La Cassazione ha detto sì ai tre quesiti promossi dalla Cgil e sostenuti da Sinistra italiana, che hanno raccolto 3,3 milioni di firme. Ora la parola passa alla Corte Costizionale
Tre nuovi referendum. Stavolta al centro c’è il Jobs Act, il “cuore” delle politiche renziane, che hanno dato un duro colpo ai diritti del lavoratori italiani. L’obiettivo della Cgil e di Sinistra italiana, che hanno raccolto 3,3 milioni di firme in pochi mesi e depositate a fine luglio per andare alle urne, è il voto nella primavera del 2017. Il primo passo è stato fatto: la Cassazione ha infatti detto sì ai tre referendum. I tre quesiti riguarderanno l’abrogazione delle disposizioni in materia di licenziamenti illegittimi, ripristinando di fatto l’articolo 18, l’abrogazione dei voucher, risultati un vero fallimento, e l’abrogazione delle disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti, stabilendo in caso di esito positivo (per i proponenti) la responsabilità legale per l’ente appaltante in caso di violazioni nei confronti dei lavoratori della ditta appaltatrice. Questi referendum della Cgil sono comunque legati a doppio filo alla proposta di legge di iniziativa popolare sulla “Carta dei diritti” su cui la Cgil ha raccolto un milione e 150 mila firme che sono state depositate alla Camera dei deputati. Si tratta di un testo che mira a un nuovo Statuto dei lavoratori, coerente con la mutazione del mercato del lavoro, che tuteli soprattutto i giovani dalle nuove forme di sfruttamento. In caso di via libera da parte della Corte Costituzionale il governo dovrà fissare la data del voto entro sei mesi.
Claudio Pelagallo