Da i “Racconti di Porto d’Anzio”: ‘Donne coraggiose’
Il 30 agosto del 1953, sulla rivista “La Domenica del Corriere” apparve un articolo intitolato Donne coraggiose, dedicato all’eroico gesto della trentasettenne anziate Marcella Pollastrini in Salesi.
La donna, che di solito mandava i propri figlioletti di undici e di otto anni a giocare in spiaggia con altri ragazzi, la mattina del tragico evento preferì tenerli in casa. Insieme si recarono al lavatoio comunale e mentre lei lavava le lenzuola con le altre donne, i due bambini si allontanarono per andare a giocare nel cortile antistante, dove c’è l’abbeveratoio.
Il cortile era delimitato dal muro di recinzione della villa dei Principi di Sarsina[1], sopra cui era posto del filo spinato. Accanto alla recinzione si ergeva un palo di legno per il trasporto dell’energia elettrica. A quei tempi tutto era organizzato abbastanza approssimativamente e non esistevano le giuste norme di sicurezza, quindi a causa d’incuria il cavo si adagiò sul filo spinato della villa, elettrificandolo.
Il figlio maggiore della donna si avvicinò al filo spinato e lo toccò. Trafitto dall’alta intensità della corrente, il bambino lanciò un urlo straziante. Immediatamente accorsero varie persone, tra cui un uomo che prontamente cercò di staccare il giovane dal filo elettrico, senza però riuscirvi.
Marcella, attirata dalle grida laceranti del figlio, si precipitò ancora bagnata dall’acqua del lavatoio sul luogo dell’incidente e nella furia della disperazione si lanciò a soccorrere il bambino, ormai privo di sensi. Afferrò il ragazzo per staccarlo dal flusso di corrente e fu violentemente sbalzata all’indietro. Ma si rialzò e, incurante di tutte quelle persone che cercavano invano di dissuaderla, si gettò nuovamente sul figlio, un gesto questo che poteva rivelarsi fatale per entrambi. Con lo sforzo sovrumano che solo l’amore materno può dare, la donna resistette attaccata al ragazzo finché tutti e due furono respinti al suolo.
Il giovane aveva ormai le mani lacerate dal filo spinato e le membra contratte dalla terribile scossa elettrica che aveva percorso il suo corpo; fu rianimato grazie alla respirazione artificiale e rimase stordito per diverse ore. Con il suo gesto amorevole, la coraggiosa Marcella fu un esempio eroico per moltissime madri.
[1] La villa, fatta costruire dal Cardinale Neri Maria Corsini di Firenze tra il 1732 e il 1735, prende il nome dagli Aldobrandini Principi di Sarsina, che vi abitarono dal 1874 al 1926. Oggi, Villa Sarsina, è la sede istituzionale del Comune di Anzio.
Questo racconto, pubblicato con l’autorizzazione dell’autore, è tratto dal libro “RACCONTI DI PORTODANZIO ” di Ciro Spina, edito dall’Associazione Culturale 00042