[sg_popup id=”106217″ event=”inherit”][/sg_popup]di Eduardo Saturno
Spesso pensiamo che sedersi davanti a un monitor sia un’operazione privata, destinata a essere condivisa solo con il destinatario di una mail o con il lettore del sito che gestiamo o sul quale scriviamo. E’ la forma mentis comune di chi ancora ragiona in termini di web 1.0, nel quale contava solo la presenza in rete. Ma nell’era del 2.0 non è più così, oggi tutta la nostra attività è monitorata e l’infosfera (cioè il complesso di dati immessi da tutti gli utenti) è una risorsa comune, non meno dell’aria che respiriamo. Così non stupisce quanto avvenuto tempo fa a Bologna dove i gestori di un’osteria hanno deciso di portare in tribunale una cliente che aveva espresso su internet giudizi poco lusinghieri nei confronti del loro locale. Si è trattato di uno dei primi casi in Italia in cui la reputazione digitale è diventata argomento di discussione. Ma cos’è la web reputation e perché sta diventando tanto importante? Non è altro che la somma di informazioni pubblicate online e riguardanti un determinato soggetto, persona fisica, azienda o istituzione.
Comprendere la portata e le novità introdotte da questo elemento non è semplice. Per farlo bisogna citare alcune realtà in cui questo meccanismo mostra tutte le sue potenzialità, come TripAdvisor. Si tratta di un portale che consente alla clientela di hotel, ristoranti e locali di fornire una valutazione sulla qualità del servizio ricevuto rilasciando vere e proprie recensioni. Il contenuto di ogni commento sarà in grado di influenzare la clientela potenziale. E’ quindi interesse di proprietari e gestori monitorare costantemente il loro posizionamento su questo sito. In tal modo potranno migliorare gli aspetti criticati, potenziare quelli apprezzati e rispondere ai giudizi, per porgere scuse o segnalare agli internauti commenti palesemente falsi o strumentali.
Un’altra piattaforma in cui la cura dell’immagine è fondamentale è Ebay, uno dei primi portali in cui il concetto di web reputation ha cominciato a farsi largo. Chi lo utilizza per concludere affari sa bene quanto sia importante l’elemento dei feedback, cioè della valutazione data dagli utenti all’affidabilità di venditori e compratori. Non spedire un oggetto o eseguire un pagamento errato o in ritardo determina un giudizio negativo e questo può pregiudicare ogni possibilità di concludere altre transazioni in futuro.
Ma è sui social network che la fama digitale assume caratteri ancor più decisivi. Spesso si pensa a strumenti quali Facebook e Twitter come a spazi a chiusura stagna, nei quali si possa liberamente pubblicare qualsiasi tipo di contenuto. Tale atteggiamento può tuttavia rivelarsi particolarmente dannoso. I sistemi di condivisione messi a disposizione degli utenti consentono, infatti, di allargare il flusso comunicativo a un numero indefinito di persone. Ne discende che interventi poco opportuni (pubblicati magari al solo scopo di provocare reazioni a una cerchia limitati di contatti) possano essere letti anche da sconosciuti. Ogni interazione, infatti, partecipa alla creazione di quello che gli esperti chiamano Social Footprint, che, come dice la parola stessa, è una vera e propria orma lasciata dalla nostra presenza su queste piattaforme. La scarsa attenzione nell’uso dei social media può, quindi, determinare conseguenze spiacevoli e inattese anche in ambito lavorativo.
Secondo una rilevazione del 2012 di Adecco, leader mondiale nella selezione di risorse umane, il 49% delle aziende italiane ricorre al social recruiting, ossia usa i social media come strumento per la ricerca di personale. Il 25% dei datori di lavoro, infatti, considera questi strumenti un buon mezzo per verificare le qualità dei candidati, mentre il 17% se ne avvale per accertare la veridicità dei curriculum. Attività che, fra l’altro, non viene effettuata solamente tramite piattaforme professionali in senso stretto, come Linkedin, ma anche mediante Facebook, Twitter, Youtube e Google Plus, considerati più attendibili proprio per la loro connotazione personalistica.
Se i social network sono gli spazi meglio deputati alla costruzione della web reputation personale o aziendale i motori di ricerca sono gli strumenti che consentono di effettuarne il monitoraggio. La fama digitale di una persona, infatti, non dipende solo dai contenuti che pubblica ma anche dalla mole di notizie e informazioni reperibili sul web e provenienti da altri. Si tratta di fattori che presentano una più elevata componente di rischio proprio perché non sono direttamente controllabili dagli interessati. Per questo gli esperti consigliano di effettuare con frequenza un controllo della propria reputazione online. Per farlo è sufficiente inserire nome e cognome (o la denominazione aziendale) su Google. I risultati ottenuti consentiranno di verificare se si è associati a fatti poco lusinghieri o a notizie inesatte, in modo da poter tempestivamente intervenire.
Il miglior metodo per tutelare la propria web reputation consiste dunque nella prevenzione. E’ quindi necessario adottare comportamenti più responsabili (specie se si parla di social network) e controllare continuamente il proprio posizionamento sul web. Logicamente la tematica non riguarda, per ora, tutti. Ma l’abbattimento dei costi aziendali che il web consente sta già comportando un progressivo trasferimento su internet delle attività economiche. Questo renderà la reputazione online un valore imprescindibile per chiunque.
Come spesso avviene le novità incutono timore. Ma la web reputation non deve essere vista solo come un pericolo. Essa costituisce, al contrario, una straordinaria opportunità di crescita. Nell’era che viviamo, infatti, il brand societario e personale non può prescindere da una costante presenza in rete. Internet è per certi versi una realtà ancora difficilmente gestibile ma rappresenta pur sempre il futuro. E in tempi di crisi nessuno può permettersi di rinunciare alle prospettive che offre.
(fonte: Luca La Mantia sito In terris)