Dalla formazione a Vienna dalle isole del nord d’Islanda e Färöer, quando l’arte è un germe di pace e speranza
Di Raffaele Panico
Dall’atto di nascita registrato sappiamo che il padre di Just Oskar era vetraio ed il
nonno calzolaio. Può sembrare poco ma è una prima pietra angolare come il suo
dipinto senza titolo “arte salvata” nelle cure, mente e mani, della ricerca italiana. Dal Dizionario biografico per la storia dei Länder della Boemia, pubblicato dal
Collegium Carolinum da Heribert Sturm (Vol. II, lettere I-M) leggiamo: “
Just Oskar, pittore, 24/03/1895 Kukan distretto di Gablonz (Kokonìn), 15/06/1964 Steyer/OӦ. Dopo la
formazione a Vienna, architetto e pittore a Leitmeritz e Gablonz. Dal 1930 compie
viaggi di studio all’estero in Germania e Scandinavia, pittore in Islanda e nelle isole
Färöer. Residente a Hinterstoder, circondario di Kirchdorf/OӦ (Alta Austria).
Tanto è importante per lo studio della formazione e della produzione di un artista, la sua personalità manifestata attraverso l’arte in un contesto storico, periodo nel quale la vita della singola persona fornisce spesso una testimonianza a volte dettagliata
sempre molto interessante. Ripercorrere il vissuto rimasto sconosciuto nell’ambiente
“letterario” – come si diceva un tempo, consente una maggiore percezione delle
grandi tensioni della vita sociale culturale e civile. Trattiamo di un artista non di un
politico. La sua formazione, le aspettative e le ambizioni sono essenziali quanto
seguire i viaggi e gli spostamenti di lavoro, cose che consentono di ricostruire la
trama delle relazioni esistenti tra ambiti culturali diversi. Sono talvolta gli
“sconosciuti” o i minori, i testimoni più sinceri del loro tempo in quanto investiti da compiti che non li impegnano a sostenere una linea politica precostituita. Si tratta di capire come mai da un contesto e un ambiente rimasto forse provinciale e chiuso, nel corso di pochi decenni della vita e produzione artistica possano venir fuori elementi assai significativi nel dibattito culturale, tanto da apparire personaggi non trascurabili
nelle vicende della storia e delle tragedie del Novecento. I tracciati che tenevano viva una tradizione culturale, nel caso della Boemia la plurisecolare presenza di un
impero, l’asburgico, nel quale dopo le guerre napoleoniche si inseriva la spinta delle nuove idee. Il Romanticismo e quel sentimento del mantenimento della pace dopo il Congresso di Vienna del 1815, condizione vitalistica che consentiva un equilibrio funzionale al cosiddetto “Concerto europeo” tra le grandi potenze, nell’età del positivismo e delle magnifiche sorti e progressive. Con Oskar Just si può parlare di una corrente locale, una tradizione specificamente attenta al paesaggio e ai caratteri dell’animo che, precedette e preparava, quei tentativi oscillanti tra un patriottismo sereno e bucolico e le spinte estreme verso un corso forzoso segnato dai nazionalismi esasperati… Indubbiamente, in Oskar Just, osserviamo l’impegno a tenere insieme un indirizzo ancestrale, pur percorrendo strade pessime e spesso intransitabili. La sua
arte dai tratti bucolici e provinciali si veste di sublime sogno magico e onirico, arte
rivolta al paesaggio e alla natura, risiedendo in una terra nel mezzo di due grandi imperi ai bagliori della prima guerra industrializzata e di massa innescata
dall’attentato di Sarajevo del 1914. L’Europa continuava senza soluzione la corsa alla dis-armonia e al dis-amore per la vita e il vitalismo, una tragedia, una catastrofe, la morte di massa la cosiddetta guerra dei Trent’anni 1914-45, un verso unico dove precipitavano, nell’orizzonte degli eventi, anche le piccole patrie, strette e confinanti al caro vecchio blocco d’acciaio e carne da cannoni dell’intero Continente. Oskar Just
nel tempo, giunge sino a noi con contemporaneità filosofica del pensiero: dipinge in Scandinavia e in Germania negli anni Trenta, poi in Islanda e nelle isole Färöer nel secondo dopoguerra, per terminare la sua esistenza terrena in Alta Austria.
L’interesse principale nell’arte di Oskar Just era assicurare l’essenza di una quiete e la tranquillità delle sue rappresentazioni con ritratti di persone giovani ed anziane, con opere in prospettive paesistiche, tra figure e popolazioni, non certo partecipi allo sviluppo delle forze titaniche nefaste, totalizzanti, che demoliranno l’intero
continente sotto cingoli gas e con schegge d’acciaio, nessuno escluso. Questo studio, il più recente, sul pittore Oskar Just, sottolinea che, quand’anche il governo è il peggiore tra i totalitarismi del XX secolo, l’uomo – e l’artista, si trova impegnato in tentativi nel dare forma e bellezza, queste sì carenti nella enorme propaganda totalitaria polverizzata, rimanendo, la sua arte, ai confini di quella patria perduta. Una esaustiva antologia sull’intera produzione di Just crediamo non si discosti dal tratto iniziale, tanto per dare un doveroso giudizio. È quanto basta esser partiti dalla sua opera giovanile, “arte salvata” e, quando sostenuta e robusta sarà la ricerca storico
artistica, confidiamo si continui, questa contribuirà non solo a dare voce al “realismo magico onirico” di Oskar Just, dai Paesi dove con i suoi viaggi ha operato, ma siamo certi che di fatto ha già lanciato un individuale contributo portatore di un germe, la pace e la serenità nei nostri Paesi e paesaggi dell’Animo.