Operazione SCARFACE
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Questa mattina la Polizia di Stato di Latina e Roma, coordinata dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, ha dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal GIP di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, nei confronti di 27 persone, sottoponendo al contempo alla misura degli arresti domiciliari altri 6 soggetti, tutti a vario titolo indiziati nell’ambito della medesima indagine di aver commesso reati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, sequestro di persona, spaccio di droga, furto, detenzione e porto abusivo di armi, reati aggravati dal metodo mafioso e da finalità di agevolazione mafiosa .
L’indagine in argomento, eseguite dai poliziotti della squadra mobile, ha ad oggetto il “clan” DI SILVIO riconducibile a DI SILVIO Giuseppe detto Romolo, organizzazione strutturata su base familiare e territoriale già protagonista di gravissimi episodi criminali a Latina: il capostipite Giuseppe DI SILVIO detto Romolo è attualmente ristretto in carcere in espiazione di una lunga pena detentiva poiché condannato con sentenza definitiva, insieme al nipote, per l’omicidio di Fabio BONAMANO, avvenuto nell’anno 2010.
Nell’ambito dell’inchiesta odierna, è stato, quindi, possibile ipotizzare l’esistenza di un gruppo organizzato di soggetti principalmente dediti all’estorsione ed al traffico illecito di stupefacenti che si è nel tempo sempre più radicato sul territorio di Latina.
Le indagini sviluppatesi mediante intercettazioni telefoniche, ambientali e riprese video, sono state arricchite dal contributo delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia oltre che da quelle rese dalle vittime delle numerose estorsioni, alcune delle quali già oggetto di contestazione con l’operazione MOVIDA, conclusa nel mese di Dicembre 2020, allorquando venivano tratti in arresto altri esponenti di spicco del clan Di Silvio.
Le indagini traggono spunto da alcune spedizioni punitive organizzate nel centro storico di Latina e da richieste estorsive rivolte ad esercenti commerciali della cosiddetta MOVIDA, che evidenziavano il tentativo da parte della famiglia DI SILVIO di assumere il controllo del territorio in questa parte della città: venivano quindi avviate le attività di intercettazione telefonica ed ambientale sul conto di Giuseppe DI SILVIO (cl. 1966) detto “ Romolo”, il quale impartiva le direttive dal carcere romano di “ Rebibbia N.C.” attraverso i suoi fidati familiari.
Emergevano, innanzitutto, una serie di estorsioni realizzate verso imprenditori o anche semplici cittadini, i quali soltanto per la notorietà del nome o la vicinanza degli estorsori alla famiglia DI SILVIO si sarebbero assoggettati alle loro richieste, avendo gli autori fatto valere la forza di intimidazione promanante dalla propria presunta appartenenza alla famiglia DI SILVIO, della quale è ben nota la caratura criminale e la possibilità di mettere in atto ritorsioni violente, disponendo anche di armi.
Tali episodi estorsivi evidenziano come i DI SILVIO facenti capo a DI SILVIO Giuseppe detto Romolo riescano ancora oggi ad incutere timore, a piegare la volontà delle vittime, in alcuni casi vessate da anni, il tutto senza subire denunce in ragione del clima di omertà ingenerato proprio dal terrore che gli appartenenti al clan incutono sulla popolazione locale.
Nello specifico, sono state riscontrate una serie di attività estorsive messe in atto nei confronti di gestori di ristoranti o commercianti, i quali da tempo sono costretti a sopportare che i predetti indagati consumino pasti gratuitamente oppure fissando il prezzo di acquisto di merce di vario genere, alimentari e capi d’abbigliamento, pagando somme irrisorie autonomamente determinate.
Nella medesima direzione, emergevano poi vicende estorsive collegate alla vendita di sostanza stupefacente ad assuntori fidelizzati, in molti casi cessioni di cocaina studiate proprio per porre il consumatore in uno stato di soggezione, da cui pretendere il pagamento di interessi usurari.
