Università Agraria, danno erariale e condanna da 33mila euro per Giuseppe Vari, Valter Conte, Romualdo Danti, Emanuele Ciapetti e Paolo Cardinali

Sentenza della Corte dei Conti della regione Lazio. All’ex presidente Belleudi erano stati erogati 12.500 euro per un trattamento di fine mandato non previsto dalla legge

Con l’accusa di danno erariale per consulenze avvenute in violazione dei principi regolatori degli incarichi in materia, la Corte dei Conti sezione giurisdizionale per la Regione Lazio ha condannato al pagamento di 33.355 euro,  in favore dell’università Agraria di Nettuno, Giuseppe Vari (per 11.000 euro), Valter Conte (11.000 euro), Romualdo Danti (4.882 euro), Paolo Cardinali (2.249 euro) e Emanuele Ciapetti (2.632 euro). In più il pagamento delle spese di giudizio, pari a 1.592 euro. Il fatto parte a marzo del 2012, quando è stata presentata alla Procura regionale una denuncia  sull’ipotesi di danno erariale legato all’erogazione in favore dell’ex presidente dell’Università Agraria di Nettuno, Carlo Belleudi, di un trattamento di fine mandato per la sua attività di presidente dell’Agraria dal 5 giugno 2006 al 23 maggio 2011 (data in cui era cessato l’incarico) non previsto dalla legge, e disposta per 12.500 euro. Con delibera del 18 novembre 2011, inoltre a Belleudi era stato conferito anche un incarico di consulente. Il danno erariale corrisponde ai compensi erogati al consulente dall’inizio della collaborazione fino all’aprile 2013, per un importo di euro 29.465 euro. Alla determinazione del danno, si legge nella sentenza, hanno concorso il presidente Giuseppe Vari e i deputati dell’università Danti e Cardinali, con l’assistenza del segretario Conte, che ha espresso parere favorevole sulle delibera di indennità di fine mandato. Già a novembre 2013 l’Università agraria era stata coinvolta in una sentenza della Corte dei Conti, che riguardava l’appropriazione di 150mila euro, di appartenenza dell’ente, da parte di Emilio Gallo, che in qualità di segretario dell’agraria era stato autorizzato a compiere per conto dell’ente investimenti in titoli non vincolati.

Di seguito il testo della sentenza del 25 febbraio 2014.

Sent. N. 172/2014       REPUBBLICA ITALIANA

In nome del popolo italiano

la

Corte dei conti

Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio

composta dai seguenti magistrati:

dott. Ivan De Musso                                               Presidente

dott.ssa Maria Teresa Docimo                             Consigliere

dott. Franco Mencarelli                                         Consigliere relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul giudizio di responsabilità iscritto al n. 73270/R del registro di segreteria, instaurato ad istanza del Procuratore regionale nei confronti di VARI Giuseppe; DANTI Romualdo; CARDINALI Paolo e CIAPETTI Emanuele, assistiti e rappresentati dall’avv. Guido Fiorillo, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Anzio, via Mencacci, n. 3, e CONTE Valter, assistito e rappresentato dall’avv. Claudio Andreozzi, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, via Silvio Pellico, n. 24.

Uditi nella pubblica udienza dell’11 febbraio 2014, con l’assistenza del segretario dott.ssa Sarina Anna Ponturo, il relatore dott. Franco Mencarelli, gli avv.ti Paolo Ingratta, per delegadell’avv. Claudio Andreozzi, e Guido Fiorillo per i convenuti ed il PM nella persona del Vice procuratore generale dott. Antonio Giuseppone.

Visto l’Atto di citazione in data 15 ottobre 2013.

Visti gli altri atti della causa

FATTO

In data 27 marzo 2012 perveniva alla Procura regionale una denuncia relativa ad una possibile ipotesi di danno erariale connessa alla erogazione in favore dell’ex Presidente dell’Università agraria di Nettuno sig. Carlo Belleudi, di un trattamento di fine mandato (per la sua attività di Presidente dell’Università agraria dal 5 giugno 2006 al 23 maggio 2011 data di cessazione) non previsto dalla legge, disposta per euro 12.500,00 lordi.

Erogazione disposta con deliberazione n. 17 del 28 novembre 2011 adottata dalla Deputazione agraria (composta dal presidente Giuseppe VARI e dai deputati Romualdo DANTI, Paolo CARDINALI e Mario Pitò) resa immediatamente esecutiva ai sensi dell’art. 134, comma 4, d. l.vo n. 267/2000, con mandato di pagamento di euro 12.499,80 emesso il 12 dicembre 2011.

Si aggiunge che con altra deliberazione (n. 11 del 18 novembre 2011) al Belleudi era stato conferito un incarico di consulente.

In proposito nell’Atto di citazione si rappresenta che la richiesta di liquidazione di tale trattamento era stata avanzata il 3 giugno 2011 dallo stesso Belleudi al Commissario straordinario regionale dell’Università agraria dott. Edoardo Serata. Questi aveva ricevuto dal dott. Bruno Barbona, consulente del lavoro, due note del 14 marzo 2011 e del 27 maggio 2011 (ancor prima della formale richiesta del Belleudi) indicanti diversi importi della indennità da concedere: l’uno di euro 8.897,10 e l’altro di euro 12.500,00. Lo stesso Commissario straordinario, con nota del 1° agosto 2011, chiedeva chiarimenti al dott. Barbona su tale discrepanza; avanza altresì alla Regione Lazio richiesta di parere sulla spettanza alla indennità “atteso che, lo Statuto dell’Ente nulla prevede in ordine alla corresponsione del TFM richiesto dal geom. Carlo Belleudi”.

Intervenuta la risposta dell’8 agosto 2011 del dott. Barbona sulle differenti modalità di calcolo dell’indennità, nelle more del parere richiesto alla Regione Lazio, in data 3 novembre 2011 si insediava la nuova Deputazione agraria dell’università. Questa il 28 novembre 2011 (in una delle prime sedute) approvava all’unanimità la deliberazione n. 17 di liquidazione del trattamento di fine mandato in oggetto, senza attendere il parere in oggetto.

Alla deliberazione, adottata col parere favorevole del segretario sig. Valter CONTE, veniva riconosciuta – si rileva ancora nell’Atto di citazione – l’immediata esecutività nonostante l’assenza di qualsiasi presupposto di urgenza e di specifica votazione come previsto dall’art. 134 d. l.vo n. 267/2000. Il 12 dicembre 2011 veniva disposto il mandato di pagamento n. 167 a favore del Belleudi per euro 12.499,80, con liquidazione infine del dicembre 2011.

