
Pubblichiamo una sintesi della lettera/dossier sul caso Rida Ambiente, impianto di trattamento biologico dei rifiuti inviata alle autorità
Al Sindaco di Aprilia Antonio Terra
Alla Provincia di Latina
All’ARPA Lazio
Alla Regione Lazio
Al Ministro della Transizione Ecologica
Alla Procura della Repubblica di Latina
Al Nucleo antimafia
Al Commissario ad acta per i Rifiuti Lazio
Al Presidente della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti
Alla Commissione europea
Il diritto alla salute negato
Rida nasce nel 2000, su un appezzamento di terreno di quasi 3 ha (perimetro blu) e trattava 28.000 t/a di indifferenziata per produrre ecoballe e tanto sovvallo da discarica. Era un impianto industriale, ma per realizzare il quale sacrificarono incredibilmente una porzione di territorio, in via “sperimentale”, agricolo vincolato, senza preoccuparsi delle ricadute, illudendosi che non avrebbe procurato impatti. Invece, nel giro di pochissimi anni, non solo non cessò la sperimentazione, ma via via si ingrandì, fino a diventare in 20 anni un gigantesco ecomostro, trattando 410.000 t/a, sestuplicando il consumo di suolo agricolo (18 ha e 16 are, in rosso), fagocitando aziende agricole, avvelenando la vita degli abitanti, minacciando chi osa lamentarsi fino a trascinarlo in tribunale e vincendo sempre tutte le cause.
La popolazione interessata dagli IMPATTI prodotti dall’impianto è di circa 5000. Molti si sono ammalati, molti hanno svenduto terra e casa fuggendo, molti sono morti. Gli altri sono esasperati, disillusi e demoralizzati, perché né il tutore della salute pubblica, che ha invece mostrato interesse all’impianto fin dall’inizio, né la ASL, né l’ARPA, né la Polizia locale ha mai fatto niente per limitare, contenere, controllare gli effetti prodotti sul territorio da Rida.
L’ultimo ampliamento è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso dell’esasperazione. Abbiamo riscontrato una serie di irregolarità nella procedura di autorizzazione:
- il comune non ha mai adottato provvedimenti di fronte a situazioni gravi che interessano l’igiene e la sanità pubblica o la sicurezza
- il comune aveva rigettato la SCIA, ma non ha posto sigilli sul cantiere abusivo che tra aprile e giugno aveva abbattuto alberi, sbancato un invaso e colato cemento, impermeabilizzato 3 ha di terreno agricolo;
- la partecipazione pubblica alla decisione è stata impedita dalla totale assenza di pubblicità, di conferenze dei servizi e da un iter adeguato alla mole di varianti sostanziali apportate all’impianto, già non rispettante tutte le prescrizioni;
- la Regione (Tosini) sapendo del diniego alla SCIA, senza conoscere né l’entità del danno, né aver visto il progetto, autorizza un’opera che già era stata realizzata;
- la Provincia non ha impedito la realizzazione di scavi, cementificazioni sull’alveo dei fosso di Acque Pubbliche
- delle oltre 140 prescrizioni, che vincolavano pena la decadenza la prima, la seconda, la terza …autorizzazione, una buona parte non è stata rispettata: barriere antiacustiche, fascia alberata di 5 metri tutto intorno l’impianto, eliminazione edificio vecchi uffici, filtri e dispositivi eliminazione miasmi, riduzione del contenuto di acqua del rifiuto trattato, riduzione delle quantità di sovvallo prodotto,
- A fronte di segnalazioni di tutti i tipi (miasmi, rumori, fari notturni, insetti, topi, scarafaggi, scarichi schiumosi e fetidi nel Rio Torto), le autorità non hanno mai ritenuto necessario monitorare l’impianto e tutte le emissioni prodotte.
Rosalba Rizzuto prima firmataria della lettera
Chiediamo, pertanto che:
- Si imponga l’adozione di tutte le misure per eliminare gli impatti su tutte le matrici ambientali, ricorrendo alle BAT (best avaiable technology)
- Si installi un sistema di rilevamento da remoto di ARPA delle emissioni acustiche, atmosferiche, odorose, idrauliche
- in Italia, si cominci ad affrontare il problema cruciale della RIDUZIONE DEI RIFIUTI,
- si impedisca di implementare insostenibili impianti TMB o TBM, che hanno gravissime ricadute ambientali, sia perchè necessitano di INCENERITORI e DISCARICHE, banditi dal “green new deal”, sia perchè producono tantissimo sovvallo e solo materia da incenerire,
- si obblighi a riconvertirli in “impianti separatori” sul modello londinese, con sovvallo pressoché zero e nessun incenerimento
- ci sia coerenza, nel verso della SOSTENIBILITÀ FORTE, non superficiali e inutili pennellate di greenwashing.