Nettuno- Chiesa di San Francesco, un capolavoro da restituire alla città

Una brochure redatta dalla confraternita di Sant’Antonio Abate in collaborazione con Giuseppe Buonanotte e Giancarlo Baiocco e sotto il coordinamento di Giampiero Pedace mira a divulgare il ricco patrimonio artistico presente nella chiesa di San Francesco. Un primo passo per il grande obiettivo di rendere fruibile e valorizzare il patrimonio artistico della città. Un bene da tutelare e da valorizzare. La chiesa di San Francesco, la più antica di Nettuno, ha subìto negli ultimi 25 anni numerosi cambi di proprietà che hanno portato ad un intricato passaggio di responsabilità nella gestione e nella conservazione delle opere d’arte al suo interno. L’obiettivo che si è prefissata la confraternita di Sant’Antonio Abate, ultimo baluardo nel presidio della chiesa, è quello di divulgare il ricco patrimonio artistico presente all’interno dell’antica chiesa nettunese e cercare di metterli a disposizione della cittadinanza e dei turisti. Mira in questo senso la brochure pieghevole redatta grazie alla
collaborazione di autorevoli esperti e personaggi che da sempre si sono spesi per la valorizzazione della cultura del nostro territorio. Tra questi il membro della confraternita, ed ex assessore alla Cultura del comune di Nettuno, Giampiero Pedace che ha curato il coordinamento di questo lavoro. In questa brochure sono presentati, in modo sintetico ma completo, gli affreschi e le altre opere pittoriche della chiesa. A questa iniziativa hanno partecipato Giuseppe Bonanotte per la parte grafica e Giancarlo Baiocco per il testo, dopo una sintesi sulla storia dell’edificio,
“Il fine della pubblicazione – spiegano gli autori – è di offrire un supporto ai turisti richiamati dall’indicazione esterna della presenza di una tela d’Andrea Sacchi, e di sensibilizzare la cittadinanza per una maggiore e diretta tutela di una tanto importante parte del loro patrimonio storico ed artistico”. Inestimabile il valore delle opere d’arte presenti nella chiesa di San Francesco. Tra questi vi sono custoditi affreschi quattrocenteschi, collocati nell’ambito di un’arte provinciale tardo gotica, per i quali è stata riconosciuta definitivamente la mano di due monaci tedeschi
dell’Abbazia di Subiaco, conosciuti come Maestro della Cappella Caldora e come Mastro Petrus, al quale si deve, tra l’altro, in un affresco della sacrestia la più antica rappresentazione della costa nettunese. Per il Seicento è stato confermato l’intervento indiretto di Andrea Sacchi nella struttura architettonica dell’altare centrale che accoglie la sua tela e in quella del vicino e coevo altare laterale. Tra le opere del Novecento, l’affresco dell’altare della Madonna del Rosario è stato attribuito al pittore frusinate Nicola Mascetti, mentre all’artista locale G. Brovelli
sono accreditati solo successivi e modesti interventi di completamento. “Questa è un’opera necessaria – concludono gli autori della brochure – non solo per i richiami ai contenuti artistici presenti nella chiesa ma perché rappresenta un forte monito alla popolazione locale e ai suoi rappresentanti affinché tale patrimonio venga reclamato nella piena disponibilità dei cittadini nell’ambito della più generale valorizzazione della
tradizione storico-artistica di Nettuno”. Le problematiche riguardo la proprietà della chiesa: nel 1990 sono stati eliminati cinque dei sei altari laterali, sui quali si era intervenuto con significativi restauri e abbellimenti nella metà del Seicento e sul finire dell’Ottocento; due anni dopo i Frati Francescani dell’attiguo convento, fondatori e custodi per otto secoli della chiesa, hanno lasciato Nettuno; infine il Fondo Ecumenico per il Culto nel 2012 ne ha rivendicata la proprietà, sottraendola, di fatto, al controllo e alla cura dell’Amministrazione Comunale. In conseguenza di questi avvenimenti la chiesa è oggi accessibile solo in occasione della messa giornaliera, con reciproco disagio dei fedeli e dei pochi occasionali visitatori; il suo interno è ridotto a una semplice aula rettangolare, e le tante sue opere, private del loro contesto, ne affollano in modo confuso lo spazio; una preziosa tela seicentesca, di poco posteriore a quella del Sacchi, è stata spostata ad Albano, malgrado l’intervento di contrasto dell’Amministrazione Comunale.