Contestualmente la Regione Lazio con nota prot. n. 52874 del 6 dicembre 2011 (protocollata il 13 dicembre 2011 dall’Università agraria ) rendeva il parere richiesto nel senso di una chiusura netta a qualsiasi ipotesi di corresponsione di indennità al Presidente uscente. In particolare si premetteva che l’erogazione di un trattamento di fine rapporto presuppone l’esistenza di un rapporto di lavoro, nella specie inesistente essendo la Presidenza dell’Università agraria una carica elettiva. Soprattutto nella nota si evidenziava che lo Statuto dell’Università agraria “non prevede alcuna forma di remunerazione differita al momento della scadenza del mandato del Presidente”. Né, comunque, poteva ritenersi applicabile al Presidente l’integrazione di alcun mandato in quanto lo Statuto faceva riferimento all’indennità del Sindaco “esclusivamente come parametro al fine di quantificare i compensi spettanti al Presidente”.

Nonostante il chiaro contenuto della nota, non veniva avviata alcuna azione di recupero di quanto indebitamente corrisposto.

A seguito poi di accertamenti disposti sul c/c bancario n. 50001 aperto presso la BCC di Nettuno (cui è affidato il servizio di tesoreria dell’Università agraria ) si verificava che in data 9 dicembre 2011 alle ore 12.06 (e quindi addirittura tre giorni prima del mandato di pagamento n. 167) era stato disposto l’ordine di bonifico per euro 8.932,23 in favore del Belleudi. Su tale conto erano abilitati ad operare il Presidente (VARI) e il segretario dell’Università (CONTE).

Nell’Atto di citazione si rappresenta altresì che la Deputazione agraria dell’Università con deliberazione n. 11 del 18 novembre 2011 conferiva incarico di consulente al sig. Belleudi con atto illegittimo in quanto carente delle condizioni previste dalla legge (artt. 7, comma 6, 36 e 53 d. l.vo n. 165/2001; artt. 88 e 92 d. l.vo n. 267/2000). Incarico, oltretutto, di oggetto generico e durata spropositata (prima per tutta la durata del mandato del Presidente, poi riparametrata ad un anno, rinnovabile, come poi accaduto per un altro anno). Compenso pari a euro 1.600,00 mensili.

Il danno erariale relativo corrisponde – secondo l’Atto di citazione – ai compensi erogati al consulente dall’inizio della collaborazione e almeno fino all’aprile 2013 per un importo complessivo di euro 29.465,86, attesa la successiva delibera della Deputazione agraria n. 65 del 16 novembre 2012 con cui l’incarico è stato ulteriormente prorogato.

Quanto alla natura – oggetto di contestazione già in sede di deduzioni – l’Università agraria di Nettuno nell’Atto di citazione si rileva che questa è ente non economico con personalità giuridica ai sensi della legge 4 agosto 1894 n. 397 in quanto rappresenta la totalità dei cittadini del comune di Nettuno in materia di esercizio degli usi civici sui terreni di proprietà del demanio ai sensi della legge 16 giugno 1927 n. 1766 e del RD 26 febbraio 1928 n. 332. Per il suo funzionamento è stato adottato uno Statuto ai sensi della legge 8 giugno 1990 n. 142 e del d. l.vo 18 agosto 2000 n. 267.

All’art. 4 dello Statuto vigente sono riportate le funzioni, chiaramente pubblicistiche, dell’ente (curare gli interessi agricoli, zootecnici e di conservazione dei valori ambientali e naturalistici dell’intera popolazione del comune di Nettuno). Ai sensi dell’art. 6 dello Statuto i terreni di uso civico costituenti il patrimonio dell’ente sono aperti all’uso di tutti i cittadini utenti in conformità delle disposizioni di legge. Organi di governo dell’Università agraria sono il Consiglio universitario, la Deputazione e il Presidente.

Il Consiglio universitario (composto dal Presidente e da 9 consiglieri) è l’organo di indirizzo politico amministrativo e di controllo dell’Università agraria ed è eletto dall’Assemblea degli utenti. La Deputazione agraria composta dal Presidente dell’ente e da tre membri nominati dal Presidente è l’organo di attuazione degli indirizzi generali di governo e collabora con il Presidente. Ad essa competono tutti gli atti amministrativi che per legge o Statuto non siano riservati al Consiglio, al Presidente o al segretario. Il Presidente (eletto dall’Assemblea degli utenti) è l’organo responsabile dell’amministrazione dell’ente, legale rappresentante e capo dell’amministrazione. Sovrintende al funzionamento degli uffici nonché alla esecuzione degli atti.

In base all’art. 41 dello Statuto l’ente può gestire servizi pubblici in via esclusiva o in collaborazione con altri soggetti pubblici e privati; e per lo svolgimento di determinate funzioni può stipulare convenzioni con la Provincia, con il comune di Nettuno, con organi regionali o con altri soggetti pubblici indicati dall’art. 42 dello Statuto. La finanza dell’ente è costituita da varie entrate tra cui anche trasferimenti regionali, provinciali, comunali e della comunità montana. L’ordinamento finanziario e contabile dell’ente si sviluppa sullo schema di quello degli enti locali.

Tanto premesso, nell’Atto di citazione si rileva come in sede di deduzioni gli interessati abbiano respinto gli addebiti richiamando appunto una presunta specificità dell’Universitàagraria , attesa una sua sostanziale differenza di ordinamento rispetto agli enti locali.

Al contrario –rimarca la Procura – le norme statutarie dell’ente fanno chiaro e continuo riferimento all’ordinamento di tali enti. Comunque è pacificamente ritenuta dalla giurisprudenza la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti degli amministratori e dipendenti delle Università agrarie, sulla base dei seguenti elementi: indubbie finalità pubblicistiche dell’attività svolta, fruizione di contributi pubblici finalizzati, vigilanza da parte della Regione e degli altri enti locali sull’attività svolta, patrimonio dell’ente costituito da terreni di proprietà collettiva e dai diritti di uso civico, e, infine, un ordinamento finanziario e contabile ispirato a quello degli enti locali.

In questo senso si richiama la conforme giurisprudenza contabile (Sez. III centrale, 11 maggio 2012 n. 353, 7 marzo 2011 n. 233; Sez. ll centrale, 7 marzo 2012 n. 142; Sez. Lazio, 17 marzo 2009 n. 376) e della Corte di Cassazione (SS.UU. n. 3135/80) secondo cui va riconosciuta alle università agrarie la natura di enti pubblici non economici preposti allo svolgimento di attività rivolte alla cura di interessi generali in stretto collegamento con gli enti locali. Natura pubblica tanto più evidenziata dal fatto che i predetti enti sono sottoposti a penetranti poteri di vigilanza e controllo da parte della Regione e del Comune.

D’altronde – continua l’Atto di citazione – gli stessi convenuti entrano al riguardo in evidente contraddizione quando, pur affermando l’autonomia e peculiarità dell’ente in questione rispetto agli enti locali, fanno poi continuo riferimento, in via di analogia per ribadire la correttezza della liquidazione della indennità di fine mandato, a quanto dispongono le norme regolanti l’attribuzione di indennità agli amministratori degli enti locali.

Nel merito nell’Atto di citazione si rappresenta che le deduzioni fornite dai convenuti non sono risultate idonee a superare la valenza degli addebiti contestati.

