Per le feste natalizie giungano a voi il cordiale pensiero e la parola d’augurio del Vescovo. Diversamente da altre, questa ricorrenza cristiana ha pure una forte risonanza esteriore. Possiamo considerarla con simpatia, se porta con sé anche occasioni di gioia e serenità soprattutto nella famiglia. Noi cristiani, tuttavia, dobbiamo chiederci: dov’è il Natale? È fuori di noi? Penso che sia piuttosto dentro di noi. Angelo Silesio, un mistico tedesco del Seicento, ha scritto: «Se mille volte nascesse Cristo a Betlemme, ma non in te, allora tu sei perduto per sempre» (Il pellegrino cherubico: I, 61). Il mio augurio diventa, allora, un invito a interiorizzare questa festa. A chi mi domandasse cos’è il Natale, direi ch’è anzitutto memoria. A Natale noi facciamo memoria della venuta del figlio di Dio nella nostra storia in una vera umanità: è nato da Maria, la Vergine. Perché si tratta di una presenza storica, di essa dobbiamo considerarne anche le modalità. Il Signore, infatti, per «abitare in mezzo a noi» ha scelto la condizione non della potenza ma della fragilità; non della ricchezza ma della povertà. Da questo punto di vista, allora, Natale non è solo una memoria ma anche una vocazione: a cercare gli uomini e le donne del nostro tempo allo stesso modo che noi siamo stati cercati e amati da Dio. Un Prefazio italiano per il tempo d’Avvento, dopo avere ricordato la duplice venuta del Signore (la sua nascita a Betlemme nell’umiltà e la sua seconda venuta nella gloria), aggiunge: «Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo, perché lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell’amore la beata speranza del suo regno». Tra la venuta del passato e quella futura c’è, dunque, l’arrivo di Gesù nel presente, nell’oggi ed è così che, oltre a essere memoria e vocazione, Natale è pure incontro. È un incontro che reclama un riconoscimento del Signore nell’ignudo, nell’infermo, nell’affamato, nel prigioniero… (cfr Matteo 25). La cosa è decisiva, se vogliamo che Natale sia davvero una festa per tutti! Il «povero», infatti, è accessibile a credenti e a non. Diventa, quindi, possibile incontrare Gesù partendo sia da un «centro» di fede, sia da una «periferia» d’umanità.