Il dono della longevità deve essere colmato con un adeguamento culturale, convegno a Nettuno

Un momento del convegno nell'aula Consiliare

La rivoluzione demografica in atto, con la crescita dell’aspettativa di vita e la riduzione del tasso di natalità, ha portato le società più avanzate a doversi misurare con il tema dell’invecchiamento della popolazione. 

“Villa Miramare”, dal casa di Riposo delle Suore Ospedaliere a Nettuno, ha organizzato presso la Sala Consiliare Comunale il Convegno Il dono della longevità deve essere colmato con un adeguamento culturale, il cui titolo “è un’affermazione – dice il Coordinatore dei Servizi dott. Claudio Malandruccoloperché reputiamo che un adeguamento culturale è necessario visto che da troppo poco tempo si vive più a lungo e la longevità ha preso in contropiede la società. L’anno dell’Invecchiamento Attivo – continua – sembra in apparenza dedicarsi solo agli anziani più fortunati e fuori dalle Case di Riposo. Noi pensiamo invece che un Invecchiamento Attivo sia per tutti e possa essere realizzato in tutte le strutture come la nostra”.

La definizione di “vecchio” e “giovane” varia molto da paese a paese ma in media i cittadini europei ritengono che si inizi a essere considerati anziani poco prima dei 64 anni e che non si sia più considerati giovani a partire dai 42 anni. In una recente indagine di Eurobarometro emerge che il 71% dei cittadini europei è consapevole che la popolazione europea sta invecchiando: l’età media dell’Unione europea è attualmente di 39,8 anni ed entro il 2060 la media salirà a 47,2 con le persone ultra sessantacinquenni che saranno il doppio di quelle in età lavorativa. Soltanto il 42% è preoccupato per tale sviluppo, in Italia sono il 52% mentre il 64% della nostra popolazione considera il paese a misura di anziani. Secondo l’Istat a fine 2010 in Italia il 32,5% della popolazione italiana aveva oltre cinquant’anni rispetto al 26,5% del 1990, un cittadino ogni cinque (cioè 12 milioni dei 60,6 milioni di abitanti) aveva più di 65 anni (e di questi 2,4 milioni stimati come disabili per effetto dell’invecchiamento) mentre gli ultraottantenni rappresentano ormai il 6% della popolazione, ovvero fra una manciata d’anni i bisnonni in Italia supereranno come numero i pronipoti.

Una forzata inattività dopo la fuoriuscita dal mondo del lavoro porta con se notevoli rischi, mentre le persone che si impegnano nella socialità stanno meglio, utilizzano meno farmaci, di qui la sua importanza per costruire più capitale sociale. Occorre quindi rimettere in gioco queste energie. Da un lato la persona arriva oggi all’età anziana con più anni da vivere, più salute, più risorse materiali (più del 50% è abbiente), più istruzione (siamo alla prima generazione di anziani con titolo di studio superiore alla terza media). Dall’altra si segnala la crisi delle reti di aiuto informale e circa 2 milioni di individui soprattutto anziani che non trovano adeguata protezione all’interno della famiglia.Oggi quindi si vive di più e c’è la necessità di vivere sani più a lungo. Favorire il benessere degli over 60 può diventare il punto di partenza del loro contributo alla vita di comunità.

cp