Da i “Racconti di Porto d’Anzio”: Le vie degli antichi mestieri 1
Nel centro storico di Anzio ben tre viuzze che collegano via Gramsci alla Riviera Zanardelli prendono il nome dagli antichi mestieri che si esercitavano in centro, mestieri da cui nasce e si sviluppa il paese, chiamato “Portodanzo” fino ai primi dell’ottocento.
Via dei Pescatori è così chiamata perché era frequentata soprattutto dai pescatori. Ai tempi la zona era lambita dal mare, la spiaggia arrivava sulla strada di Riviera Zanardelli e non vi si trovava nessuno degli attuali cantieri navali.
Quando ero bambino mia zia Maddalena Spina mi raccontava che il mare arrivava sino in piazza, a poche decine di metri dalla chiesa. All’epoca le barche da pesca erano tirate a secco sulla battigia, dove veniva scaricato direttamente il pesce e le donne allestivano una cucina, continuando lì la vita sociale e familiare. Zuppe e pesce arrostito su enormi graticole spandevano profumi sublimi in tutto il centro, attirando molti villeggianti. Ancora non esistevano frigoriferi, per cui il pesce doveva essere lavorato tramite cottura, salagione o messo sott’olio. Le calde serate primaverili ed estive divenivano momenti magici per degustare i piatti tipici di Anzio e davano la possibilità ai pescatori e alle proprie famiglie di esaurire il pesce fresco giornaliero avanzato dalla vendita al dettaglio. Da queste numerose serate nacque anche la tradizione culinaria della città, ancora oggi molto apprezzata.
Via dei Calafati prende il nome da un altro antico mestiere di Anzio. Il calafato si occupava di impermeabilizzare lo scafo delle imbarcazioni con la stoppa, inserita tra le fessure che si formavano tra una tavola e l’altra, per poi ricoprire il tutto con la pece. Si tratta di un mestiere antichissimo, in origine praticato solo dai marinai, e se ne hanno testimonianze millenarie grazie al ritrovamento di un’anfora contenente della resina destinata alla riparazione delle imbarcazioni.
Nel 1700 la costruzione del porto rese ancor più necessaria l’opera dei calafati. Si racconta che in quel periodo a svolgere questo lavoro fossero i detenuti delle vecchie carceri, addetti alla manutenzione delle barche. Poi, con l’insediamento della popolazione migrata dal Circeo, da Formia, da Torre Annunziata e da Torre del Greco, arrivarono in paese altri calafati e maestri d’ascia come i Lazzarini e i Gallinari, che ebbero modo di creare i primi cantieri navali e di costruire importanti imbarcazioni. Via dei Calafati oggi è ridotta a pochi metri, a causa delle nuove costruzioni sorte nel corso del novecento.
Via dei Salatori è l’unica delle tre piccole strade che è stata interrotta dalla costruzione dei palazzi e non sbuca più a Riviera Zanardelli. È dedicata a tutti quei Portodanzesi che per decenni si sono occupati della salagione del pesce azzurro, in particolare delle alici, attività che dava modo sia di conservare il pescato in esubero che di trarre guadagno nel periodo invernale, una provvista alimentare importante per tante famiglie. Il lavoro era preso molto in considerazione dalle autorità comunali, che provvedevano al rifornimento annuale del sale marino presso l’Intendenza della Finanza. In via XXII gennaio, dove adesso si trova la tipografia, si può scorgere l’incavo di scolo lungo le mura dei palazzi che faceva da canale per il drenaggio delle acque di lavorazione. La salamoia, o l’acqua per la pulizia del pesce che ne usciva, arrivava fino a mare seguendo la pendenza delle strade. I pesci azzurri lavorati con il sale erano le alici, i maccarelli, i sugherelli e le sardine, e ad Anzio la ditta Pollastrini fu la prima grande industria nata per la conservazione del pesce inscatolato, venduto poi in tutto il mondo.
Rubrica a cura di Claudio Pelagallo
Questo racconto, pubblicato con l’autorizzazione dell’autore, è tratto dal libro “RACCONTI DI PORTODANZIO ” di Ciro Spina, edito dall’Associazione Culturale 00042