L[sg_popup id=”106217″ event=”inherit”][/sg_popup]a festa del Santo Natale e l’inizio di un nuovo anno mi offrono l’occasione per inviare a tutti voi una parola di saluto e un pensiero di augurio: per ciascuno, per le vostre famiglie, per tutta la nostra comunità diocesana. Per il Natale, anzitutto. Vorrei considerarlo e presentarlo a voi come il punto del massimo avvicinamento di Dio all’uomo. Il Figlio Dio si è fatto uomo. Non è soltanto un mettersi accanto, non è solo un farsi vicino, ma è come dice anche la liturgia, un diventare uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato. È diventato uno di noi: «ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes n. 22). Egli, infatti, è l’Innocente ed è per questo capace di offrirci una mano che ci tragga fuori dalle paludi dove, in vario modo, ci siamo avventurati. Il Natale ci parla proprio di questa innocenza: Dio supera ogni nostro sforzo, è più grande anche dei nostri progetti perché Egli ci previene e ci previene nell’amore. Questo è il primo augurio: guardiamo al Natale come alla festa della vicinanza di Dio! Abbiamo bisogno di persone che ci stiano accanto, che ci prendano per mano e ci accompagnino. Fra tutte, il Signore è il primo. All’augurio per il Natale si aggiunge quello per il nuovo anno. Nuovo anno significa certo una ripetizione, il tempo è ciclico, ritorna sempre su se stesso e, tuttavia, ci porta avanti. L’augurio è proprio questo: che col nuovo anno ci sentiamo in grado e capaci di fare un passo avanti. Il nuovo anno è l’occasione anche di tenere vive le attese, le speranze, i desideri: i migliori, quelli più belli. Da cinquant’anni, poi, per iniziativa di san Paolo VI il primo giorno dell’anno è per noi cattolici anche la Giornata mondiale della pace e noi ci rendiamo conto non soltanto di avere bisogno di pace nelle nostre famiglie, nella società – i clamori della guerra li avvertiamo e li avvertiamo in tanti aspetti, e sono motivo di ansietà e preoccupazione – ma il tema che per il 2019 è stato scelto dal Papa mette in campo uno spazio molto difficile: ci ricorda che “La buona politica è al servizio della pace”. Politica non è qualcosa da delegare ad alcuni rappresentanti. Certo, anche questo è politica ed è nostro dovere individuare e scegliere dei rappresentanti e dei governanti adeguati, all’altezza della situazione, capaci di fare crescere e progredire il Paese. Essa, però, è anche impegno personale, di ciascuno. La buona politica è ciò che noi viviamo tutti i giorni, nelle scelte che facciamo nella famiglia o nella società. Forma alta della carità, come la riconosceva Paolo VI, la politica comporta anche l’agire a favore di chi è più piccolo e più debole e farlo, non da ultimo, nel più ampio contesto della responsabilità per il futuro della vita umana e del pianeta, che la ospita. Il mio augurio, allora, è quello di sapere congiungere questi due temi: del Natale come avvicinamento, di Dio a noi e di noi a Dio, ma anche di avvicinamento reciproco, senza recriminazioni senza continuamente insultarsi e rinfacciarsi errori.
L’augurio si trasforma in invito: accogliamo il Signore, che viene per starci vicino e anche noi accogliamoci l’un l’altro, per andare, tutti insieme, incontro al Signore che viene.