Nel 1859 il filosofo/economista inglese John Stuart Mill pubblico’ “Saggio sulla libertà”, un testo che nel corso degli anni divento’ un classico del pensiero politico. Nella sua opera si chiede, armato dalla logica, quali siano la natura e le limitazioni del potere che la società puo’ lecitamente istruire sull’individuo, arrivando a definire che il vivere comune ha come fondamento essenziale il sommo benessere per la gran parte degli individui.
Secondo Mill, infatti, ogni individuo si connota libero sino al momento in cui non procura nocumento ad altri e solo in questo frangente si puo’ giustificare l’intervento da parte dello Stato. Limitare la libertà di parola è comunque da delineare sempre come un misfatto. Premesso che nessuno puo’ illudersi di godere di verità incondizionate, deve sempre essere assicurata la riprovazione e la libertà di non uniformarsi ad un canone di opinioni, emozioni o consuetudini che la Società impone come esempio comportamentale, deve essere salvaguardata nei confronti di qualsivoglia tipo di potere o ascendenza.
Un concetto che alle nostre latitudini ritroviamo in qualche maniera nell’articolo 21 della Costituzione, che riportiamo a beneficio di coloro i quali fanno finta di misconoscerlo: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
Due punti di vista che in ogni caso confluiscono in un unico pensiero, con la stella cometa dell’imprescindibile concetto di libertà, che, come affermava lo scrittore Ignazio Silone, si traduce nella possibilità di dubitare, di sbagliare, di cercare, di esperimentare, di dire no a una qualsiasi autorità, letteraria artistica filosofica religiosa sociale, e anche politica.
Aggiungo io: se ciò non ci è permesso, dubito di essere in una democrazia, ma vittime della peggior specie di dittatura.
Eduardo Saturno