Infatti, in primo luogo, la delibera n. 17 del 28 novembre 2011, con la quale è stato riconosciuto all’ex Presidente dell’ente il trattamento di fine mandato che per legge (art. 23, comma 9, L. 3 agosto 1999 n. 2565 e art. 10, decreto Ministero interno n. 119 del 3 aprile 2000, art. 82, comma 8, lett. f) d.l.vo 18 agosto 2000 n. 267) spetta al sindaco e al Presidente della Provincia al termine del loro mandato parametrandolo a 13 mesi della rispettiva indennità, è stata adottata in palese violazione della legge.

Ciò in quanto l’art. 24 dello Statuto dell’Università dispone solo che al Presidente dell’ente “è concessa una indennità mensile, deliberata dalla Deputazione Agraria nel limite del 50% dell’indennità fissata per il Sindaco del Comune di Nettuno”.

Nessuna previsione invece si riscontra in merito alla spettanza di un eventuale trattamento di fine mandato. Di qui un primo limite insormontabile alla erogazione di ulteriori trattamenti economici in favore del Presidente che, come già risultava esplicitamente dalla nota della Direzione regionale affari giuridici e legislativi della Regione Lazio prot. n. 97280 del 1° agosto 2006 (all. 1 deduzioni sig. Valter CONTE) “non può essere assimilato al Sindaco o al Presidente della Provincia in virtù del ruolo diverso ad egli spettante”.

Pertanto, vengono a cadere – ad avviso della Procura regionale – le ulteriori argomentazioni difensive sulla correttezza dell’attribuzione del TFM all’ex Presidente.

E questo con riferimento anzitutto al richiamo operato nelle deduzioni difensive alla precedente deliberazione n. 26 del 7 novembre 2000 dell’Università agraria , con la quale – a detta della difesa – l’indennità sarebbe stata esplicitamente riconosciuta in favore degli ex presidenti dell’ente, con applicazione in via analogica delle norme prima richiamate che prevedono tuttavia detta indennità solo in favore del sindaco e del Presidente della Provincia.

Dalla lettura della delibera si evince che in realtà nel corso della discussione si era (anche) richiamato l’art. 10 del succitato decreto del Ministero interno n. 119/2000, quantificante l’ammontare della indennità di fine mandato in favore del sindaco e del Presidente della Provincia: peraltro nel deliberato si era soltanto previsto di adeguare le indennità mensili del Presidente, del vice Presidente, dei deputati e dei consiglieri dell’Università agraria , senza alcun esplicito riconoscimento di ulteriori compensi per il Presidente al termine del mandato. Né alcuna valenza esimente potrebbe avere la circostanza che detta delibera sia stata vistata dal Co.Re.Co. in data 28 dicembre 2000.

Infatti, il Co.Re.Co condizionava il parere favorevole alla approvazione regionale dello Statuto dell’ente e al mancato diniego della Regione Lazio alla attribuzione delle suddette indennità mensili (come poi verificatasi per il trattamento di fine mandato).

Il che conferma che le norme primarie di funzionamento dell’ente erano quelle dettate dallo Statuto che poteva anche ispirarsi a quanto stabilito per gli analoghi istituti giuridici vigenti per gli enti locali. Resta comunque necessaria una esplicita previsione nel medesimo e una precisa delibera dell’organo volitivo dell’ente per l’attribuzione di determinati compensi agli amministratori.

Del resto, nel richiamato parere della Regione Lazio del 1° agosto 2006 (anteriore ai fatti contestati), si ribadisce che “non si ritiene sussistere da parte delle Università agrarie un obbligo di adeguamento alle disposizioni contenute del d.lgs. 276/2000 ma, al contrario, un rispetto delle disposizioni contenute nei rispettivi Statuti i quali possono ispirarsi alle norme che disciplinano l’ordinamento degli enti locali compatibilmente al ruolo ad esse spettanti”.

Anche l’ulteriore circostanza che detta indennità fosse già stata riconosciuta all’ex presidente Belleudi al termine di precedente mandato con delibera n. 61 del 31 maggio 2006 non può costituire alcuna esimente della responsabilità, atteso che l’eventuale antecedente illegittimità dall’azione amministrativa non potrebbe conformare l’attività futura dell’ente e perpetuare le illegittimità poste in essere in passato, pena la violazione del principio di legalità sia formale che sostanziale.

Nell’Atto di citazione si aggiunge che nel caso della adozione della deliberazione n. 17 del 28 novembre 2011 il comportamento degli amministratori e del segretario dell’ente è stato in concreto quanto mai singolare e superficiale alla luce di quanto rappresentato circa sia il parere richiesto alla Regione dal Commissario straordinario dell’Università in ordine alla spettanza del trattamento di fine mandato sia l’intervenuta liquidazione di tale trattamento senza attendere il predetto parere.

Il fatto è che il concreto agire degli amministratori e del segretario dell’ente avrebbe dovuto essere improntato alla massima prudenza, sospendendo ogni decisione al riguardo in attesa del parere.

Né può accogliersi – sempre secondo l’Atto di citazione – l’ulteriore argomentazione che il parere fosse stato richiesto all’Ufficio legislativo della Regione Lazio e che lo stesso sia stato poi reso da ufficio diverso. Difatti tale tesi è documentalmente smentita dagli atti acquisiti, poiché la nota del Commissario straordinario regionale del 1° agosto 2011 era indirizzata al Dipartimento istituzionale e territorio, Direzione regionale EE.LL. e sicurezza, Decentramento amministrativo, servitù militari e università agrarie: ossia lo stesso ufficio che avrebbe poi reso il parere negativo in data 6 dicembre 2011 con nota prot. n. 52874 a firma del direttore regionale dott.ssa Maria Chiara Coletti, e controfirmata dal dirigente d’Area dott. Mario Pagano e dal funzionario dott. Abbruzzo.

D’altronde il contestato comportamento è proseguito anche in seguito, quando la Regione Lazio con la nota del 6 dicembre 2011, protocollata il 13 dicembre 2011 dall’Universitàagraria , negava l’ammissibilità della corresponsione di una indennità siffatta, raccomandando di procedere al recupero delle somme eventualmente erogate in favore dell’ex Presidente. Parere negativo rimasto lettera morta: né il Presidente, né i membri della Deputazione, né il segretario si sono poi adoperati per il recupero di quanto indebitamente liquidato all’ex presidente Belleudi. E neppure una formale richiesta in tal senso del deputato Pitò ha sortito alcun effetto, tanto è vero che quest’ultimo a seguito dell’inerzia ha rassegnato le proprie dimissioni.

Quanto alla pretesa efficacia esimente del parere reso ex post il 6 marzo 2012 dal revisore dei conti dell’Università agraria , che, secondo quanto sostenuto in sede di deduzioni, dimostrerebbe la infondatezza del parere negativo della Regione Lazio, la Procura osserva che il revisore si dilunga sulla differenza tra trattamento di fine rapporto e di fine mandato. Egli tuttavia inspiegabilmente tace su un aspetto fondamentale evidenziato nel parere negativo della Regione Lazio, ossia sulla circostanza che l’art. 29 dello Statuto dell’ente (laddove quantifica l’indennità mensile spettante al Presidente) richiama l’indennità prevista per il sindaco del comune di Nettuno (detratta del 50%) solo come parametro; né spiega come sia giuridicamente ammissibile riconoscere all’ex Presidente una indennità non prevista dallo Statuto.

