Rubrica settimanale a cura della maestra Giorgia Costantini
Lettera
Cara Maestra Giorgia,
mi rendo conto che i bambini di oggi… non sanno più cadere.
Lo vedo ogni volta che mio figlio inciampa: scatta il panico.
Una sbucciatura sul ginocchio e sembra la fine del mondo.
Ma lo vedo anche quando cade in senso figurato: se sbaglia un compito, se perde un gioco, se qualcosa non gli riesce subito… si arrabbia, si blocca, si sente “sbagliato”.
Non tollera la frustrazione, rifiuta l’errore, ha paura del giudizio.
E io mi chiedo: è colpa mia? Della scuola? Della società?
Abbiamo protetto troppo? Abbiamo chiesto troppo?
Vorrei aiutarlo a capire che si può cadere… e ci si può rialzare.
Che non è vergogna, ma parte della crescita.
Come possiamo educarli a “cadere bene”?
Fisicamente e simbolicamente?
Lettera firmata
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✏️ Risposta
Cara mamma,
quello che racconti è un nodo delicato e attualissimo: i bambini di oggi faticano a tollerare la caduta. Non solo quella fisica, che un tempo veniva affrontata con una scrollata di spalle e magari un cerotto colorato, ma anche — e soprattutto — quella simbolica.
Viviamo in una società che ha reso l’infanzia una corsa a ostacoli senza sosta: devono saper fare, devono riuscire, devono brillare.
Ma… chi li sta educando a sbagliare?
Chi insegna loro a inciampare, a non vincere, a perdere il turno, a riprovare?
Troppo spesso confondiamo l’educazione con la protezione, evitando ogni rischio, ogni lacrima, ogni conflitto.
Ma senza fatica, senza errore, non si cresce.
Cadere — nel corpo o nel cuore — è una tappa fisiologica dello sviluppo.
È solo cadendo e rialzandosi che si costruisce la fiducia, la resilienza, l’autoefficacia.
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Cosa possiamo fare concretamente
1. Non correre subito a “salvarli”
Quando inciampa, prima di soccorrerlo, chiediamoci: ha davvero bisogno di me o può provare da solo?
Stare accanto senza sostituirsi è un grande atto d’amore.
2. Normalizzare l’errore
Evitiamo frasi come “Hai sbagliato di nuovo!” e sostituiamole con:
“È normale sbagliare. Hai visto dove puoi migliorare?”
O ancora:
“Tutti sbagliano. Anche gli adulti. L’importante è provarci.”
3. Raccontiamo le nostre cadute
Le storie degli adulti che hanno inciampato, perso, ricominciato, sono modelli educativi potentissimi.
I bambini non hanno bisogno di genitori o insegnanti perfetti. Hanno bisogno di testimoni autentici.
4. Lasciamo spazio alla frustrazione
Un gioco non vinto, una regola da rispettare, un turno da aspettare: sono occasioni educative.
Non servono “soluzioni rapide”, ma presenze pazienti.
5. Alleniamo corpo ed emozioni
Lo sport, il gioco libero, l’attività fisica senza competizione aiutano il bambino ad allenare l’equilibrio… e la caduta.
Così come lo fanno le esperienze emotive non sempre “facili” ma autentiche.
E la scuola?
Cadere, anche fisicamente, fa parte della crescita. Tuttavia, nel contesto scolastico, ogni inciampo – letterale o metaforico – sembra talvolta trasformarsi in un caso da analizzare, verbalizzare, spiegare, giustificare.
I docenti, oggi più che mai, si ritrovano sotto osservazione costante. Devono “prevedere l’imprevedibile” e spesso vivono con l’ansia di essere giudicati o rimproverati per ogni piccolo incidente.
Eppure, è importante ricordare che la scuola non è una teca di cristallo, ma un luogo reale, fatto di movimenti, esperienze, contatti, giochi, emozioni… e anche cadute.
Invece di essere subito “con il piede di guerra”, impariamo a fidarci della buona fede e dell’attenzione educativa degli insegnanti. Una ginocchiata sbucciata non è (quasi mai) un segno di trascuratezza, ma un episodio naturale in un ambiente di crescita.
Cadere a scuola non è un fallimento. È una prova della vita vera che lì si impara a vivere.
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❤️ Ricordiamoci che…
L’educazione vera non rende i bambini invincibili.
Li aiuta a diventare forti dentro, a non temere l’errore, a fidarsi delle proprie risorse.
Li accompagna nei giorni in cui tutto va storto, e insegna loro che non sono mai soli mentre provano a rialzarsi.
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✨ Citazione finale
“Cadi sette volte, rialzati otto.”
— Proverbio giapponese
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Scrivimi
Hai un dubbio, una domanda o un piccolo grande problema quotidiano da condividere?
giorgiamaestra@gmail.com
Scrivimi, e insieme proveremo a guardarlo con occhi pedagogici.
Ti aspetto nella prossima uscita di Pedagogia in GioCo.


