“Tu sei nato imperatore.”
Il titolo e la copertina ti danno la dimensione di una favola, a tratti potrebbe esserlo, una favola antica e moderna, in cui tutti, o quasi, i personaggi sono realmente esistiti.
Diego Cugia con Il Principe azzurro (Giunti) ci consegna la storia di Corradino di Svevia, un ragazzino di soli sedici anni che con cinquecento anni di anticipo su Garibaldi, tentò di liberare e unificare l’Italia.
Progetto ambizioso, ma per chi è nato imperatore con un un orecchio ben presente sul cuore, più dell’ambizione c’è la responsabilità.
Un lungo viaggio, non solo fisico, anche interiore, grazie a Yesuf e il falco Vivit, un viaggio che impone un allenamento alla vita, a coglierne la vera essenza, quella profonda, quella che non passa attraverso i colpi di spada e le cavalcate a cavallo, non passa per mantelli e stemmi araldici, ma scorre nei vasi sanguigni.
Corradino ci cambia, ci dà la possibilità di indagarci, di chiederci se noi quel cuore lo stiamo ascoltando, se il coraggio passa solo attraverso la strategia o per connotazione geografia della parola, attraverso il cuore?
Fiammetta, amore della sua breve ma intensa vita, tradita dal padre Frangipane che coglierà i due giovani della meravigliosa cornice di Torre Astura a Nettuno. Dentro il castello circondato dal mare, dopo un lungo bagno nelle acque cristalline e dopo aver consumato l’amore.
Una storia di potere, di avidità, di rapporti umani che si intrecciano. Una storia che snocciola i rapporti familiari, su tutti quello di Elisabetta di Baviera e suo figlio, Corradino, una donna fredda, distaccata, calcolatrice che però davanti alla decapitazione del figlio mostra tutto il suo lato materno.
I figli non vanno baciati, vanno subito resi guerrieri, questo il motto silenzioso. Soprattutto se orfani di un padre e un nonno che hanno fatto la storia: Corrado IV e Federico II, lo stupor mundi.
Mi sono catapultata alla fine del 1200, ho visto con i miei occhi la storia, mi ci sono catapultata, tra realtà e finzione credo di aver compreso il messaggio che questo adolescente cresciuto tanto in fretta volesse inviarmi: la libertà ha un prezzo, che vale il viaggio.