In riferimento al predetto parere, si aggiunge da parte della Procura, che il presidente VARI, nel corso dell’adunanza del Consiglio di amministrazione del 28 dicembre 2011, a specifica richiesta di chiarimenti aveva affermato “di non condividere quella nota perché si tratta di un semplice parere di un funzionario regionale”: con l’evidenza dunque della consapevolezza di andare contro l’avviso dell’ente vigilante.

Analogo discorso deve farsi per la deliberazione n. 11 del 18 novembre 2011 conferente un incarico di consulenza (poi prorogato con deliberazione n. 65 del 16 novembre 2012 alle medesime condizioni per un ulteriore anno) all’ex presidente Belleudi. Tale delibera è un atto illegittimo, in quanto carente delle condizioni previste dalla legge (art. 7, comma 6, d.l.vo n. 165/2001, art. 88 d.l.vo n. 267/2000).

Ciò è evidenziato dalla lettura della deliberazione, invero criptica, dalla quale non si evincono le motivazioni che debbono supportare (illegittimo) conferimento di un incarico a soggetti estranei all’ente (carenza di organico, specificità dell’incarico, criteri di scelta del consulente, oggetto ben individuato, durata limitata nel tempo).

Nella specie non possono non rimarcarsi la genericità dell’incarico (“collaborazione esterna in materia di consulenza tecnico-amministrativa”); l’assenza di una motivazione sulla necessità della consulenza stessa, atteso che era in servizio presso l’ente il segretario che ai sensi dell’art. 34 dello Statuto svolgeva proprio le funzioni di collaborazione e di assistenza giuridico-amministrativa attribuite al Belleudi; la non congruenza tra i titoli di studio (geometra) del consulente e l’oggetto dell’incarico; l’eccessiva, già inizialmente, durata di 1 anno trattandosi di mera “collaborazione esterna”; e l’assenza, infine di una valutazione comparativa con altri possibili candidati.

Conferma tale conclusione il rapporto della Guardia di finanza del 16 luglio 2013, da cui emerge esplicitamente che l’oggetto dell’incarico riguardava compiti di ordinaria amministrazione, in precedenza svolti dal segretario dell’ente: mentre con la successiva proroga del 2012 l’incarico era stato esteso anche alla responsabilità dell’Ufficio tecnico dell’ente, esautorando di fatto il segretario in questione.

Di guisa che il conferimento dell’incarico di consulenza si appalesa illegittimo, illecito e fonte di un danno erariale che, ragguagliato ai compensi liquidati – per euro 1.600,00 mensili – fino ad aprile 2013, ammonta ad euro 29.465,86.

A ciò dovendosi aggiungere, in relazione al primo addebito, la somma di euro 12.499,80 corrisposta al Belleudi come indennità di fine mandato.

Alla determinazione del danno hanno concorso il presidente VARI Giuseppe e i deputati dell’Università DANTI Romualdo e CARDINALI Paolo con l’assistenza del segretario CONTE, che ha espresso parere favorevole sulla deliberazione di corresponsione dell’indennità dii fine mandato n. 17 del 28/11/2011. L’incarico di consulenza è stato conferito con la deliberazione del 18 novembre 2011 adottata dagli stessi soggetti, sempre con parere favorevole del segretario CONTE; mentre per quanto concerne la proroga del 2012, essa è stata adottata dal presidente VARI e dai deputati DANTI Romualdo e CIAPETTI Emanuele, con l’assistenza del segretario CONTE.

Per tali ragioni i sigg. VARI, DANTI, CARDINALI,  CIAPETTI e CONTE sono stati chiamati a comparire all’odierna udienza per ivi sentirsi condannare, in ragione delle singole condotte: il VARI ad euro 11.965,66; il DANTI ad euro 8.000,00; il CARDINALI ad euro 8.000,00; il CIAPETTI ad euro 5.000,00 e il CONTE ad euro 9.000,00, oltre alla rivalutazione monetaria, agli interessi legali e alle spese di giustizia.

Resiste la difesa dei convenuti VARI Giuseppe, DANTI Romualdo, CIAPETTI Emanuele e CARDINALI Paolo rilevando che l’Università agraria di Nettuno non rappresenta la totalità dei cittadini del Comune ma gli utenti della comunanza dei terreni cui furono assegnate le terre. Pur essendo un ente esponenziale di una collettività esso, a termini della legge n. 97 del 1994, ha personalità giuridica di diritto privato. Infatti l’Università non è destinataria di alcun trasferimento di denaro da parte della Regione, Provincia o altro e gode di assoluta autonomia patrimoniale. Lo Statuto dell’Università agraria esplicita chiaramente compiti e funzioni.

Da ciò ne consegue che il mero richiamo contenuto nello Statuto a norme afferenti al TU degli enti locali non vale a significare che l’ente sia soggetto alla giurisdizione della Corte dei conti.

I riferimenti statutari sono infatti di metodica, cioè richiami a modalità e degli stessi non può discendere in alcun modo la natura pubblicista dell’esercizio delle funzioni.

Basti a tale proposito rappresentare che l’Università agraria non è soggetta alla disciplina ed al rigore della contabilità pubblica.

Quanto allo specifico degli addebiti, si sostiene che a termini statutari al Presidente dell’ente compete una indennità di mandato pari al 50% di quella corrisposta al sindaco del comune di Nettuno.

La legge n. 265 del 1999 e il DM n. 119/2000 espressamente prevedono quale integrazione della indennità quella del trattamento di fine mandato. Ed infatti l’art. 10 stabilisce “A fine mandato, l’indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia è integrata con una somma pari ad una indennità mensile spettante per 12 mesi di mandato, proporzionalmente ridotto nel caso di periodi inferiori all’anno”.

Al Sindaco di Nettuno compete quindi una indennità e un TFM che costituisce integrazione e perciò parte essenziale della stessa.

Il richiamo statutario alla indennità del sindaco è evidente fonte del diritto alla percezione della somma.

Riguardo alle perplessità che il PM deduce, anche con riferimento alla missiva al richiamato parere negativo della Regione Lazio a firma dell’arch. Coletta, si sostiene che il funzionario ha male interpretato la norma e soprattutto ha fatto riferimento ad istituti giuridici del tutto avulsi dalla fattispecie.

Nella specie per il Presidente dell’Università non si tratta – come erroneamente sostenuto nel parere – di TFR, istituto che riguarda il lavoro subordinato. Il che già non attiene – secondo la difesa – al trattamento del Sindaco, per il quale l’indennità sindacale è integrata ex lege dal trattamento di fine mandato. Conclusione tanto più valida per il Presidente dell’Università atteso il richiamo statutario alla stessa.

