Da due mesi non si sentono spari a mare dal Poligono militare di Nettuno. L’attività di tiro sembrerebbe sospesa a seguito delle novità introdotte dal disegno di legge approvato il 30 novembre 2017. Una serie di modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006 che stabilisce, tra le altre cose, che il Direttore dei poligoni delle Forze armate deve avviare entro trenta giorni dal termine del periodo esercitativo le attività finalizzate al recupero del munizionamento impiegato. “Presso ciascun poligono militare– si legge nel disegno di Legge – è tenuto, sotto la responsabilità del comandante, il registro delle attività a fuoco, nel quale sono annotati, immediatamente dopo la conclusione di ciascuna attività: l’arma o il sistema d’arma utilizzato, il munizionamento utilizzato, la data dello sparo e il luoghi di partenza e arrivo dei proiettili. Il comandante del poligono militare, entro trenta giorni dal termine del periodo esercitativo, trasmette all’Osservatorio ambientale regionale le risultanze del piano di monitoraggio ambientale”. A quanto pare il Poligono di Nettuno non si è fatto trovare pronto.
A far leva definitivamente sul nuovo disegno di legge la relazione finale dell’ultima Commissione d’inchiesta parlamentare sull’Uranio, relazionata dall’onorevole Gian Piero Scanu, e le reiterate sentenze della magistratura che hanno “costantemente affermato l’esistenza, sul piano giuridico, di un nesso di causalità tra l’accertata esposizione all’uranio impoverito e le patologie denunciate dai militari o, per essi, dai loro superstiti. Per l’uranio è stato altresì riconosciuto sul piano scientifico, con la Tabella delle malattie professionali INAIL approvata nel 2008, il nesso causale per la nefropatia tubolare”. La Commissione d’inchiesta, “grazie alle penetranti metodologie investigative adottate, ha scoperto – dietro le rassicuranti dichiarazioni rese dai vertici dell’Amministrazione della Difesa e malgrado gli assordanti silenzi generalmente mantenuti dalle Autorità di Governo pur esplicitamente sollecitate – le sconvolgenti criticità che in Italia e nelle missioni all’estero hanno contribuito a seminare morti e malattie tra i lavoratori militari del nostro Paese” si legge nella relazione finale dall’organismo parlamentare. “Molteplici e temibili” sono, per la Commissione, “i rischi a cui sono esposti lavoratori e cittadini nelle attività svolte dalle Forze Armate”.