Il libro che vi presento questa settimana non è un’ultima uscita, è stato presentato un paio di anni fa, nonostante questo penso che sia giusto introdurvelo, anche perché si trova ancora in libreria. La storia narra di una famiglia fuori dal comune, di una famiglia che ha fatto dello spettacolo la sua arte, che ha dimostrato a tutti che si può essere “felici” anche quando non si dimostra di esserlo, una famiglia che, pur avendo dei grandi limiti al suo interno è sempre riuscita, con qualche ferita, a riprendere le redini dei cavalli e ad arrivare al traguardo. Sto parlando de “La famiglia Fang” dello scrittore americano Kevin Wilson. Come annunciato poc’anzi, questo libro, in parte, parla di follia e i primi protagonisti del racconto sono Cabel e Camille Fang: coniugi che organizzano performance nei più diversi luoghi pubblici sfidando convenzioni e leggi. I due loro figli, Annie e Buster, seppur controvoglia, fin da piccolissimi sono sempre stati obbligati a prender parte a questo tipo di “rappresentazioni“, che, in un modo o nell’altro, terminavano tutte in grandi risse, arresti, denunce e qualche linea di dignità in meno. Così comincia il libro, con la descrizione molto accurata di uno di questi siparietti. Queste performance si alterneranno poi per tutto il corso della storia, aggiungendo informazioni e mettendo al corrente il lettore sul passato dei protagonisti con le loro storie, le loro disavventure e soprattutto i loro preziosi punti di vista che saranno importanti in un futuro momento per capire veramente che cosa pensano l’uno dell’altro. Finisce un capitolo, ne inizia un altro e sono passati quasi due decenni. I coniugi Fang sono sempre al loro posto, sempre pronti a nuove emozionanti avventure, mentre i due figli, per loro “fortuna“, hanno preso strade diverse: Annie è diventata una discreta attrice cinematografica, ha lastricato la sua carriera di ottimi film di serie B, ha vinto un Oscar e spera che presto i suoi sforzi possano renderle giustizia, ovvero diventare una Star. Nonostante questo, la sua vita non sembra procedere per il verso giusto: convinta dal suo regista a posare a seno nudo all’interno del suo ultimo lavoro, Annie diventa oggetto di critiche e pettegolezzi da parte dei giornalisti; tutto questo la porterà a rinchiudersi in casa in compagnia dei suoi due più cari amici: il Bloody Mary e le fette di mortadella grigliate. Buster invece, dopo aver scritto un paio di romanzi di grande successo e dopo aver avuto il blocco dello scrittore, è diventato un giornalista di cronaca impegnato a trovare qualsiasi sorta di notizia che possa interessare ad un pubblico di nicchia. Lo ritroviamo mentre “sta compiendo una dettagliata ricognizione sulle vicende belliche di un cannone che spara patate nel mezzo del Nebraska e sugli artiglieri che occupano il proprio tempo tirando quelle salve ricche di amido fra le spighe del midwest”.
Una di queste patate lo colpisce in pieno viso mandandolo all’ospedale. Insomma, nessuno dei due fratelli Fang se la passa bene. Decidono, dopo molte costrizioni, di tornare a casa dai loro genitori, speranzosi di potersi vicendevolmente dare una mano. Camille e Caleb non sono cambiati e dopo qualche giorno dal loro arrivo, constatato che la figlia maggiore stava riprendendo il sorriso e che il figlio minore stava rimettendosi in sesto, decidono di partire per un’altra, fenomenale performance. I due fratelli rimangono in casa convinti di potercela fare, di riuscire insieme ad uscire dal buco della depressione fino a quando una telefonata non li avverte che i loro genitori sono morti. Dapprima pensano si tratti di una delle loro solite rappresentazioni per sconvolgere l’ordine pubblico, ma, dopo aver fatto qualche ricerca, arrivano alla risposta: nulla è come pensavano che fosse. I due fratelli avranno finalmente la libertà di riscattarsi. Indipendentemente dalla trama questo è un romanzo complesso che affronta in maniera dettagliata le implicazioni famigliari e le dinamiche genitoriali che fanno dei figli l’oggetto delle passioni lacerando il loro punto di vista e discostandoli fin da piccoli da quella vita che avrebbero dovuto vivere fin da quando sono nati. Questo romanzo, che ha ottenuto un grande successo sia di pubblico che di critica, molto introspettivo e prezioso, incarna perfettamente il disagio “americano” e l’arrendevolezza del genere umano. Una sorta di “legge del più forte” rivisitata in chiave moderna. I due figli, che sulla copertina del libro vengono rappresentati con una maschera, sono la risultante di un progetto, di uno studio, di un esperimento che li ha privati di una parte del loro mondo, che li ha costretti a fare cose che se dapprima ritenevano divertenti, con il passare del tempo hanno cominciato ad odiare. Wilson, in questo romanzo, ha cucito attorno alla trama tutta la sua polemica contro l’insegnamento e l’educazione dei figli. Per quanto mi riguarda l’ho trovato molto piacevole e pregno di contenuti, contenuti che, nascosti sotto la coltre di una scrittura dinamica e intuitiva, raggiungono il lettore nel suo momento di massima vulnerabilità.