Conclusivamente sul punto si ritiene l’evidente infondatezza delle accuse.

Sulle consulenze, la difesa ribadisce quanto già obiettato al PM in merito alla qualità e specialità degli incarichi, emergente anche dalla documentazione in atti. Nella specie non sussiste alcuna violazione dell’art. n. 7, comma 6, della legge n. 165 del 2001: l’assunto accusatorio, secondo cui l’atto di conferimento della consulenza sarebbe generico, è fondato da una stretta e rigorosa analogica applicazione delle norme in materia di pubbliche amministrazioni, senza tener conto che la dotazione organica dell’ente – date le modeste dimensioni dello stesso – non prevedeva alcuna forma di personale tecnico fornito di specifiche competenze.

E appunto in previsione delle attività da compiere – in materia di affrancazione dei fondi e del connesso computo dei dati per determinare il relativo importo – si è deciso di affidare specifico incarico ad un tecnico (il Belleudi) che avesse competenza in materia, come attestato dal suo curriculum.

Tecnico che ha poi effettivamente svolto, come emerge dagli atti, l’attività oggetto dell’incarico. E certo la circostanza che si sia provveduto al rinnovo dell’incarico non può elevarsi a fonte di responsabilità quando l’attività necessitava ai fini dell’ente.

Né si trattava di compiti di ordinaria amministrazione; e non può certamente ritenersi che l’attività tecnico-amministrativa in questione potesse essere svolta dal segretario dell’ente non in possesso delle richieste competenze tecniche.

In conclusione, nel caso di specie non vi è illegittimità dell’incarico che ben poteva essere conferito a termini statutari e la contestata carenza motivazionale risulta certamente colmata con l’effettività del lavoro svolto dal professionista, per cui non sono elementi dai quali poter desumere eventi dannosi, mentre al contrario l’Università ha tratto beneficio dell’operato del consulente.

Quanto all’impostazione accusatoria che si fonda in sostanza sulla affermazione di improbabili difetti di forma nell’assegnazione delle consulenze, si ribadisce che è fuori di dubbio, e non è contestato dal PM, che l’attività del professionista si sia svolta e che vi sia stato giovamento per l’Amministrazione.

Altresì infondato l’addebito secondo cui con una sola reiterazione dell’incarico si sarebbe voluto violare il precetto normativo: resta che, perdurando la mancanza in organico di figure professionali tecniche adeguate, la situazione permaneva tale per cui il ricorso ad ausili esterni professionali restava necessaria.

In questo quadro emerge altresì chiara la mancanza anche del dolo o della colpa grave: quest’ultima non potendo essere fatta coincidere con la mera violazione di una norma.

Si richiama in proposito l’art. 7 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il quale pone, tra l’altro, in evidenza la rilevanza che, nel conferimento degli incarichi, può avere il principio dell’insindacabilità, da parte del Giudice contabile, nel merito delle scelte discrezionali delle amministrazioni pubbliche, posto dall’art. 1, comma 1, della legge n. 20 del 1994. Infatti il legislatore indica condizioni per il conferimento degli incarichi che, necessariamente, lasciano margini di valutazione riservati all’Amministrazione. E’ il caso della necessità che l’oggetto della prestazione sia coerente con le competenze dell’Amministrazione conferente, che, com’è noto, non sono definite, in modo vincolante, nel caso di enti a fini generali; del previo accertamento dell’impossibilità di usare le risorse umane disponibili, circostanza suscettibile di vario giudizio, anche perché legata ad una valutazione non solo della quantità, ma anche della qualità “in concreto” delle prestazioni ottenibili dalla struttura interna; della necessità che l’esigenza da soddisfare richieda prestazioni altamente qualificate, anch’essa, entro certi limiti, oggettivamente opinabile. Anche il fatto che la giurisprudenza contabile ritiene sindacabili le scelte arbitrarie, irrazionali, illogiche, antieconomiche, contrarie ai fini stabiliti dalla legge, poste in essere in assenza dei presupposti normativi, non elimina gli spazi di scelta nel concreto che, seppure suscettibili di vario giudizio, sono riservati all’Amministrazione.

Si richiama infine la sentenza n. 873/2010 della Sezione Lazio, avente il medesimo oggetto dell’attuale giudizio, ha ritenuto la piena legittimità di due incarichi conferiti in successione.

La difesa del convenuto CONTE premette che, secondo quanto emerge dalla citazione, il danno erariale è addebitabile ai soggetti che hanno adottato gli atti ritenuti illegittimi. Così per quel che concerne la indennità di fine mandato, il cui pagamento è stato autorizzato con deliberazione della Deputazione agraria del 28 novembre 2011 n. 11 adottata dal presidente Giuseppe VARI e dai deputati Romualdo DANTI, Paolo CARDINALI con l’assistenza del segretario Valter CONTE che ha espresso parere favorevole alla approvazione della deliberazione stessa.

Responsabilità del signor CONTE sarebbe — quindi – quella di avere assistito e di aver espresso parere favorevole: è escluso pertanto che lo stesso abbia adottato o abbia comunque partecipato alla adozione della delibera, in quanto la presenza del segretario alle riunioni è richiamata dallo Statuto ed il parere del segretario è, per Statuto dell’ente, un atto dovuto ma non vincolante.

Il CONTE, a seguito dell’invito a fornire deduzioni, inviava una memoria analitica alla Procura regionale.

In tale memoria l’odierno convenuto rappresentava che lUniversità agraria di Nettuno è dotata di personalità giuridica ai sensi della legge n. 397 del 4 agosto 1894, art 1. Con legge n. 97 del 31 gennaio 1994, art. 3, comma 1, lettera a), è ente autonomo non economico con personalità giuridica di diritto privato. L’Università, così come indicato nello Statuto, “si avvale della sua autonomia, per il perseguimento dei propri fini istituzionali e per l’organizzazione e lo svolgimento della propria attività, alle quali provvede nel rispetto delle leggi dello Stato, della Regione e del presente Statuto”. Non percepisce e non ha mai percepito contributi pubblici, sia in via ordinaria che straordinaria dallo Stato, dalla Regione, dalla Provincia e dai Comuni; non è soggetta all’obbligo di contabilità pubblica, ma “si informa alle disposizioni di legge vigenti per i Comuni (art. 47, comma 1, dello Statuto). Non è un ente locale, tanto è vero che, con la legge n. 142/90, è stata esclusa dalla gestione del Consorzio acquedotto di Carano (Consorzio tra i comuni di Anzio e Nettuno), dall’Università pure fondato con l’acquisto con risorse proprie, e delle sorgenti dell’Acquedotto stesso. La stessa non risulta inserita nell’elenco ISTAT delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato; non è assoggettata all’obbligo della Tesoreria unica; non è vincolata dagli obblighi derivanti dalla legge n. 267/2000 alla quale tuttavia si uniforma per la sola prassi elettorale.

