I mercati reagiscono negativamente ai verdetti elettorali anti-rigore. Milano apre a -2%, poi lima le perdite. Atene cede il 7,6%. Torna a salire il differenziale Btp-Bund oltre i 400 punti. Che la finanza e la democrazia in questi ultimi tempi abbiano segnato una profonda divaricazione è cosa evidente. Se potessero gli investitori annullerebbero il suffragio universale perché si sentono minacciati ogni volta che i risultati elettorali nei paesi dell’Eurozona mostrano l’insofferenza e la protesta dei cittadini nei confronti delle politiche economiche neoliberiste. Se la crisi dei debiti sovrani è terreno fertile per l’insorgere degli estremismi, lo è ancor di più il modo con il quale si è finora proceduto per uscirne. Il primato del rigore e la severa disciplina fiscale europea stanno soppiantando lo stato sociale e il tessuto economico dei paesi euro deboli, la cui permanenza nel mercato unico rischia di tradursi in un prezzo sociale elevatissimo. La vittoria di Hollande in Francia può rappresentare il primo forte segnale di rottura nei confronti di questa politica, fortemente voluta da Angela Merkel e sostenuta troppo servilmente, a giudizio dei francesi, da Nicolas Sarkozy. Il secondo Presidente socialista della storia transalpina nella sua campagna elettorale ha più volte dichiarato la volontà, in caso di successo, di rinegoziare il patto fiscale con l’Europa e di affidare ad un piano nazionale di investimenti a partire dalla scuola pubblica, il motore per far uscire la Francia dalla crisi. Se ora il nuovo inquilino dell’Eliseo saprà essere coerente con il candidato Hollande è tutto da vedere. Quello che appare francamente un po’ patetico vedere è la tipica consuetudine italiana di intestarsi le vittorie elettorali, anche quelle altrui. Lo ha fatto Bersani che si è precipitato a rallegrarsi con il vincitore d’oltralpe, pochi giorni dopo che il PD ha votato compattamente alle forze politiche che sostengono l’esecutivo Monti, l’introduzione in Costituzione del pareggio di bilancio. Una scelta “obbligata” si è detto, come tutte le scelte draconiane in materia fiscale e di tagli alla spesa sociale assunte fin qui dal governo dei tecnici. Ma la variabile più preoccupante delle elezioni di ieri è quella greca. Il risultato delle consultazioni elleniche restituiscono un quadro politico fortemente frammentato con i due partiti storici – Pasok e Nea Dimokratia – in grandissima difficoltà ed incapaci presumibilmente di dar vita ad un nuovo governo. Anche qui crescono forze e tendenze populiste e nazionaliste, come i neonazisti che entrano in Parlamento. La crisi economica, ormai al quinto anno, sta lacerando profondamente il tessuto sociale dei paesi europei e la disperazione di milioni di cittadini rischia di trovare un approdo nelle deliranti ideologie populiste, delle piccole patrie, dei recinti e delle derive nazionaliste come quella di Alba d’Oro, il partito neonazista greco. Qui la sinistra radicale Syriza, diventato il secondo partito, ha raccolto la speranza dei greci progressisti e di sinistra, per l’uscita dalla crisi con politiche di sviluppo e occupazione, costringendo la moderata Sinistra Democratica a misurarsi già dai primi risultati con la sfida dell’unità della sinistra contro i governi dei banchieri e dei speculatori che distruggono la società greca. Tra poche ore sapremo se anche in Italia è possibile rilanciare la costruzione di una alternativa progressista e di sinistra per un nuovo governo del Paese. Sapremo se il montante e diffuso sentimento dell’antipolitica avrà attecchito e se le forze che inneggiano alla vittoria di Hollande saranno capaci di farsi promotori di quell’alleanza per l’alternativa di governo, che è chiamata a congedarsi una volta per sempre da quelle politiche neoliberiste che la crisi hanno prodotto. Noi crediamo che questa sia la strada giusta.