di Menuccia Nardi
Eccoci nuovamente al nostro appuntamento con il cinema. L’altra sera ero come al solito in compagnia del mio plaid amico e ho rivisto con piacere un film di qualche tempo fa, del 2014 per l’esattezza, diretto da Riccardo Milani, “Scusate se esisto”.
Il film si avvale di un cast di tutto rispetto, con due bravissimi protagonisti – Paola Cortellesi e Raoul Bova – ed è un classico esempio di quanto la commedia italiana abbia ancora da dire (e molto) e quanto, sia pure con ironia e leggerezza, sia in grado di portare all’attenzione del grande pubblico anche temi di carattere sociale, nel caso specifico la posizione della donna nel mondo del lavoro in Italia (e già solo per il tema trattato mi verrebbe spontaneo aggiungere alcune delle emoticon tipiche di WhatsApp, prima fra tutte quella che richiama L’urlo di Munch, ma forse non è il caso, rimanderò alla prossima…).
La trama ruota intorno alla vita di Serena (Paola Cortellesi), giovane e brillante architetto con uno splendido curriculum alle spalle, ma maturato all’estero. Serena fa una scelta coraggiosa e decide di tornare in Italia e mettere a frutto nel proprio paese le sue capacità e la sua esperienza… più facile a dirsi che a farsi naturalmente! Fa una serie di lavori precari (non ultimo quello di cameriera nel ristorante del “bello e impossibile” Francesco – Raoul Bova –), e tenta inutilmente di lavorare nel proprio settore: e qui è d’obbligo l’applauso a scena aperta di fronte al disastroso colloquio di lavoro terminato con il rifiuto di firmare le dimissioni in bianco (una pratica odiosa e barbara, ancora in uso ai tempi dell’uscita del film, ma credo sconosciuta perfino alla Santa Inquisizione, e molto utilizzata fino a poco tempo fa da alcuni datori di lavoro come arma di difesa contro molte lavoratrici che abbiano osato rimanere incinte – sebbene mettere al mondo un figlio non mi risulti elencato tra le piaghe d’Egitto o tra i peccati mortali, ma probabilmente i testi che utilizzavo io quando andavo al catechismo non avevano una traduzione aggiornata!).
Ma la nostra protagonista non si dà per vinta, si imbarca in un progetto nobile e coraggioso e partecipa al bando per la riqualificazione del quartiere Corviale a Roma. Tuttavia, al momento della discussione del proprio progetto, nel timore che la proposta di una donna non venga valutata in modo obiettivo, si finge segretaria di sé stessa… e così il progetto della dottoressa Serena Bruno… diventa il progetto del dottor Bruno Serena. Ovviamente qui il nome (o il cognome dovremmo dire in questo caso) si presta a un’esilarante commedia degli equivoci, portata avanti in modo intelligente e arguto e alternando all’idea centrale anche altri temi, quali l’amicizia tra uomo e donna o la difficoltà di comunicazione tra genitori e figli.
Il film, pur calcando un po’ la mano su alcuni luoghi comuni in materia di discriminazione femminile negli ambienti di lavoro, non credo voglia farsi baluardo di teorie femministe, ma mi sembra che persegua più semplicemente il fine di dimostrare che i risultati migliori, soprattutto in alcuni settori lavorativi, si ottengono solo in regime di meritocrazia, quando cioè si abbia l’onestà di riconoscere le capacità e i meriti della persona, uomo o donna che sia, e di affidarle il ruolo che ne dovrebbe rappresentare la giusta conseguenza…
In ultimo ci tengo a sottolineare le musiche bellissime di Andrea Guerra che fanno da colonna sonora a questo film spiritoso, leggero e a suo modo irriverente. Da vedere!