Il Pd e la certezza che il porto, di questo passo, sarà privatizzato mentre “l’infrastruttura deve necessariamente rimanere pubblica”. E’ arrivata forte e chiara, durante la conferenza stampa indetta dal Pd nella sezione di Anzio, la posizione del partito sulla vicenda che in questi giorni è in preda a una bufera (si sono dimessi Luigi D’Arpino e Franco Pusceddu). “Questa amministrazione sta pilotando il porto verso la privatizzazione – ha detto il segretario Gianni De Micheli – a breve arriveranno i decreti attuativi della legge Madia sulle partecipazioni e il Comune sarà costretto a cedere le quote della Capo d’Anzio. Già sappiamo che i parametri imposti dalla società non consentiranno al Comune di mantenere questa partecipazione. Tutto ciò sta avvenendo perché c’è un chiaro indirizzo politico dell’amministrazione di arrivare a questa dismissione. Partiamo dalla nostra proposta di ricapitalizzazione grazie a una sorta di azionariato diffuso ma siamo pronti a modificarla per il bene della città. Ci troviamo di fronte a una situazione che da qui a due mesi ci porterà alla dismissione della partecipazione comunale. Dopodiché, noi cittadini, non avremo modo di mettere più becco sulla vicenda porto perché la concessione è in capo a una spa e perché la partecipazione del Comune – ha insistito De Micheli – andrà a farsi friggere”. Il dibattito si è spostato sul contenzioso con gli ormeggiatori. “Gli ormeggiatori hanno fatto resistenza con un ricorso al Tar che hanno perso. Le aree della Regione sono state consegnate alla Capo D’Anzio a luglio del 2014. Anche questo è un modo per portare il dibattito verso un’altra direzione”.
E’ intervenuta anche il consigliere Maria Teresa Lo Fazio. “Noi abbiamo fatto una proposta. Dove sono quelle della Capo D’Anzio? Noi non vediamo niente. Se c’era veramente l’interesse a mantenere pubblico il porto e realizzare qualcosa senza privatizzare, le proposte di rilancio dovevano già essere state fatte”.
“Manca la volontà politica di salvare il porto pubblico – ha spiegato il consigliere Ivano Bernardone – basta vedere il piano di razionalizzazione inviato con mesi di ritardo rispetto ai termini di legge”.