“Un uomo di fascino”

di Federico Caporali

Non credo, sinceramente, di riuscire a sintetizzare con parole efficaci il libro che sto per presentarvi, poiché, come dire, più che una trama è il racconto di una vita, o meglio, degli “ultimi” anni di vita di un essere umano. Un uomo che ha fatto della sua esistenza lo specchio del futuro, colui che, con il suo intelletto ed il suo immaginario ha fatto in modo che milioni di persone in tutto il mondo capissero quel che di più vero fosse presente sulla terra. L’uomo in questione è stato uno scrittore britannico tra i più popolari della sua epoca. Tra i suoi lavori di maggior successo troviamo “Nel paese dei Ciechi” oppure “La guerra dei mondi”. Uno scrittore che, all’interno dei suoi “figli” ha avuto il raffinato dono di saper piazzare l’inquadratura della sua prosa in eccentriche posizioni stranianti che ribaltano la realtà, come agli antipodi: nei suoi racconti infatti tutto sta a testa in giù, eppur tiene i piedi ben saldi sulla terra. I suoi romanzi del “mezzo” sono stati i più “realistici“, contemplando la vita della classe medio-bassa, la Nuova Donna e le Suffragette. “E’ stato un forte assertore dell’idea di Stato mondiale, alla cui produzione dedicò parte della sua vita“. La storia degli ultimi anni di quest’uomo, di cui tra poco vi svelerò il nome, sono stati descritti in modo sapiente da Davide Lodge, che, nel suo ultimo libro “Un uomo di fascino” rende pieno omaggio al suo maestro, al suo “amico“, al suo conduttore storico preferito: H.G. Wells, che, “figlio ambizioso di una famiglia di commercianti che faticavano ad affermarsi, autodidatta di stupefacente curiosità intellettuale, era anche una specie di profeta“. Il libro è ambientato ad Hanover Terrace, una bella fila di villette di Nash, sul perimetro occidentale di Regents Park, purtroppo rovinate dalla guerra: “La facciata di stucco color crema, maltenuta dal 1939, è sudicia, piena di crepe e scrostata; molte finestre infrante dall’esplosione delle bombe o dallo spostamento d’aria dei cannoni contraerei di Primrose Hill sono chiuse con assi di legno. Le eleganti arcate che percorrono l’edificio in tutta la sua lunghezza e fungono da porticato in comune agli ingressi delle case sono scheggiate e si stanno disgregando“. C’è solo un appartamento ancora abitato, il numero tredici; il suo proprietario è il Signor Wells, che, in modo ostinato, si è sempre rifiutato di lasciare il suo appartamento. Mentre tutti i suoi vicini hanno già “tagliato la corda” lui rimane lì, nella sua casa, nel suo mondo e “finché era stato fisicamente in grado di farlo, si metteva anche in testa un elmetto e faceva il suo turno di sorveglianza dal tetto di Hanover Terrace per controllare eventuali incendi, in parte per un patriottico senso del dovere, in parte per una personale preoccupazione nei riguardi del tappeto Aubusson del suo salotto”.

L'autore David Lodge

In poche parole, Wells, ormai vecchio e malato, vive rinchiuso nella sua abitazione ricordando i suoi anni passati pieni di libri, di donne e di avvenimenti. Rivive le relazioni avute con le due mogli e le molte amanti, in particolare quella con Amber Reeves, una studentessa molto promettente e quella con Rebecca West, una scrittrice di talento con la quale ha avuto due figli e “drammatiche conseguenze“. “Lui immaginava che esistesse, ad attenderlo, non sapeva dove, una totale capacità di comprensione, una perfetta consonanza che avrebbe toccato l’intera gamma dei suoi sentimenti e percezioni, dalla più poetica a quella più interamente fisica, un rapporto così bello, in grado di trasfigurare a tal punto che non solo lei sarebbe stata alla sua luce bella, ma, cosa chiaramente ancora più incredibile, anche lui sarebbe stato perfettamente bello e a suo agio”. L’incipit del racconto è proprio la sua malattia, quest’ultima darà il via ad una serie di considerazioni sulla sua esistenza. David Lodge, alla presentazione di questo libro ha dichiarato che, con questa fatica, ha voluto fare quello che una biografia non può fare: ovvero rappresentare la vita interiore, sentimentale e sessuale del protagonista. L’autore ci regala infatti la possibilità di conoscere dei particolari, altrimenti sconosciuti, della vita di uno dei maggiori scrittori del secolo passato. E così, all’interno delle “sue” passioni, “Lodge ci restituisce l’immagine di un uomo tanto contraddittorio quanto geniale: un socialista che godeva della sua ricchezza, un acclamato romanziere che si ribellò alle forme letterarie tradizionali, un donnaiolo femminista votato alla passione come al romanticismo”. Certo, se non siete interessati all’argomento, non sono qui ad obbligarvi a leggere le quasi settecento pagine di testo redatto, ma guardatevi bene dal prendere una decisione che potrebbe rivelarsi controproducente: le biografie si sa, possono essere noiose, ma non quando sono “create” da uno scrittore del calibro di Lodge. Fate una cosa, se proprio avete ancora delle riserve, provate a leggere qualche suo romanzo antecedente a questo: a volte non conta solo la storia, ma come questa viene raccontata. “Una mente giovane è come un prato verde ed è ricca di prospettive, mentre una mente vecchia diventa sempre più come un cimitero affollato di ricordi”.