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Il reale valore del “uno vale uno”: tra ideale democratico e limiti della realtà

 

.Il concetto di “uno vale uno” è emerso con forza nel dibattito pubblico italiano, diventando un pilastro ideologico per alcuni Movimenti politici e un punto di discussione centrale sulla natura della democrazia. A prima vista, l’idea è seducente: ogni cittadino ha lo stesso peso e la stessa dignità, e la sua opinione, il suo voto, la sua partecipazione valgono esattamente quanto quelli di chiunque altro. Ma qual è l’effettivo valore di questo principio quando si scontra con la complessità della società e della governance?

L’ideale Democratico di Pari Dignità

Alla base, “uno vale uno” incarna un ideale fondamentale della democrazia moderna: la parità di dignità e diritti di tutti i cittadini. In un sistema democratico, il voto di un premio Nobel non dovrebbe avere un peso maggiore di quello di un disoccupato. Questo principio mira a garantire che la sovranità appartenga realmente al popolo, superando logiche oligarchiche o elitarie. L’enfasi sulla partecipazione diretta, sulla trasparenza e sulla possibilità per ogni individuo di influenzare le decisioni pubbliche è un obiettivo nobile e, in teoria, un baluardo contro la corruzione e la distanza tra rappresentanti e rappresentati.

In un’epoca di crescente disillusione verso le istituzioni tradizionali, il “uno vale uno” ha offerto una promessa di restituzione del potere ai cittadini, incoraggiando una maggiore responsabilizzazione individuale e collettiva. Ha promosso l’idea che le decisioni non debbano essere monopolio di “esperti” o “professionisti della politica”, ma scaturire da un processo partecipativo più ampio.

I limiti e le sfide del “uno vale uno” nella pratica

Tuttavia, l’applicazione rigida del principio “uno vale uno” si confronta rapidamente con la dura realtà della complessità sociale e decisionale.

Innanzitutto, la competenza e la conoscenza specifica non possono essere ignorate. Sebbene ogni cittadino abbia il diritto di esprimere un’opinione, non tutte hanno lo stesso fondamento in termini di dati, analisi e comprensione delle dinamiche sottostanti. Decisioni complesse, come quelle economiche, sanitarie o geopolitiche, richiedono spesso un approfondimento e una preparazione che difficilmente possono essere raggiunti da una conoscenza diffusa e generalista. Il rischio è quello di cadere nella demagogia, dove la semplificazione eccessiva prevale sulla ponderazione e la lungimiranza. Un concetto che gli antichi greci, attraverso lo storico Polibio definirono oclocrazia, che stima la durata di una democrazia, ovvero d’un saggio governo d’uguaglianza, “finché sopravvivono cittadini che hanno sperimentato la tracotanza e la violenza, che stimano più di ogni altra cosa l’uguaglianza di diritti e la libertà di parola; ma quando la democrazia viene trasmessa ai figli dei figli di questi […] viene abolita e si trasforma in violento populismo”. Un inevitabile decadimento, un concetto che nell’Ottocento viene condensato in “tirannia della maggioranza” e che a me pare ritrovarsi nell’odierno “uno vale uno”, pericoloso e utopistico.

In secondo luogo, la rappresentanza politica stessa è messa in discussione. Se “uno vale uno” implica una democrazia diretta spinta all’estremo, si pone il problema dell’efficienza e della governabilità. Non è praticabile sottoporre ogni singola decisione a referendum popolare. La delega a rappresentanti eletti, con le loro responsabilità e la necessità di mediare interessi diversi, rimane un meccanismo essenziale per il funzionamento di uno Stato moderno. Il pericolo è che un’eccessiva enfasi sulla volontà popolare immediata possa portare a decisioni impulsive o demagogiche, senza la necessaria mediazione e sintesi politica.

Infine, la questione della responsabilità è cruciale. Se la decisione finale è il frutto di un processo in cui “uno vale uno”, chi si assume la responsabilità delle conseguenze, soprattutto se negative? La delega a rappresentanti, per quanto imperfetta, comporta anche una chiara attribuzione di responsabilità politica.

Oltre lo slogan: un equilibrio necessario

In conclusione, il “uno vale uno” è un concetto potente che ricorda l’essenza egalitaria della democrazia e la necessità di una partecipazione civica attiva. Il suo valore risiede nel richiamo alla centralità del cittadino e alla lotta contro le derive tecnocratiche o oligarchiche.

Tuttavia, per non trasformarsi in un principio paralizzante o potenzialmente dannoso, deve essere bilanciato con la consapevolezza delle competenze, la funzionalità della rappresentanza e la responsabilità delle decisioni. Il vero valore del “uno vale uno” non sta nella negazione della complessità, ma nella capacità di integrare la partecipazione popolare con la necessità di competenza, mediazione e governabilità.

Forse, il messaggio più importante che possiamo trarre è che, mentre ogni voce merita di essere ascoltata e rispettata, la costruzione di una società complessa e giusta richiede anche la capacità di distinguere, approfondire e agire con lungimiranza, riconoscendo il valore della conoscenza e della responsabilità collettiva.

Eduardo Saturno

 

 

 

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