Chi? Che Cosa? C’era una volta il complemento oggetto…

di Eduardo Saturno

Quante volte la “vecchia” penna aveva sentito quelle domande! Era una bella stilografica degli anni ’80. Regalata ad uno studente modello per la prima comunione. E sì che ne aveva visto di “carta” e di “inchiostro”. Aveva lavorato senza sosta per quello studente, per diversi anni, fin quasi alla fine dell’università. Quante cose interessanti aveva imparato: la prova del nove, la regola del tre semplice, l’apotema dei poligoni, le espressioni, fino alle declinazioni ed all’analisi logica: un lungo percorso di studi, durante il quale la lucente stilografica aveva curato la sua erudizione in simbiosi con il suo giovane proprietario.
Ora quando il genitore premuroso in cui si era trasformato quel brillante studente aveva deciso di regalare al proprio figlio la stilografica della sua gioventù, la vecchia penna era tornata a scrivere, ad imparare, ansiosa di ripercorre le tappe della formazione moderna. Ma la realtà apparve presto ben diversa da come se la ricordava.
Tanto tempo fa c’era il soggetto … il predicato (e a volte basta così) e poi il complemento oggetto: potevi costruire delle bellissime frasi come “Roberta (soggetto) mangia (predicato) una pizza (complemento oggetto)” ed ora??  Beh… più o meno uguale tranne per il fatto che il complemento oggetto adesso è meglio chiamarlo “espansione diretta”. E se provi a dire a tuo figlio che “una pizza” è il complemento oggetto…”la maestra ha detto che è l’espansione diretta, non mi confondere per favore!”. Insomma il complemento oggetto, poverino, che rispondeva al chi ? che cosa? è andato fuori moda, non è più “cool” e guai contraddire la maestra!
Un po’ come sta succedendo in tanta altre cose… leggi qui…
Once upon a long ago… chi voleva raccontarti i fatti propri, chiederti come stavi, fare una dichiarazione d’amore, poteva solo fare una cosa: imparare l’italiano, imparare a scrivere, scrivere e farlo fino a consumare tonnellate di cellulosa e litri di inchiostro…
All’improvviso un giorno arrivò lo Short Message … SMS… salve le foreste, felici le telco (per un bel po’) e felici anche tutti quelli che di idee ne avevano poche o che non avevano studiato tanto… Frasi e concetti al minimo per non sforare i fatidici 160 caratteri e riuscire a raccontare tutto… vabbè, poi magari i più appassionati mandavano 10 messaggi di fila, altro discorso però!.
Nasce la scrittura sintetica, scompaiono le vocali, nascono acronimi strani (es. “TVB” o “xkè”). Subito dopo vennero le chat e le emoticon: sentimenti ed emozioni che non passavano più tramite sguardi e parole ma trasformati in puntini, lineette e parentesi che a volte, e parlo dei “diversamente giovani”, dovevi chieder aiuto per capire che diavolo significassero… “Xké 6 🙁 ? Tvb :-x” = “Perché sei triste? Ti voglio bene. Un bacio per te”, semplice, no?
Ed è qui che l’italiano ha iniziato a sentire i colpi del cambiamento radicale che ci ha portato ad oggi, dove la lingua parlata si è progressivamente scollata da quella “texata”, dove il congiuntivo è sparito per lasciare posto all’indicativo, e il complemento oggetto è diventato espansione diretta.
Immagini, pittogrammi, abbreviazioni, acronimi dal sapore strano, neologismi e anglicismi… è sempre più frequente esprimere concetti anche complessi con poche, pochissime parole… la lingua si sta “socializzando”, sta diventando immediata, sintetica e diretta, in qualche modo economica potremmo dire… in questo mondo che va sempre di corsa che male c’è ad ottenere il massimo sforzo comunicativo con il minimo sforzo?
Certo, tutto questo porta con sé una serie di “libertà” che nemmeno l’Accademia della Crusca 2.0 (la versione moderna, ironica e contemporanea) potrebbe apprezzare… apostrofi che diventano virgole… k al posto di ch, congiuntivi improbabili, preposizioni e “h” messe od omesse un po’ a casaccio… ma cosa importa, dobbiamo essere veloci, produttivi, efficienti…
In questo gli anglosassoni hanno la strada semplice con la loro grammatica super slim… loro che hanno parole con almeno 10 significati completamente diversi … loro che con due parole riassumono concetti ampissimi, loro che nemmeno si salutano al telefono ma riattaccano e basta… veloci, produttivi, efficienti. Una per tutte: derby = partita tra squadre di calcio della stessa città!
E noi cerchiamo di raggiungerli… un po’ con gli anglicismi tipo selfie (meglio di autoscatto no??) o smartphone. In ambito lavorativo imperano mission, vision, brief o il terribile asap, con irrinunciabili neologismi tutti nostri come briffare, testare, settare, biciclettare, googlare, twittare.
Alla fine della giostra potremo essere anche veloci, efficienti, rapidi e produttivi, ma vuoi mettere quanto era bello mettersi alla scrivania con un foglio di carta bianco davanti, la penna migliore che avevi e iniziare a trasformare pensieri, emozioni e sentimenti in parole?