Ascanio Celestini: Anzio, la nostalgia attiva dei fascisti

Pubblichiamo quanto scritto da Ascanio Celestini attore teatrale, regista cinematografico, scrittore, in merito alla mancata revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini, causa del rifiuto del premio per la pace da parte della scrittrice Edith Bruck

LA NOSTALGIA ATTIVA DEI FASCISTI

“Non posso accettare il Premio per la Pace dove è in fermento la nostalgia attiva dell’epoca più vergognosa, incancellabile per chi l’ha vissuta” scrive Edith Bruck al sindaco di Anzio.

La storia è stata raccontata su tutti i giornali.
Ciascuno faccia la propria riflessione. A me ha colpito la lucidità della definizione “nostalgia attiva”. M’ha fatto tornare in mente i racconti di Rosario Bentivegna, partigiano che accese la miccia in via Rasella il 23 marzo del ’44 per segnare uno dei momenti più importanti della lotta di liberazione europea. Rosario diceva che i fascisti si ricordano di lui più di quanto lo facciano gli antifascisti. Da subito mi sono chiesto da dove provenga questa memoria dei nazifascisti. E tra le tante spiegazioni ce n’è una che mi convince più di altre. L’ideologia fascista è forte, ma sostanzialmente è stata sconfitta dalla storia. Forse anche per la sua forza, per il fanatismo becero alimentato da macabre favole sulla razza. Ma i fascisti hanno un amore per il potere e per la sopraffazione che li porta a mettere in secondo piano tutte le loro poche idee. Lo dimostrano ogni volta che ne hanno occasione.
Basta un attimo e sfanculano milioni di italiani pur di stare dalla parte dei tedeschi che ritengono più forti.
Poi sfanculano anche i tedeschi appena si rendono conto che i più forti sono gli americani.
Sposano i governanti democristiani e si vantano di poterli aiutare nelle elezioni di sindaci, presidenti del consiglio e della Repubblica.
Il loro amore per la sacra Patria è così grande che non ci pensano due volte a riempirla di bombe per oltre vent’anni e fare stragi che in altri paesi occidentali non immaginano nemmeno. E, per non perdersi il meglio di quel che offre la fogna, si accoppiano con la criminalità delle bande romane e delle mafie.

Ci chiediamo, dunque, come facciano a sentirsi sempre fascisti allo stato puro. Qui sta la loro forza. Non sono fascisti, ma anticomunisti. Fino a trenta anni fa lo erano in maniera completa. Timbravano il cartellino con i padroni americani e godevano di totale impunità in virtù della guerra fredda contro i bolscevichi. Ma oggi come fanno?
Interpretano fino in fondo (e meglio di noi) il significato dell’essere di sinistra. Se uno di sinistra sa di dover sempre stare dalla parte dei più deboli, degli oppressi, degli sfruttati: i fascisti sanno di dover sempre stare dalla parte degli oppressori, degli sfruttatori, del potere nelle sue mille forme. O meglio: interpretano il fascismo come possibilità di reprimere in ogni modo qualsiasi tentativo di liberazione da parte di chi aspira a non essere più sfruttato e oppresso.

Per utilizzare le parole di Werner Hahlweg applicano la “strategia della reazione flessibile”. Non hanno una propria ideologia, ma semplicemente si pongono in violento contrasto nei confronti di chiunque voglia mettere in discussione il potere, la continuità del sistema, la conservazione.
Negli anni della guerra fredda erano i più violenti soldatini della cosiddetta “controinsorgenza”. Oggi che i movimenti progressisti sono deboli e pochissimo insorgenti, possono senza problemi scendere in strada con chi fa confusione e, soprattutto, lavorare alla riabilitazione dei propri miti.

E fa bene Edith Bruck a non parlare di memoria, ma di nostalgia attiva. Perché la memoria ci porta sulla soglia della storia. E la ricerca storiografica non è tanto flessibile. Per ricordare dobbiamo impegnarci e, forse, ci rendiamo conto di dover studiare per contestualizzare seriamente i nostri ricordi.

Per la nostalgia basta un simbolo, un gagliardetto, uno slogan, un saluto.

Per essere fascisti oggi basta dire che “Mussolini ha fatto anche cose buone” e lasciarlo cittadino onorario.
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