Udite! Udite! È ormai ufficiale: pochi giorni fa l’Unesco, il cui comitato era riunito sull’isola di Jeju, in Corea del Sud, ha stabilito che la pizza napoletana è patrimonio dell’umanità. La decisione è apparsa fin da subito come un importante riconoscimento, sia per il prodotto gastronomico in sé, tipicamente italiano e largamente apprezzato in diversi angoli del globo e direi anche dello spazio (come testimoniano le immagini recenti a bordo della stazione spaziale internazionale, dove gli astronauti hanno onorato la pietanza!), sia per l’arte del pizzaiolo, tant’è che nella motivazione si legge che “il Know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale […]”.
Lunga vita alla pizza, dunque: l’amica inseparabile delle uscite con gli amici, la compagna immancabile delle serate con partita e bibita, la scelta sicura per cena quando rientri tardi, la golosità a cui non sai rinunciare quando sei assalito da una fame irrefrenabile… e sicuramente uno dei simboli dell’italianità nel mondo. Basta dire che non esiste una traduzione della parola pizza, si chiama così anche a Londra, Parigi e Francoforte: proprio noi che amiamo tanto i forestierismi e che usiamo spesso parole straniere in molti ambiti della nostra vita sociale, pur avendo un vocabolario di tutto rispetto – perché, permettetemi, l’Italiano è e rimane una lingua meravigliosa –, abbiamo l’immenso orgoglio di avere esportato in tutto il mondo un prodotto eccezionale senza che ne fosse alterato il nome. Certo, hanno provato ad alterarne e ad imitarne la preparazione, ma con scarsi risultati, se è vero come è vero che chi viene in Italia e prova la pizza fatta dei nostri abilissimi pizzaioli, napoletani in primis, ne rimane letteralmente estasiato.
Naturalmente credo che il cuoco Raffaele Esposito, che sul finire dell’800 preparò questa prelibatezza per la regina Margherita di Savoia, non poteva immaginare l’enorme successo che la sua creazione con pomodoro, mozzarella e basilico (simboli dei colori della bandiera italiana, così racconta la tradizione) avrebbe avuto nel tempo, né poteva sapere che poco più di un secolo dopo la pizza sarebbe stata annoverata nel patrimonio immateriale dell’umanità (così com’è accaduto qualche anno fa anche alla Dieta mediterranea o ai violini di Cremona , solo per citare alcuni dei tesori italiani tutelati dall’Unesco). Tant’è…
È una notizia che mi piace, comunque, e mi mette di buon umore, perché testimonia l’eccellenza italiana nel mondo e mostra come la nostra bella Italia abbia delle potenzialità enormi che meritano di essere apprezzate e rivalutate… vale la pena ragionarci su, davanti a una buona pizza!