Le ecomafie rapporto di Legambiente

di Eduardo Saturno

Ogni qualvolta si parla di smaltimento dei rifiuti e di ambiente, si è spesso indotti a sottolineare un fenomeno assai ampio che crea danni a volte irreparabili all’ambiente stesso e a chi ne calpesta il suolo: ci riferiamo alle ecomafie. Tanti ne avranno sentito parlare, ma pochi forse sono quelli che semanticamente ne conoscono il tratto. Ci provo io sperando di non confondervi le idee. Storicamente possiamo datare il “battesimo” del termine al 1994, allorquando Legambiente, in collaborazione con Eurispes e l’Arma dei Carabinieri, pubblica Le ecomafie. Il ruolo della criminalità organizzata nell’illegalità ambientale, ed al 1997, col primo Rapporto Ecomafia, aggiornato annualmente dalla stessa Legambiente. E si faceva esplicito riferimento all’infausto matrimonio tra criminalità organizzata e smaltimento dei rifiuti, cosi’ come sancito dal Tribunale di Napoli nel 1991, dove appariva di palmare evidenza la collusione tra imprenditori e amministratori.

Il risultato della ricerca fornisce i dati di un evento che movimenta miliardi di euro e varia in virtu’ di norme e mercato, evidenziando i risultati conseguiti a seguito delle azioni di prevenzione e contrasto poste in atto dalle Forze di Polizia e dalle Istituzioni. Relativamente all’ultimo rapporto del 2021, che afferisce ai dati rilevati nel 2020, rispetto ad un calo dei controlli pari al 17%, si rileva un incremento dei reati ambientali pari allo 0,6% in piu’ rispetto all’anno precedente. Aumenta l’impatto nelle Regioni con tradizionale presenza mafiosa (46,6% del totale), cosi’ come si incrementa il numero delle persone denunciate (+12%). Non se la passano meglio i boschi e la fauna, con 4233 reati pertinenti ad incendi boschivi (+8,1%) e 8193 nei confronti di animali.

Illeciti globalmente in diminuzione ma con un incremento degli arresti (+15%) nell’ambito del ciclo dei rifiuti. Dovuto senza dubbio alcuno al fatto che esso alimenta affari di valore inestimabile, trattandosi di traffico di materiali enormemente pericolosi, privati dei controlli volti ad eludere le norme internazionali. Le mafie si spostano proprio in quei posti dove esiste un enorme profitto a scapito del rispetto della legge. E le attività di lavorazione degli scarti urbani ed industriali non potevano chiaramente esimersi dalle logiche criminogene. Ed è a causa delle azioni repressive poste in essere, che si è appurato che questo modus operandi non è di pertinenza esclusiva di mafia e camorra, ma anche di imprenditori attivi nel settore della logistica, i quali mettono a fattor comune le loro abilità nel campo, allo scopo di smaltire illegalmente la spropositata quantità di rifiuti prodotta quotidianamente.

In termini di contrasto alla criminalità ambientale, l’Italia nell’anno 2015 ha adottato un idoneo strumento (la legge 68/2015), ottenendo risultati in continua espansione. Non scartando la presenza nelle restanti Regioni, si consolida la metà degli illeciti ambientali e l’operato delle ecomafie in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. La cosiddetta “Terra dei fuochi”, ampia zona della Campania tra Napoli e Caserta ed il triangolo della morte geograficamente localizzato tra Acerra, Nola e Marigliano, sono due facce della stessa medaglia. Ambedue tristemente note alle cronache a causa di interramento e smaltimento illegale di rifiuti tossici che hanno causato nel territorio di riferimento un anomalo incremento di patologie neoplasiche.

Le cause? Diverse industrie medio-piccole operando in nero non hanno alternative oltre a quelle di fruire dei servigi di organizzazioni criminali per smaltire i rifiuti. Gli incendi nei siti di stoccaggio dei rifiuti trattati o ancora da trattare sono invece collegati ad altre logiche, sovente riferibili ad azioni intenzionali. Statisticamente gli incendi colposi o accidentali ne rappresentano una parte minimale. Alla luce di queste considerazioni, possiamo ritenerci totalmente assolti nella distribuzione delle colpe? Oppure anche il semplice cittadino avrebbe qualcosa da farsi perdonare? Personalmente propendo per la seconda ipotesi. E cerco di spiegarne il motivo. Quando si ripulisce un’abitazione o una cantina, oppure si potano degli arbusti o si rasa il prato, siamo certi che tutti affidino lo smaltimento a persone titolate, che compilano correttamente il formulario previsto dalle leggi vigenti? Oppure, come vedo spesso, ci si affida al primo che capita che molto probabilmente sverserà illegalmente in qualche area boschiva?

“Quando le generazioni future giudicheranno coloro che sono venuti prima di loro sulle questioni ambientali, potranno arrivare alla conclusione che questi ‘non sapevano’: accertiamoci di non passare alla storia come la generazione che sapeva, ma non si è preoccupata.”
MIKHAIL SERGEEVICH GORBACHEV

(Fonte dati Legambiente)