“Usa questa cadenza anche prima del grande risalto televisivo e sventola il vessillo giallo rosso da inizio anni ’90, quando sulla via Nomentana si è compiuta la rivoluzione di Angelo Iezzi. E poco lontano dalla Capitale, sul litorale sud ad Anzio, ha il viso di un’intraprendente donna, Renata Pollastrini, che fece della pizza in teglia sostentamento per la famiglia. “Tutto nasce fra gli anni ’20 e ’30, con mia nonna Renata – racconta Beniamino Colantuono, conosciuto come Nino, della pizzeria Boccione sulla piazza di Lavinio -. Il trisavolo era originario di Torre del Greco, a Napoli, nonna faceva la pizza fritta e la mandava con i ragazzini a vendere sulla spiaggia di Anzio, con o senza lo zucchero”. Per figurarsi la scena basti pensare al film con Sofia Loren, “L’oro di Napoli” ambientandola però, nella mente, a trent’anni prima su un lido ambito per la villeggiatura. Un aneddoto fa sorridere pensando all’intraprendenza della nonna Renata: “Quando andarono i Carabinieri a dirle che non aveva nessuna licenza per questo commercio”, senza perdersi d’animo e nonostante la vocazione di sinistra della famiglia, “pur non avendo alcun titolo di studio e non essendo una donna colta, ha fatto scrivere al Duce. La tradizione familiare vuole che la segreteria del Duce le diede un permesso”. Leggenda o meno, fatto sta che lei continuò a friggere e mandare le sue delizie sulla spiaggia. Sfollati durante la guerra a Mammola, in Calabria, quando tornarono nella appena liberata Anzio insieme al marito Ercole Colantuono aprirono una trattoria sul breve tratto di strada, corso del Popolo, che collega la piazza principale con il Molo Innocenziano. “Lì mia nonna inventa la pizza a taglio. A Roma la vendono a peso, nonna nel ’45 la tagliava sulla teglia e la vendeva a pezzo senza pesarla”. Come usuale ai tempi i forni non erano così diffusi, il pane si portava nel forno del paese segnando le teglie ognuno a modo proprio per riconoscerle dopo la cottura: “Accanto alla chiesa principale, nel vicolo dell’Arte (dove ancora oggi c’è un forno panificio, ndr) c’era l’unico forno del paese: impastava la pizza in trattoria, attraversava la piazza e andava a cuocere le teglie, tornava e la tagliava per venderla comodamente senza doverla pesare”.

Da destra: Renata Pollastrini, Ercole e Beniamino

I sapori delle sue origini campane Renata Pollastrini le porta nella pizza con la verdura, sempre a taglio, che strizza l’occhio alla tiella nel ripieno ma che fra Anzio e Lavinio è tipicità radicata. “La verdura, l’indivia riccia, non è ripassata ma ‘cotta col sale’, pressata e scolata dall’acqua amarognola. All’inizio metteva solo le alici salate perché ad Anzio c’erano quelle e le olive sono venute in seguito, dopo la guerra mancavano”. Curioso pensare che le alici usate da Renata fossero le Pollastrini, conserva tipica di Anzio; curiosa l’omonimia per un qualche tortuoso legame familiare come accadeva nei piccoli paesi. Un andirivieni di teglie fumanti e profumate, un mestiere che si inseriva nelle generazioni tanto che nel ’61 il figlio Silvio decide di aprire a Lavinio (poco distante e nello stesso comune), una rosticceria pizzeria. Mestiere proseguito dal figlio Beniamino, affiancato dalla moglie Paola: “Non è cambiata la mia pizza, lavoro senza bilancia e uso una pentola di cinquanta anni fa per regolarmi con l’acqua. Lavoro qui da 46 anni, vado a occhio: un goccino di olio di girasole, lievitazione empirica e non ho un libro di ricette, dipende dal caldo e dall’umidità”. Brevi lievitazioni, bilanciamento delle quantità di lievito in funzione della temperatura esterna. La pizza con la verdura è sempre lì, diffusasi poi con il tempo in tutto il paese, ed è sempre venduta a pezzo, usanza che contraddistingue la pizza a taglio in tutta Anzio.