Prende infine a riferimento per la redazione della contabilità e dei bilanci l’art. 29, ultimo comma, dello Statuto dell’ente vigente all’epoca dei fatti e riconosce al Presidente un’indennità mensile lorda pari al 50% dell’indennità fissata per il Sindaco di Nettuno, e di fatto lo equipara in tutto quest’ultimo. Ragion per cui come ad esso, per effetto dell’art 10 del DM n. 119/2000, viene riconosciuto il trattamento di fine mandato, correttamente con la citata deliberazione del 7/11/2000 ha riconosciuto al Presidente lo stesso trattamento di fine mandato. Deliberazione regolarmente approvata dall’allora Co.Re. Co. e mai impugnata. Con deliberazione n. 61/2006 del 31/05/2006 veniva liquidato all’allora Presidente il trattamento di fine mandato, ai sensi dello Statuto e della delibera sopracitata, delibera anch’essa mai impugnata. I dipendenti dell’Università non sono da considerarsi assoggettati al rispetto del D.Lgs. n. 165/2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) in quanto non sono dipendenti di pubbliche amministrazioni ma di ente autonomo non economico.

In particolare il CONTE, con riferimento alle disposizioni contenute all’art. 34 dello Statuto, chiariva in sede di deduzione che il ruolo del segretario dell’ente è quello di collaborare, con funzioni di assistenza giuridico-amministrativa, nei confronti degli organi dell’ente senza partecipare in alcun modo alla formazione degli atti ed alla determinazione degli orientamenti degli organi decisori.

Tanto premesso, per quanto attiene alla corresponsione della indennità di fine mandato, si ricorda che – sempre in sede di deduzioni – il CONTE aveva precisato che l’art. 29, comma 1, dello Statuto prevede il rispetto delle disposizioni contenute nel Decreto Legislativo n. 267/200 per quanto attiene alla elezione del Presidente.

Orbene l’art. 82, comma 8, lettera c) di detto decreto prevede per il Presidente una indennità mensile parametrata in ragione del 50% a quella prevista per il sindaco al quale, in virtù di quanto disposto dall’art.10 del Decreto Ministeriale n. 119/2000, compete il trattamento di fine mandato.

La difesa del convenuto sul punto aggiunge che tale conclusione è confermata dalla deliberazione del Consiglio dell’Università agraria n. 15 del 18 aprile 2000, validata dal CO.RE.CO, recante modifiche allo Statuto dell’Università. Infatti, in tale delibera è espressamente affermato che agli amministratori dell’ente si applicano le norme di cui agli artt. da 18 a 25 della legge n. 265 del 1999, in quanto compatibili. Ed in particolare all’art. 23, comma 9, lettera f), della predetta legge si demanda al regolamento emanato con il decreto ministeriale n. 119 del 2000 la concreta spettanza dell’indennità di fine mandato.

Ne segue con tutta evidenza la correttezza della procedura adottata per l’erogazione dell’indennità in questione, con la conseguenza che il CONTE non aveva, nella sua qualità di segretario, alcuna ragione per opporsi. Né lo stesso aveva ragione di opporsi alla determinazione dell’ammontare di tale indennità, attesi i chiarimenti pervenuti dal dott. Barbona in data 8 agosto 2011.

E certo non v’era ragione di attendere la risposta della Regione Lazio al quesito posto dal Commissario straordinario Serata, atteso che erano ormai trascorsi quasi 4 mesi dalla richiesta del parere. Tanto più che, davanti a tale consistente ritardo, il Belleudi avrebbe potuto agire in giudizio per ottenere il recupero delle proprie spettanze, gravando così l’ente di maggiori oneri.

Quanto alla pretesa illegittimità dell’emissione del mandato di pagamento all’ex Presidente, la difesa del CONTE rileva che il parere negativo della Regione Lazio, seppur datato 6 dicembre 2011, è stato portato a conoscenza dell’Università agraria solo il 13 dicembre 2011, in epoca quindi successiva alla deliberazione all’emissione del mandato di pagamento.

Sul parere in questione la difesa del convenuto osserva poi che esso parte da un presupposto errato in quanto afferma che si è in presenza  di trattamento di fine rapporto (o fine servizio), ma in realtà si tratta di trattamento di fine mandato (come evidenziato dal revisore dei conti dell’Università nella nota allegata datata 6 marzo 2012).

E’ fin troppo evidente che se la posizione giuridica del Presidente dell’Università agraria è assimilabile a quella del sindaco di Nettuno, al medesimo spettano le stesse indennità: e non può certo sostenersi che il sindaco di una città sia dipendente della stessa.

Nulla comunque è imputabile al CONTE che dovrà essere assolto da ogni addebito.

In ordine poi all’incarico di consulenza, si osserva che, la carenza di personale idoneo ad espletare incarichi squisitamente tecnici ha imposto all’Università di conferire al Belleudi un incarico di natura professionale, con un compenso certamente modesto e ben al di sotto dei parametri standardizzati.

Anche qui nulla è imputabile al CONTE per una scelta propria della Deputazione dell’università.

Non è dato poi comprendere in base a quali criteri la Procura regionale abbia ritenuto il CONTE debitore della somma di euro 9.000,00, attesa la sua totale estraneità alle decisioni dell’Università.

Infatti, secondo l’art. 39, ultimo comma, dello Statuto dell’Università, il segretario su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Deputazione ed al Consiglio esprime parere in ordine alla regolarità tecnica e, qualora comporti impegno di spesa e diminuzione di entrata, il parere in ordine alla regolarità contabile.

In base ai primi due commi dell’art. 39 il segretario è responsabile della correttezza amministrativa e della efficienza della gestione in relazione alla generale azione burocratica dell’ente attraverso il coordinamento delle attività dei responsabili dei servizi interessati nonché direttamente responsabile per le iniziative ed i compiti direttamente affidati.

E’ evidente che ad esso è richiesto di garantire la perfetta efficienza del servizio fornito dall’Università agli utenti. Non rientra tuttavia nei suoi compiti quello oggetto del presente giudizio, atteso secondo quanto previsto dal secondo comma del citato articolo 39 il segretario è responsabile della mancata attuazione delle delibere: ed il CONTE le ha attuate secondo le direttive ricevute.

Tali i limiti statutari della responsabilità del segretario dell’Università.

Ne deriva la totale estraneità del convenuto agli addebiti mossi dalla Procura.

Nell’odierna udienza il PM, nel ribadire la fondatezza degli addebiti avanzati nei confronti dei convenuti, ha evidenziato anzitutto la palese inconsistenza dell’eccezione di giurisdizione sollevata dalle difese, in proposito richiamando la conforme giurisprudenza del Giudice contabile e della Cassazione relativamente all’attribuzione alle Università agrarie della natura di enti pubblici non economici preposti allo svolgimento di attività rivolte alla cura di interessi generali in stretto collegamento con gli enti locali. Come del resto confermato dai penetranti poteri di vigilanza e di controllo da parte della Regione e, nella specie, del comune di Nettuno.

Nel merito, secondo il PM, in entrambe le fattispecie oggetto dell’odierno giudizio appare evidente il profilo della colpa grave.

