di Menuccia Nardi
Siamo onesti, a chi non è mai capitato di farsi domande e darsi le risposte? Di meditare riflessioni e trarne subito le conseguenze? Molto probabilmente non ha mai provato l’emozione del “parlo a me, di te e di me, di lui e di loro” solo chi non è abituato a guidare spesso nel traffico. Sì, perché ormai sono arrivata alla conclusione che la guida favorisce e stimola le conversazioni con sé stessi, o quanto meno con la parte più polemica del proprio io, soprattutto in determinati frangenti.
Quando ad esempio l’autista di fronte a te svolta d’improvviso, e lì ti viene spontaneo: “Ma sì dai, gira tranquillamente senza mettere la freccia, intuisco che devi svoltare perché ho i super poteri”;
o agli incroci dove sai di aver diritto alla precedenza: “Vuoi passare per primo? Basta chiedere, tranquillo, il giorno in cui a scuola guida spiegavano le precedenze eri assente, sei giustificato, dai!”.
L’apoteosi si raggiunge poi sul Grande Raccordo Anulare (e chi vive o lavora a Roma lo conosce bene!), soprattutto in prossimità delle uscite, dove ti metti diligentemente in fila (e in alcuni orari può trattarsi di una lunga fila) e puntualmente arriva il tipo che finge spudoratamente di essersi ricordato solo all’ultimo minuto di dover uscire proprio lì (ma tu guarda un po’ la memoria, a volte!) e con grande naturalezza supera tutti e si immette dieci macchine davanti a te… e lì ti vengono in mente tutta una serie di appellativi e frasi adatte all’occorrenza, tra cui la più gentile e delicata è: “Eccolo, Rommel, la volpe del raccordo!”.
Il problema vero è quando sei in coda e dalla corsia accanto ti vedono che chiacchieri con il nulla. Va be’, puoi sempre fingere che stai cantando, no? Ma poi, dico io, non siete impegnati a guardare la strada, gli specchietti, chi vi sorpassa, chi vi suona? In tutto questo dovete anche badare a me che parlo da sola? C’è gente strana in giro…