andrà fatto sulla centrale. Tra il 2023 e il 2027 l’edificio del reattore, il cuore dell’impianto, verrà abbassato da 50 a 30 metri.

L’ultima fase, lo smantellamento totale del reattore centrale, produrrà oltre 2mila tonnellate di rifiuti radioattivi ad alta attività, ma si tratta di una fase ancora sperimentale (si andrà a finire al 2050 nella migliore delle ipotesi). I rifiuti radioattivi eliminati finiranno in un deposito temporaneo che consentirà di custodirli in sicurezza, garantiscono dalla Sogin. Una volta stoccati, saranno trasferiti nel deposito nazionale, (il comune è ancora da individuare), dove saranno trasferiti circa 75mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività e stoccati altri 15mila metri cubi di rifiuti ad alta attività. C’è pericolo che venga realizzato in zona pontina? “Non ci risulta – spiegano – che questa zona abbia i requisiti per ospitare il deposito nazionale. Comunque si farà una mappatura e si accetteranno proposte”. Tutto può succedere, insomma…