Mafie nel Lazio, il “caso Ostia”, i Fasciani e gli Spada /2

Rapporto Mafie nel Lazio 2016, tratto dai dati dell’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio

Il “caso Ostia”, i Fasciani e gli Spada/ 2° parte

mafie-maxresdefaultI Fasciani. Dal 1990 ad oggi, sul territorio romano, in particolare sul litorale corrispondente al X Municipio della Capitale, opera la consorteria criminale riconducibile ai Fasciani. Si tratta di un gruppo di origine abruzzese, attraversato al suo interno da legami familiari, che ha il suo vertice in Carmine Fasciani, individuato dall’inchiesta “Nuova Alba” come il capo indiscusso del gruppo criminale. Le diverse inchieste contro la consorteria guidata da Carmine Fasciani che ha operato sul territorio ostiense (in alleanza con il gruppo Triassi) con un modus operandi mutuato dalla mafia siciliana, sono confluite principalmente in tre sentenze di primo grado e due d’Appello: la sentenza in Abbreviato Diego Rossi + altri (cosiddetto “Nuova Alba”, Abbreviato), la sentenza Carmine Fasciani + altri, in primo e secondo grado (cosiddetto processo “Nuova Alba”, con giudizio immediato) la sentenza Fabrizio Sinceri + altri (cosiddetto processo “Tramonto”) e – infine – la sentenza della III sezione della corte d’Appello Diego Rossi + altri (con rito Abbreviato). La prima sentenza emessa dal Gup di Roma Alessandra Tudino, ha riconosciuto il carattere mafioso del gruppo Fasciani. Come si legge nel documento: «deve ritenersi delineata l’esistenza di una associazione di tipo mafioso facente capo a Fasciani Carmine e radicata nel territorio ostiense […] il metodo adottato dall’associazione appare connotato da stili comportamentali da stili comportamentali tali da conseguire, in concreto e nell’ambiente nel quale l’associazione ha operato, una effettiva capacità d’intimidazione […]». Sull’esistenza dell’associazione criminale appaino emblematiche le considerazioni della sentenza emessa dalla V Sezione del tribunale di Roma: «Le acquisizioni dibattimentali consentono difatti di ritenere provato che a partire dagli anni Ottanta la famiglia Fasciani, dedita alle attività criminali costituenti il terreno d’elezione delle tradizionali associazioni di stampo mafioso, quali l’usura, l’estorsione ed il traffico di stupefacenti ha imposto, ricorrendo a metodi esplicitamente violenti e minacciosi (incendi ed attentati dinamitardi ad attività commerciali) ed alle armi, ed in forza dei collegamenti e contatti con elementi di spicco delle tradizionali associazioni di stampo mafioso, come la camorra e la mafia, il controllo ed il predominio sulle attività commerciali, lecite ed illecite, del litorale romano, acquisendo in tal modo e radicando nel tempo una fama criminale tale da ingenerare sia all’esterno che all’interno dell’associazione un clima di assoggettamento ed omertà derivante dalla forza d’intimidazione della quale ha costantemente dato prova». Nella sentenza emessa dal Tribunale di Roma, nel gennaio 2015, a conclusione del processo contro i Fasciani, con rito ordinario, a tal proposito si legge: «Le condizioni di assoggettamento della popolazione e gli atteggiamenti omertosi conseguono più, che a singoli atti di sopraffazione solo residualmente consumati, al cd prestigio criminale dell’associazione che per la sua notorietà e per la capacità di esprimere messaggi minatori, anche simbolici ed indiretti, si è accreditata come un centro di potere malavitoso temibile ed effettivo. Le intimidazioni attestano un generalizzato un diffuso clima di paura che investe pesantemente e coinvolge la società civile, e denota come l’associazione dei Fasciani avesse già realizzato un profondo inquinamento del territorio assoggettandolo al suo dominio criminale e devastandolo nella sua legalità […]». corteo-impastatoSpiegano i giudici, si tratta di: «[…] una organizzazione che si finanzia con i proventi dei traffici degli stupefacenti, delle usure e delle estorsioni, che realizza accordi con altre realtà criminali, che perpetra azioni armate sulla pubblica via – creando così pericolo anche per soggetti estranei ai rapporti criminali ed acquisendo, nel contempo, temibile visibilità all’esterno – risulta sostenuta ed alimentata da settori della società civile, resi incapaci di costituire un valido argine di legalità. Pertinenti, in proposito le osservazioni del P.M. in ordine alla cd “zona grigia”, composta da figure professionali qualificate (bancari, commercialisti, esercenti le professioni sanitarie) non reattive in termini di legalità innanzi alla condotta dei Fasciani ai quali di fatto forniscono un consistente appoggio, spesso traendone personali vantaggi. Il direttore di banca Latore Dante – pur assistendo quotidianamente alle azioni di Azzura Fasciani per pilotare le azioni bancarie effettuate dagli amministratori fittizi sui conti della società che gestivano il Village – non vede ciò a cui tutti è noto e disapplica in modo plateale la disciplina antiriciclaggio sugli obblighi di adeguata verifica della clientela, previsti dagli artt. 15 lett. A e 18 lett. B del Dl.vo 231/0715 […]». La sentenza appena citata aveva dunque sancito, nel gennaio scorso, in primo grado, la mafiosità del sodalizio criminale riconducibile ai Fasciani e aveva rappresentato un atto giudiziario storico per la città di Roma, poiché in sede giudicante confermava, per la prima volta dai tempi della banda della Magliana, l’esistenza di una associazione mafiosa autoctona sul territorio capitolino. L’attività dei Fasciani era così descritta anche nella relazione della Direzione nazionale antimafia: «[…] sodalizio caratterizzato da una forte impronta familiare, operante sul litorale romane e che, utilizzano di metodo mafioso, si era spartito, per quasi un ventennio, con la famiglia Triassi, la gestione degli affari criminale più lucrosi: l’usura, le estorsioni, il controllo di intere piazze di spaccio, le infiltrazioni negli apparati amministrativi per l’assegnazione di abitazioni popolari nonché i controllo delle attività balneari di Ostia e la gestione delle slot machine».

continua..

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Il dossier è un contributo che il nostro giornale vuole dare alla comprensione del fenomeno criminale nella nostra Regione e alla giusta battaglia per la legalità. Una lotta condotta ogni giorno da Magistratura e forze dell’ordine, associazioni antimafia, cittadini comuni, ma anche da tanti giornalisti coraggiosi.  (c.p.)