Rapporto mafie nel Lazio: infiltrazioni nel tessuto sociale a Pomezia e Torvanianica

Pubblichiamo per stralci le parti riguardanti il territorio a sud della capitale citate nel Rapporto Mafie nel Lazio 2016, a cura dell’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio. 8° parte

1480330291290.jpg--mafie_nel_lazioPomezia e Torvaianica (1). Come già evidenziato nella premessa storica al presente Rapporto l’infiltrazione mafiosa nel tessuto sociale, economico e politico nel Lazio ha origine a proprio a Pomezia quando il boss di Cosa nostra Francesco Paolo Coppola nel 1952 si trasferì in questa cittadina con il suo gruppo criminale, esportando nel cuore della regione il modello mafioso. Come scrive la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia: «Nel comune di Pomezia, costituito 50 anni fa da gruppi etnici di diversa estrazione attorno agli insediamenti industriali, che ne hanno determinato il rapido sviluppo economico, vi è stato l’inserimento di elementi dediti ad attività criminose. La struttura pubblica non è rimasta immune da contaminazioni e gli amministratori locali sono stati oggetto di frequenti inchieste giudiziarie». « […] il comitato – si legge nella Commissione antimafia in Sicilia – ha sviluppato l’indagine sull’attività di Coppola ed ha accertato che egli aveva frequenti ed intensi rapporti con alcuni amministratori e funzionari dei comuni di Pomezia ed Ardea e ciò al fine di ottenerne favorevoli interventi in ordine ai suoi molteplici interessi in iniziative edilizie avviate in terreni di sua proprietà siti nella zona; analoghi rapporti Frank Coppola aveva con amministratori e funzionari dell’amministrazione provinciale per quanto si riferisce alla esecuzione di opere pubbliche interessanti le sue proprietà». Altrettanto severo è il giudizio della Commissione antimafia sugli amministratori del comune laziale nel 1991: «Non è apparsa sufficiente, tra gli amministratori del Comune – in un centro di antico insediamento mafioso (il clan di Frank Coppola) – la sensibilità per le caratteristiche che assume in quel contesto il fenomeno criminale. Se da una parte è comprensibile il rifiuto di una stigmatizzazione della città, dall’altro sono ben tangibili i dati di un perdurare delle radici […]». Tra il 1990 e il 1991, fra l’altro, sono numerosi gli attentati e le intimidazioni contro esponenti della pubblica amministrazione e persino contro la stazione dell’Arma dei carabinieri di Torvaianica. Nei primi anni  ‘90 fra Pomezia e Roma ha operato una agguerrita consorteria guidata da pregiudicati siciliani, calabresi e laziali. Come si legge in una sentenza della Corte d’Assise di Roma: «Un permanente vincolo associativo è stato fissato dagli imputati la cui nascita e la cui evoluzione nel tempo consentono di ritenere realizzata, inizialmente, l’ipotesi di associazione a delinquere tradizionale e, successivamente all’entrata in vigore della nuova norma, l’ipotesi speciale dell’associazione a delinquere di tipo mafioso di tipo mafioso». Un clan si è reso colpevole anche di omicidi con il metodo della “lupara bianca”, tra Pomezia e Roma. Nelle carte della Corte d’Assise di Roma (nella sentenza di condanna per i colpevoli di questi delitti) i giudici dedicano alcuni passaggi proprio alle connivenze del territorio e degli amministratori locali con i boss delle consorterie mafiose operanti a Pomezia e nel circondario. A pochi chilometri da Pomezia, a Torvaianica, secondo quanto stabilito da sentenze passate in giudicato, Cosa nostra avrebbe avuto storicamente rilevanti appoggi logistici da gruppi criminali di narcotrafficanti legati alla mafia, guidati da Emanuele Di Natale e da soggetti contigui che garantirono abitazioni sicure per lo svolgimento di riunioni operative, come ha confermato anche recentemente il collaboratore di giustizia, Gaspare Spatuzza. L’operazione “Bigne”, 11 novembre 2000, ha portato a 12 arresti per associazione a delinquere finalizzata al compimento di estorsioni nell’area compresa tra Pomezia e Ardea.

continua….

 

 

Il dossier è un contributo che il nostro giornale vuole dare alla comprensione del fenomeno criminale nella nostra Regione e alla giusta battaglia per la legalità. Una lotta condotta ogni giorno da Magistratura e forze dell’ordine, associazioni antimafia, ma anche da tanti giornalisti coraggiosi.  cp

(il dossier avrà cadenza settimanale)

leggi la prima parte http://www.inliberuscita.it/primapagina/80778/rapporto-mafie-nel-lazio-anzio-e-nettuno-1-parte/

leggi la seconda parte http://www.inliberuscita.it/primapagina/80780/rapporto-mafie-nel-lazio-anzio-e-nettuno-uno-scenario-criminale-complesso-2/

leggi la terza parte http://www.inliberuscita.it/primapagina/80783/repporto-mafie-nel-lazio/

leggi la quarta parte http://www.inliberuscita.it/primapagina/80789/rapporto-mafie-nel-lazio-la-criminalita-organizzata-di-matrice-locale-nel-lazio/

leggi la quinta parte http://www.inliberuscita.it/primapagina/81836/rapporto-mafie-nel-lazio-la-citta-di-aprilia-e-i-comuni-limitrofi/

leggi la sesta parte http://www.inliberuscita.it/primapagina/82211/rapporto-mafie-nel-lazio-ardea-e-i-comuni-limitrofi/

leggi relazione Ministro Minniti http://www.inliberuscita.it/primapagina/82584/il-ministro-minniti-al-parlamento-anzio-e-nettuno-forte-presenza-di-ndrangheta-camorra-e-mafia/

leggi la settima parte http://www.inliberuscita.it/primapagina/82754/rapporto-mafie-nel-lazio-la-citta-di-ardea-2/