“Lei crede alla felicità?”
“Non credo a nulla di assoluto”.
Questa non è la fine di una storia a cui siamo abituati. Non è un amore disperso, mancato, lasciato andare, quello che Greene in “Fine di una storia” per Sellerio, ci offre è la possibilità di pensare che l’amore abbia diverse sfaccettature e che oltre all’amore terreno esiste un amore intangibile, capace di dare una direzione agli eventi della vita, quello per Dio.
Sarah, Bendrix e Harry, un triangolo che diventa quadro quando entra in scena la fede di Sarah che mai pensava di poter avere.
La fede la vede rinunciare alla passione, alla carnalità, alle viscere, alle unghie affondate sui palmi di Bendrix che nella sua vulnerabilità di scrittore diventa fuoco acceso di gelosia.
Poi c’è Harry, il marito di Sarah, fedele, placido, rigoroso, sospettoso ma come se accettasse la volubilità di Sarah nel cadere preda di questo amore.
Cosa c’è qui dentro: amore. Amore in tutte le sue costellazioni, in tutto il rigore e in tutto il ribaltamento di ogni regola. C’è Dio, durante la seconda mondiale e forse l’anima ferita e lacerata dalle bombe che vorrebbe solo sentirsi leggera ma per farlo ha bisogno di sperare.
Ci sono anche i sentimenti più oscuri, rabbia, odio, gelosia e c’è anche un principio di amicizia.
Infine c’è umanità. L’umanità in tutta la sua meravigliosa spregevolezza e bellezza.
Ci si cerca per simili solitudini e quando ci si riconosce potrebbe essere il paradiso ma anche l’inferno, dipende da quanto lavoro si è compiuto su se stessi.