Nuova puntata dello speciale dedicato alla Comunicazione
di Eduardo Saturno
Secondo il cognitivismo la condotta umana è spiegata dalle rappresentazioni mentali che la determinano. Agiamo in base a ciò che crediamo e che vogliamo. Quello che conta dunque è l’interpretazione degli eventi, il significato che attribuiamo agli stimoli e la nostra condotta dipende dalla interpretazione soggettiva e dal significato che diamo al mondo. Le rappresentazioni mentali non implicano solo credenza e conoscenza, ma anche gli scopi. Questo perché le condotte umane sono intenzionali, hanno cioè un fine. Non sono semplicemente reattive, stimolo/risposta. Lo scopo è la rappresentazione fondativa della mente (teoria degli scopi) per guidare la condotta verso un successo, le conoscenze sono secondarie rispetto agli scopi, sono solo delle risorse che la mente ha bisogno di cumulare per risolvere il problema, ovvero per arrivare al suo scopo. Secondo questa prospettiva cognitivista la teoria del conflitto si fonda sulla teoria degli scopi. Due o più scopi (desideri, bisogni, intenzioni, doveri rappresentati mentalmente) o interessi (che sono scopi potenziali, anche non capiti) quando sono incompatibili tra loro producono un conflitto proprio perché ambedue non possono essere raggiunti entrambi.
Se realizzati, perseguiti in uno stesso contesto non possono realizzarsi. In questa prospettiva ci sono 2 tipi e ragioni di conflitti: da una parte ci sono conflitti intrinseci o logici, gli scopi cioè sono intrinsecamente incompatibili per questioni logiche; dall’altra ci sono conflitti estrinseci o pratici. A volte gli scopi possono essere logicamente compatibili ma non lo sono praticamente perché richiedono la stessa risorsa, e quella risorsa è scarsa. I conflitti per ragioni pratiche sono più facilmente risolvibili rispetto agli altri. I conflitti possono essere individuali o sociali. Questi ultimi, conflitti fra più persone o gruppi, sono dovuti ad agenti con i loro scopi che interferiscono gli uni con gli altri. I conflitti individuali sono detti anche interni o intrapsichici. Questi conflitti possono essere di vario tipo: conflitti oggettivi tra i miei scopi, ma che io non conosco, non percepisco o prevedo. Soggettivamente non vi è conflitto (avevo deciso di …ma in questo momento ho un altro bisogno). Ci può essere un conflitto fra scopi di attrazione e scopi di repulsione. Ogni scopo può indurre conflitti. Vi sono conflitti impliciti ed espliciti.
Noi possiamo anche non rilevare tutte le conseguenze logiche di quello che abbiamo in mente, è possibile avere un certo obiettivo e un altro senza che questi siano contraddittori, ma se si dovessero trarre delle conclusioni si potrebbe scoprire che in realtà sono contradditori. Vi sono anche diversi livelli intersoggettivi mentali di conflitto , cioè fra un mio scopo e un metascopo, uno scopo su me stesso, sulla mia mente. Vi può essere un conflitto fra i miei scopi mentali (psicologici)e le mie funzioni sociali (di ruolo) e biologiche; conflitti solo soggettivamente creduti tali; tra scopi che in realtà non sono affatto contraddittori/incompatibili ma dato che io credo che siano incompatibili devo necessariamente scegliere fra i due scopi, perché quello che conta è ciò che io rappresento e credo. Dato che la nozione e teoria del conflitto si fonda sulla teoria degli scopi, la forza del conflitto (più o meno duro e arduo) deriva dal valore degli scopi in questione. Il valore di uno scopo ha 2 fonti: può essere un valore provato e sentito su base affettiva o su base sensoriale e corporea: le emozioni suscitate da un obiettivo danno valore all’obiettivo stesso, anche se queste sono evocate da un certo scenario. Io mi pongo un obiettivo, formulo uno scopo, e questo mi evoca consciamente o inconsciamente esperienze precedenti piacevoli o spiacevoli e questo dà colore all’obiettivo su base affettiva; vi è inoltre un valore razionale, ragionato. I pro e i contro di uno scopo sono frutto di un ragionamento, a seconda degli scopi aggiungiti, dei pregi o dei danni avrò dei valori diversi, ragionati.
Questi due valori, valore sentito e valore ragionato possono confliggere o possono convergere. L’importanza del conflitto dunque avviene in rapporto allo scopo e la scelta avviene non tra semplici scopi ma tra aspettative dove lo scopo è combinato con una previsione e il suo grado di certezza. Scegliamo anche in base a cosa crediamo più probabile, più raggiungibile. Saremmo folli se scegliessimo sempre ciò che per noi è più attraente ma irraggiungibile. Bisognerebbe bilanciare la prevedibilità e probabilità che assegniamo all’evento e il suo valore, la sua qualità.
