Sei anni e 4 mesi per Manlio Cerroni, il re dei rifiuti di Roma, tre anni per il suo braccio destro Francesco Rando. Sono le condanne emesse dalla terza Corte d’Assise della Capitale al termine del procedimento per disastro ambientale e disastro colposo riguardante la mancata messa in sicurezza della discarica di Malagrotta, così come era stato prescritto da un’ordinanza del comune di Roma nel 2011.
La procura capitolina aveva chiesto pene superiori, 17 anni per Cerroni, 11 per Rando, contestando agli imputati di avere avvelenato le falde acquifere utilizzate per l’irrigazione e per l’allevamento di animali e di avere omesso di coprire l’impianto, il cosiddetto “capping” che avrebbe evitato il passaggio del percolato inquinante dalla discarica più vasta d’Europa ai terreni circostanti. Un’alterazione dell’ecosistema e un’offesa alla pubblica incolumità – secondo l’accusa.
La sentenza è definita “storica” da Legambiente, una delle associazioni che si sono costituite parti civili nel processo. “Ora la sfida – dicono il presidente nazionale Ciafani e quello regionale Scacchi – è portare avanti la bonifica grazie al lavoro della struttura del commissario generale Giuseppe Vadalà”.
Annuncia ricorso in appello il legale di Cerroni Alessandro Diddi, secondo il quale l’istruttoria non ha individuato il punto esatto in cui il percolato sarebbe fuoriuscito dall’impianto.
Cerroni, 97 anni, e Rando, ultraottantenne, sono stati condannati anche a pagare le spese processuali e la corte ha stabilito a loro carico un risarcimento complessivo di 500mila euro a favore delle parti civili, tra le quali anche Roma Capitale e la Regione Lazio.