Venerdì 18 dicembre 2015, alle ore 17.00 in punto, presso la “Sala dei Sigilli” del Forte Sangallo di Nettuno, si svolgerà la presentazione del libro di poesie “L’edificio fermo”, di Ugo Magnanti, edizioni FusibiliaLibri. Il volume è prefato da Antonio Veneziani, tra gli autori più rappresentativi della cosiddetta “Scuola Romana di poesia”, con una nota di Cristina Annino, e tre fotografie di Angelina Chavez.
Interverranno insieme all’autore, il critico letterario e poeta Plinio Perilli, e il poeta Luca Frudà. L’incontro sarà coordinato da Eugenio Bartolini, dell’Università Popolare di Roma. L’evento è a cura di Fusibilia Associazione Culturale.
Si tratta della terza presentazione, dopo quella del 27 marzo alla libreria Pellicanolibri di Roma con Antonio Veneziani, Marcia Theophilo, e Beppe Costa, e quella del 23 aprile a Villa Sarsina in Anzio, con Rino Caputo, Letizia Leone, e Maurizio Urbani.
In una nota all’“Edificio fermo”, Dante Maffia, poeta candidato al premio Nobel, parla di un libro che ha “una sua valenza alta” e che “senza servirsi di clamori musicali o di impennate liriche ci accompagna alla scoperta di alcune verità imponderabili colte sul filo dello sguardo e su quello della memoria”. Per Maffia “non ci sono eccessi”, nelle pagine del libro, in cui “la sintassi e i vari quadri” sono dominati “da un equilibrio” che il grande calabrese non esita a definire “bacchelliano”, per un “risultato” complessivo “molto convincente”.
Beppe Costa, fra i maggiori poeti italiani, nome legato alla prima applicazione della Legge Bacchelli, scrive che con l’“Edificio fermo” di Ugo Magnanti, “a partire dall’entrata fino all’uscita non puoi non provare che una commozione profonda, sapendo che il poeta può soltanto mostrare i propri dubbi o il proprio candore con estrema dignità avviandosi verso quella magnifica e dolente strada che è lo sguardo altrui, essendone anche il riflesso. Ogni stanza dell’edificio, nella parola poetica, esprime e rappresenta una parte del nostro vivere comune: dalla vanità alle illusioni, dalla morte improvvisa o nascosta all’incanto d’amore”.
Ma la bellezza dell’“Edificio fermo” non è solo nello stile personale, composto, fluido, bensì anche in un “discorso poetico incentrato sulla disseminazione dell’io”, così afferma il critico Giorgio Linguaglossa in una nota in cui parla dei 42 testi che compongono il libro quali poesie che “cominciano ad ogni stanza daccapo come un pensiero rimosso che non può essere pronunciato”. “Per 42 volte” continua il critico, “Magnanti si prova a ricominciare daccapo, alla ricerca del «nome» che sfugge. La versificazione procede per contiguità e per affinità, in modo razionale come può essere razionale un incubo o un sogno sospeso tra i realia del sogno e il nulla…”.
In una nota all’“Edificio fermo” la poetessa e critica Letizia Leone afferma che nel libro “…la poesia vive di più livelli interpretativi … e il verso calibrato ed evocativo assolve magistralmente questa funzione: siamo dentro un ariostesco Palazzo di Atlante (metafora dell’esistenza) dove ogni passo destabilizza, e dove l’esplorazione slitta nell’allucinazione di quelle vane apparenze, speranze e simulacri che già una volta hanno disorientato Orlando”.
Per il docente Maurizio Urbani “la poesia di Ugo Magnanti nasce dalla percezione di una perdita, sotto il segno del dolore più inconsolabile. Per altro, sulla ferita aperta il poeta non esita a cospargere sale. Da una parte, rovesciando con furia quasi iconoclastica tutta la sua rabbia sui riti artificiali e fasulli della nostra quotidianità. Dall’altra, recriminando per sé la mancanza di adesione alla vita e la perdita di “purezza”. Ingresso libero