La combinazione fra dimensioni e aspettativa. L’aspettativa è un oggetto mentale che non consiste semplicemente nella previsione, l’aspettativa è anche quando questa previsione combacia con un nostro scopo. Un’alternativa positiva vuol dire che questa previsione è desiderabile. Un’aspettativa è negativa quando prevedo una cosa che purtroppo non vorrei. Come detto ogni conflitto comporta il sacrificio di uno scopo. Un conflitto diventa difficile quando lo scopo da abbandonare è per me di grande importanza, pertanto mi comporta una frustrazione. Ci sono sempre 2 valori negli scopi. Tanto più questi 2 valori sono simili, tanto più sarà difficile decidere (perché uno vale l’altro). Potremmo anche avere una soglia di cose a cui rinunciare. Sotto o sopra una certa soglia, se lo scopo vale troppo per me, non ce la faccio a decidere e quindi rinvio la decisione. Ogni decisione implica un conflitto, non sempre vissuto come tale. Un conflitto non comporta necessariamente una incapacità a decidere, o che sia arduo. Vi sono dei casi in cui si vive un vero conflitto soggettivo. In senso stretto vi è un conflitto soggettivo quando ci sentiamo in conflitto, quando lo percepiamo e lo viviamo con difficoltà, incertezza. Questo per 2 ragioni: uno perché c’è una perdita da accettare, due perché l’essere indeciso e l’ansia che ciò comporta è di per sé spiacevole. Un conflitto psicologico soggettivo comporta che abbia i 2 scopi attivi e consapevoli, un valore alto degli scopi con poca differenza tra loro, un certo livello di ansia, di timore (a volte sono indeciso per il timore di dovermi poi rimproverare). Un conflitto particolarmente problematico è quello tra scopi consci e scopi inconsci.
Gli scopi, le rappresentazioni mentali nel cognitivismo, non sono necessariamente coscienti. Cognizione non vuol dire coscienza. Ci potrebbero essere dei conflitti fra scopi consapevoli e scopi inconsci, io vorrei una certa cosa ma il mio inconscio non me lo permette e non mi è nemmeno chiaro perché sono indeciso. Ci possono essere conflitti completamente inconsci fra 2 scopi, entrambi inconsci ma tra loro incompatibili e che danno luogo a dinamiche psicologiche piuttosto complesse. Se il conflitto sentito è molto grave, possiamo sospendere la decisione ed essere bloccati, o perfino rinunciare a decidere, ad esempio delegando altri per noi. Per esserci un conflitto interno non parliamo necessariamente di un agente individuale psicologico, possiamo avere un conflitto interno anche in un agente astratto, cioè non è un individuo ma che ha anch’esso degli scopi come un gruppo o un’organizzazione. Ci può essere un conflitto nella mente del gruppo e questo significa che vi è un conflitto interno ad uno o più membri, oppure ci può essere un conflitto tra i membri, ognuno sa quello che vuole e gli scopi dei singoli sono incompatibili tra loro.
Vi sono almeno 4 possibilità per eliminare un conflitto interno: scegliere tra gli scopi e promuoverne uno al livello di processamento successivo, il conflitto viene superato dalla fase decisionale; altra manovra è far fuori , abbandonare almeno uno degli scopi in competizione; si potrebbe anche eliminare la credenza critica che li mette in conflitto (es. cambiare il contesto e le risorse accessibili); manovra fondamentale è trovare un compromesso, una mediazione tra i due scopi, con se stesso. Il compromesso richiede che gli scopi siano raggiungibili in parte, io posso eliminare una parte dello scopo cosicché quelle rimanenti non siano più inconciliabili tra loro. La mente umana ha bisogno di coerenza, il contenuto, cioè l’oggetto di un conflitto, la proposizione dei 2 scopi, cioè il contenuto in un conflitto di scopi equivale ad una contraddizione. Se ho uno scopo P e uno scopo Non P sono in conflitto. Se io sono convinto che P e Non P sono in contraddizione, non c’è coerenza nella mia mente perché non posso essere convinto di una cosa e nello stesso tempo convinto del suo opposto. Il conflitto è la versione della non contraddizione negli scopi. Il conflitto fra credenze si chiama epistemico, cioè tra conoscenze.
A livello individuale mi porta una contraddizione perché io devo decidere a cosa credere, devo scegliere tra le mie credenze, quindi sono in conflitto epistemico di scelta in cui credere. Oppure potrei avere dei motivi emozionali o finalistici per credere una certa cosa. Cioè mi farebbe piacere credere P piuttosto che Non P. Non sempre siamo consapevoli delle ragioni del nostro credere. La contraddizione è importante anche a livello sociale perché questo porta a dei conflitti epistemici conoscitivi anche tra individui. Noi potremmo avere in certi gruppi o organizzazioni lo scopo di condividere la conoscenza, di avere in comune delle ideologie e ci può essere un conflitto nelle nostre conoscenze condivise. La mente cerca coerenza. Noi razionalmente e consciamente non possiamo impegnarci su credenze o su scopi contraddittori, non possiamo avere convinzioni tra loro incompatibili. Questo però non significa che la mente è sempre in uno stato di coerenza. Anzi nelle fasi iniziali ha bisogno di incoerenza. Quando cerchiamo informazioni o dati, abbiamo bisogno di informazioni anche contrastanti per acquisire la conoscenza, poi capiremo cosa è vero da ciò che non lo è. Analogamente la prima fase degli scopi è piena di contraddizioni. Successivamente ho bisogno di chiarezza. Nella prima fase la mente non solo tollera le incoerenze ma è avvantaggiata nell’avere una quantità rilevante di informazioni che poi, nella seconda fase, deve avere coerenza quindi i dati diventano conoscenze, e i desideri diventano intenzioni. Ovviamente ci vuole una certa quantità di impegno volto a stabilizzare le scelte future. Questo impegno e determinazione nello scegliere rappresenta una sorta di ipoteca sul futuro molto utile perché stabilizza la mia condotta. Se io cambiassi opinione in ogni momento non raggiungerei mai un risultato. Gli obiettivi a lungo termine che pretendono persistenza non li raggiungerei se seguissi sempre gli impulsi delle circostanze. La forza di volontà serve spesso a garantire il fatto che io perseveri e mantenga la decisione presa e non la contraddica per seguire l’impulso del momento.