E ciò già in relazione alla indebita concessione delle indennità di fine mandato al presidente Belleudi: i convenuti erano ben coscienti dell’avvenuta richiesta di parere in proposito all’ente vigilante Regione (che del resto già nell’agosto 2006 aveva ribadito l’insussistenza di alcuna equiparazione tra Presidente dell’Università e Sindaco) e si erano addirittura spinti a dare immediata esecutività alla relativa delibera. Né alcun valore di segno opposto può darsi al richiamo alla delibera del Co.Re.Co. del 2000, atteso che quest’ultima atteneva alla mera approvazione, da parte dell’Università, delle nuove indennità e gettoni di presenza da attribuire agli amministratori sulla base di quanto disposto dal decreto del Ministero dell’interno n. 119 del 4 aprile 2000 (Regolamento recante norme per la determinazione della misura dell’indennità di funzione e dei gettoni di presenza per gli amministratori locali, a norma dell’art. 23 della legge n. 265 del 1999).

Analoga valutazione circa l’evidenza del comportamento gravemente colpevole dei convenuti – ha continuato il PM – è da operarsi per quanto concerne le consulenze affidate al Belleudi in contrasto con tutta la normativa che ne disciplina il ricorso fino al punto che inizialmente al predetto era stata prevista la concessione di un incarico valevole per tutta la durata del nuovo Presidente dell’Università agraria . Illegittimità ancor più chiara per la seconda consulenza con la quale al Belleudi è stata addirittura conferita la responsabilità dell’ufficio tecnico dell’ente, facente invece capo, per espressa previsione dei “Principi di organizzazione dell’ufficio e dei servizi” approvati con deliberazione del Consiglio di amministrazione dell’Università agraria il 20 dicembre 1995, al segretario dell’ente.

L’avv. Paolo Ingratta, per il convenuto CONTE, nel riportarsi agli scritti difensivi in atti, ha evidenziato in particolare come gli addebiti avanzati nei confronti del suo assistito si fondino in sostanza sui pareri resi dal medesimo nel contesto delle procedure che hanno dato luogo alle deliberazioni contestate. Ma se tali pareri erano certamente obbligatori, non erano peraltro vincolanti restando agli amministratori il potere di andare in diverso avviso. Donde l’evidenza della insussistenza di un nesso di causalità tra l’operato del CONTE e gli addebiti per cui si procede.

L’avv. Guido Fiorillo ha respinto decisamente le contestazioni rivolte ai suoi assistiti, ribadendo in primo luogo come le Università agrarie siano soggetti privati di diritto pubblico, da non confondere con i Comuni, per cui altrimenti i terreni da esse amministrati rientrerebbero nel demanio comunale. Al contrario nella specie si tratta di terreni ad uso di una specifica collettività, che ha conseguentemente un potere di autoregolamentazione nei limiti rigidi del proprio Statuto. Autoregolamentazione davanti alla quale il controllo della Regione si limita al potere di dare il sigillo finale alla affrancazione dei livelli.

Nel merito, il difensore ha rilevato come al parere della Regione negativo circa l’attribuibilità al Presidente dell’Università del trattamento di fine mandato non possa attribuirsi alcun valore data la sua inconsistenza evidenziata dalla confusione che esso fa tra il TFR, afferente alla conclusione di un rapporto di lavoro, e il TFM previsto per il Sindaco e, in base al richiamo statutario, anche per il Presidente dell’Università.

Quanto agli addebiti relativi alle consulenze, secondo il difensore queste in sostanza attenevano alla definitiva sistemazione catastale dei terreni dell’Università. Vero è che nelle delibere relative di tale sistemazione non risulta traccia, ma tale ne è stato poi nella sostanza l’oggetto come evidenziato nella consulenza stragiudiziale a cura del geometra Augusto Catinari depositata in sede di memoria difensiva. Donde il chiarimento della ragione del conferimento al Belleudi anche dell’incarico dell’ufficio tecnico, connesso all’esigenza di consentirgli altresì, nell’ambito di questa sistemazione prodromica alla definizione delle procedure di affrancazione, di procedere alle valutazioni di stima, normalmente eseguite da liberi professionisti e quindi implicanti un costo ragguardevole, con notevole risparmio economico per gli utenti e sollecita conclusione delle procedure con il conseguente rapido introito dei proventi delle affrancazioni da parte dell’Università agraria .

D’altra parte – ha concluso il difensore – si trattava di una soluzione obbligata, atteso che nessuno dei componenti della Deputazione aveva adeguate conoscenze in materia né tali conoscenze risultavano reperibili nell’ambito del personale dipendente.

DIRITTO

Quanto all’eccezione sollevata dalle difese secondo cui le condotte degli amministratori e dei dipendenti dell’Università agraria , dotata di personalità giuridica privata, sono sottratte al sindacato del Giudice contabile, rileva il Collegio che essa si appalesa infondata alla luce dell’orientamento attribuente a tale ente natura pubblica assunto dalla Corte di cassazione e dalla giurisprudenza della Corte dei conti, come richiamato nell’Atto di citazione e dal PM nell’odierna udienza.

Conclusione questa confermata nella fattispecie in esame delle indubbie finalità pubblicistiche dell’attività svolta dall’Università agraria , dalla vigilanza da parte della Regione e degli altri enti locali, da un patrimonio costituito da terreni di proprietà collettiva e dai diritti di uso civico, e, infine, da un ordinamento finanziario e contabile ispirato a quello degli enti locali nonché dell’applicazione ai dipendenti dei CCNL per gli enti locali.

Nel merito, per quanto concerne la prospettata indebita concessione del trattamento di fine mandato all’ex Presidente dell’Università agraria di Nettuno, rileva il Collegio che certamente i convenuti, stando a quanto evidenziato dalla Procura regionale anche in udienza, hanno dato luogo alla deliberazione concessiva in data 28 novembre 2011 pur consapevoli dell’avvenuta richiesta (in data 1° agosto 2011) di parere, inoltrata da parte del Commissario straordinario alla competente struttura regionale per conoscerne l’avviso sulla concedibilità o meno del predetto TFM. Richiesta, con tutta evidenza, motivata da una parte dal mancato riscontro nello Statuto dell’ente di esplicite disposizioni concernenti la corresponsione del TFM, dall’altra dalla incertezza, mostrata dallo stesso consulente del lavoro incaricato, circa la quantificazione di tale trattamento. Consapevolezza comprovata da quanto emerge dalla stessa premessa della deliberazione della Deputazione dell’Università del 28 novembre 2011, laddove, atteso che non era ancora pervenuta, in merito al richiesto parere, alcuna comunicazione da parte della Regione, si trova poi, senza alcun approfondimento dei motivi che avevano indotto il Commissario straordinario alla richiesta, testualmente affermato: “dalla cessazione della carica sono trascorsi oltre sei mesi, ragione per cui il soggetto richiedente potrebbe presentare richiesta all’Ente comprensiva degli interessi maturati o maturandi” e questo sul solo presupposto che: “la figura del Presidente dell’Università è parificata alla persona del Sindaco del Comune o al Presidente della Provincia”.