In tale contesto, le indagini permettevano di documentare la commissione da parte del clan DI SILVIO di alcuni reati contro il patrimonio che rivelano la vera forza e caratura di questa organizzazione criminale, capace in breve tempo di organizzare e consumare, nel mese di ottobre 2019, un furto all’interno di una sala slot, sita nel centro città, da cui veniva ricavato notevole profitto economico ammontante ad oltre diecimila euro, di cui quattromila in denaro contante .
Nello stesso anno, inoltre, si è verificato il rapimento di P.E. spacciatore della famiglia DI SILVIO, poi divenuto collaboratore di giustizia, che ha lasciato emergere le dinamiche criminali della famiglia DI SILVIO, la quale da anni sembra controllare territori della città di Latina ed interi settori delle attività criminali.
E’ stato documentato un episodio di particolare rilevanza che ha visto affrontarsi le famiglia CIARELLI e DI SILVIO con il rischio di uno scontro armato tra i due gruppi familiari.
Le indagini permettevano di ipotizzare l’esistenza di un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, marijuana ed hashish, e l’esistenza di uno stretto e stabile rapporto di collaborazione nello spaccio di droga tra la famiglia di DI SILVIO Giuseppe detto Romolo e quella del fratello.
La stessa associazione è stata in grado di mettere in atto spedizioni ritorsive armate nei confronti di soggetti morosi nel pagamento dello stupefacente.
Una delle principali piazze di spaccio gestite dal gruppo è risultato il centro storico di Latina con particolare riferimento alla “zona dei pub” lasciata per così dire libera dopo l’arresto dei fratelli TRAVALI, in quanto erano loro ad averne il controllo.
In tale direzione, poi, sono diversi gli episodi nei quali gli appartenenti al clan DI SILVIO avrebbero rimarcato il loro potere sul territorio facendo riferimento al controllo di intere zone della città, in particolare la zona dei pub, la zona di Piazza Quadrato, sia con riguardo al settore criminale dello spaccio di stupefacenti, sia con riguardo alle attività estorsive, tanto che alcune persone sentite a sommarie informazioni hanno affermato di non frequentare più determinate zone per evitare di incontrarli e subire vessazioni.
Le indagini hanno inoltre permesso di ipotizzare come i DI SILVIO abbiano occupato anche una fetta delle piazze di spaccio nei comuni limitrofi a quelli di Latina, come Priverno, Sezze e Pontinia grazie alle attività ivi svolte dai loro pusher, i quali avrebbero coadiuvato i capi e gli organizzatori nell’attività di spaccio, in particolare provvedendo alla distribuzione al minuto dello stupefacente.
Allo stato, le indagini permettono di ipotizzare che dopo l’omicidio consumato ai danni di DI SILVIO Ferdinando, detto il Bello, dunque, il ruolo di capo di tale sodalizio sarebbe stato assunto dal fratello Giuseppe DI SILVIO, detto Romolo, che sembra il punto di riferimento della citata consorteria criminale.
Viene in rilievo, in proposito, il passaggio di un’intercettazione nella quale DI SILVIO Giuseppe detto Romolo dice al genero “che deve tenere tutta la città in mano”, rimarcando quindi il fatto che l’obiettivo dell’associazione è conquistare sempre maggiore potere, non solo nel campo dello spaccio degli stupefacenti ma anche nel controllo del territorio, inducendo gli altri componenti della famiglia a fare riferimento a lui anche con riguardo alla distribuzione dei profitti.
Sono infine emersi gravi indizi di colpevolezza a carico di Z.A e D.V.M. in merito ad una tentata estorsione ai danni di due acquirenti di droga, originari di Latina, in relazione ad un pregresso debito di droga pari a circa 6000 euro che questi ultimi avevano contratto.
Tale episodio pare evidenziare, da un lato, il coinvolgimento di Z.A nell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti, dall’altro, la caratura criminale che continua ad avere sul territorio di Latina, avendo partecipato, nonostante la sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, alla violenta aggressione nei confronti di uno dei due acquirenti, in conseguenza della quale veniva condotto in Ospedale dove gli venivano diagnosticate lesioni giudicate guaribili in 10 giorni.