Molta preoccupazione sta generando tra gli operatori sanitari: medici, infermieri, terapisti, Oss, in prima linea in questi giorni nella lotta contro il coronavirus negli ospedali del Lazio, quanto previsto nell’Ordinanza Regionale del 06/03/2020 con all’oggetto: Misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019. Ordinanza in materia di igiene e sanità pubblica indirizzata agli operatori, agli utenti, alle Aziende, agli Enti pubblici e alle strutture private accreditate del Servizio Sanitario Regionale; che all’articolo 22 recita: il personale sanitario venuto in contatto con paziente affetto da COVID 19, asintomatico, prosegue la propria attività professionale, previa osservanza di adeguate misure di contenimento del contagio ed è sottoposto a sorveglianza sanitaria. Misura confermata però confermata anche all’Art. 7 del DECRETO-LEGGE del Governo del 9 marzo 2020, n. 14, Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio Sanitario nazionale in relazione all’emergenza COVID 19 “Sorveglianza sanitaria” che all’art. 1. “La disposizione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera h), del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, (misure di quarantena ndr) non si applica agli operatori sanitari e a quelli dei servizi pubblici essenziali che vengono sottoposti a sorveglianza. I medesimi operatori sospendono l’attivita’ nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per COVID-19“.
In parole povere chi è più esposto al rischio contagio, cioè chi è a stretto contatto con pazienti risultati positivi asintomatici, deve proseguire la sua attività lavorativa, senza fare quarantena per accertare l’eventuale contagio, ne sottoposto a tamponi, rischiando di infettare tutti coloro con cui viene contatto: pazienti, colleghi, familiari ecc. Una norma che andrebbe rivista a livello nazionale in tempi brevissimi, vista la rapidità di diffusione del virus tra la popolazione, ma anche in relazione all’obbligo del datore di lavoro di tutelare la salute del lavoratore.