Presupposto tuttavia in palese contrasto con il fatto – che avrebbe dovuto essere rappresentato alla Deputazione dal segretario CONTE, sul punto rimasto non solo inerte in modo gravemente colpevole ma anzi attestando la regolarità tecnica e contabile della proposta di deliberazione – che la Regione Lazio con comunicazione del 30 agosto 2006 aveva trasmesso alla Università agraria la nota del Dipartimento istituzionale in data 1° agosto 2006 laddove si escludeva che l’Università agraria fosse qualificabile come ente locale: tanto che “anche il suo Presidente non può essere assimilato al Sindaco o al Presidente della Provincia in virtù del ruolo diverso ad egli spettante”.

Dunque una deliberazione assunta pur davanti ad una situazione di obiettiva incertezza, chiaramente evidenziata dalle richieste del Commissario straordinario – che, proprio in grazia della nota del 2006, si era trovato a dover far riferimento al solo Statuto, non essendo possibile alcun richiamo analogico alle disposizioni regolanti gli enti locali. Statuto dal quale non emergeva alcuna previsione esplicita circa il diritto dell’ex Presidente al trattamento di fine mandato.

Né, rileva ancora il Collegio, i soggetti che adottarono la deliberazione in questione tale riferimento potevano rinvenire – come pure postulato dalle difese – nella deliberazione n. 26 del 7 novembre 2000 del Consiglio di amministrazione dell’Università agraria , vistata successivamente dal Co.Re.Co. Essa infatti atteneva solo alla approvazione delle nuove indennità e gettoni di presenza da attribuire agli amministratori sulla base di quanto disposto dal decreto del Ministero dell’interno n. 119 del 4 aprile 2000 (Regolamento recante norme per la determinazione della misura dell’indennità di funzione e dei gettoni di presenza per gli amministratori locali, a norma dell’art. 23 della legge n. 265 del 1999). Senza alcun riferimento al TFM per il Presidente.

Da quanto sopra, cui va aggiunta l’estrema celerità nella successiva liquidazione del TFM contrastante, significativamente, la successiva inerzia nel recupero delle somme così versate pur davanti all’intervenuto parere negativo della Regione Lazio (che si è anzi cercato di contestare nella specie con il parere del 6 marzo 2012 del Revisore dei conti dell’Universitàagraria , che comunque – come evidenziato dalla Procura – tace sul punto concernente la pretesa equiparazione tra Presidente dell’Università e Sindaco del Comune né spiega come risulti possibile concedere un’indennità non prevista nello Statuto), ad avviso del Collegio deriva la conclusione del delinearsi di un comportamento gravemente colposo addebitabile nella vicenda ai convenuti VARI, DANTI, CARDINALI e CONTE ai quali va addebitata la somma di euro 12.499,80 corrispondente alla indebita corresponsione dell’indennità di fine mandato all’ex presidente Belleudi. Somma da addebitarsi al VARI e al CONTE per euro 4.000,00 ciascuno, data la preminente incidenza dell’operato dei medesimi nella determinazione del danno; restando a carico dei convenuti DANTI e CARDINALI la somma di euro 2.249,90 ciascuno.

Per quanto concerne poi l’addebito relativo al conferimento dei due incarichi di consulenza all’ex presidente Belleudi appare già indubitabile l’estrema genericità del conferimento del primo incarico (“collaborazione esterna in materia di consulenza tecnica e amministrativa”), per di più in assenza di una motivazione sulla necessità della consulenza, atteso che le funzioni di collaborazione e di assistenza giuridico-amministrativa erano già svolte, a termini regolamentari, dal segretario Valter CONTE.

Di qui l’appalesarsi dell’illegittimità e illiceità di tale primo incarico di consulenza, anche alla luce di quanto si è trovato a dover prospettare in udienza lo stesso avvocato difensore dei convenuti VARI, DANTI e CIAPETTI, laddove ha evidenziato come alla genericità dell’incarico era sottesa l’esigenza di provvedere alle complesse operazioni di sistemazione catastale di cui necessitava l’Università agraria .

E’ pertanto da ritenere, in questa prospettiva, l’indubbio profilarsi di un danno erariale pari alla consistenza delle somme corrisposte al Belleudi nel primo anno di attività e più precisamente euro 1.600,00 mensili per 12. Da tale danno va peraltro sottratta l’entità del vantaggio pure conseguito dall’Amministrazione, quale risulta dagli atti e dalla stessa perizia depositata dal difensore. Vantaggio che in via equitativa si individua in euro 13.000,00.

Per quanto concerne il secondo incarico di consulenza, per esso non solo valgono i motivi di illegittimità e illiceità sopra menzionati, ma ad esso va aggiunta la considerazione che l’incarico ha importato il conferimento al consulente anche della responsabilità dell’ufficio tecnico dell’ente, con evidente violazione regolamentare atteso che la responsabilità dell’ufficio tecnico incombeva al segretario CONTE; ed in contrasto quindi con gli stessi principi regolatori degli incarichi di consulenza, per i quali in nessun modo è ammissibile l’affidamento di un ufficio dell’Amministrazione ad un consulente.

Di guisa che l’importo di euro 10.265,86 relativo al predetto secondo incarico di consulenza va addebitato interamente ai convenuti.

A costoro, d’altronde, in merito alle consulenze di cui è causa va imputato un comportamento gravemente colposo per avere agito in evidente contrasto con le norme tassativamente regolanti la materia per le pubbliche amministrazioni. Comportamento che assume una grave incidenza in ordine alla causazione del danno da parte del presidente VARI e del segretario CONTE, al quale incombeva di rappresentare gli elementi normativi che ostavano al conferimento delle consulenze, quando invece ha fornito il parere di regolarità.

Conseguentemente il danno erariale per le suddette consulenze, quantificato complessivamente in euro 19.265,86, va addebitato al VARI e al CONTE per euro 7.000,00 ciascuno, mentre al CIAPETTI e al DANTI va addebitato per euro 2.632,93 ciascuno.

P.Q.M.

la Corte dei conti Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, definitivamente pronunciando

CONDANNA

al pagamento in favore dell’Università agraria di Nettuno il convenuto VARI Giuseppe per euro 11.000,00; il convenuto CONTE Valter per euro 11.000,00; il convenuto DANTI Romualdo per euro 4.882,83; il convenuto CARDINALI Paolo per euro 2.249,90 e il convenuto CIAPETTI Emanuele per euro 2.632,93, comprensivi di rivalutazione fino al deposito della sentenza e successivamente con interessi, nonché al pagamento delle spese di giudizio che, all’atto della presente, si liquidano in euro 1.592,75 (millecinquecentonovantadue/75).

Cosi deciso in Roma, nella Camera di consiglio dell’11 febbraio 2014.

L’ESTENSORE                                                      IL PRESIDENTE

F.to Franco MENCARELLI                                  F.to Ivan DE MUSSO

Depositata in Segreteria il 25/02/2014