C’è una delle più belle canzoni di Patty Pravo che recita questi versi: “Qualche volta penso di tornare da te e se non l’ho ancora fatto non è perché l’amore sia finito, io ti amo ancora, non l’ho fatto solo perché ho paura di trovarti cambiato. Ma stasera ho deciso di tornare, tutt’al più mi accoglierai con la freddezza che non hai avuto mai e forse fingerai di non sapere il nome mio, magari parlerai dandomi del lei”. Il libro di cui mi appresto a parlarvi questa settimana è una storia. Definirla una storia d’amore sarebbe davvero molto riduttivo, magari potremmo definirla una vita raccontata dalla voce di una donna, una donna che ha avuto la forza di capire quel che stava vivendo, una donna che, pur condividendo la propria vita con l’uomo del suo destino, ha sempre saputo e sempre allontanato l’idea di un qualcosa che inesorabilmente le avrebbe provocato dolore. Prima di introdurvi il titolo, come sempre, vi regalo le prime frasi introduttive, quelle che, quasi sempre, ci permettono di capire se vale la pena continuare oppure lasciare: “Crediamo tutti di conoscere la persona che amiamo. Nostro marito, nostra moglie. E li conosciamo davvero, anzi, a volte siamo loro: ad una festa, divisi in mezzo alla gente, ci troviamo ad esprimere le loro opinioni, i loro gusti in fatto di libri e di cucina, a raccontare episodi che non sono nostri, ma loro. Li osserviamo quando parlano e quando guidano, notiamo come si vestono e come intingono una zolletta nel caffè e la guardano mentre da bianca diventa marrone, e poi, soddisfatti, lasciarla cadere nella tazza. Io osservavo la zolletta di mio marito tutte le mattine: ero una moglie attenta. Forse un matrimonio non si vede, un po’ come quei giganteschi corpi celesti che sfuggono all’occhio umano: lo si può monitorare solo in base alla forza di gravità, all’attrazione che esercita su tutto ciò che lo circonda. Mi sembra di doverlo scrutare così, il matrimonio, con tutti i suoi fatti nascosti, le parti più segrete, perché finalmente mi si riveli, lontano, ruotando come una stella oscura”. “La storia di un matrimonio” di Andrew Sean Greer è ambientato nella maggior parte a San Francisco durante la guerra di Corea. Hollande Cook e Pearlie sono due ragazzi di colore che vivono in un piccolo paese del Kentucky; quando nel 1943 Holland viene chiamato alle armi, con l’aiuto di Pearlie cerca di nascondersi in casa della madre ma viene scoperto e costretto ad arruolarsi. Nello stesso momento a Pearlie viene proposto di trasferirsi in California per lavorare all’interno di una fabbrica, lei accetta sognano il suo futuro: “Pinker, si chiamava così, era il tipo d’uomo a cui bisognava ubbidire. Mi ha parlato dei posti di lavoro in Califormia, delle industrie che avevano bisogno di donne forti come me. Le sue parole erano come strappi in una tenda da cui potevo sbirciare un mondo che non avevo mai neppure immaginato: gli aerei, la Califormia; mi sembrava di accettare un viaggio su un altro pianeta“. Pearlie parte, i contatti con Holland si perdono e il fidanzamento sembra definitivamente finito. La guerra finisce e un giorno, dopo molti anni, i due si incontrano, di nuovo, per caso nelle strade di San Francisco. Decidono di sposarsi, ma non prima di essersi riappropriati dei loro sentimenti, come un vero corteggiamento comanda: “La prima cosa che la gente notava di mio marito era la sua bellezza. Alto, scuro, con un sorriso rasserenante che sembrava non nascondere nulla: il genere di dote naturale che non può essere guastata dalla tensione o dalla malattia. Come un oggetto d’oro che resta sempre bello, puro. Non lo vedevo solo io così, lo vedevano tutti”. E sarà proprio questo il giro di vite del romanzo, la bellezza che non lascia scampo, la bellezza che non è di uno bensì deve essere condivisa con altri, per l’esattezza con un’altro: quando fanno il loro ingresso all’interno della narrazione le due anziane zie di Holland, cercheranno di mettere in guarda Pearlie raccontandole che Hollande è omosessuale, non lo faranno in modo diretto, sarebbe davvero molto indiscreto da parte loro farlo, indiscreto e contrario alle “regole” vigenti in quel periodo; lo faranno girandoci attorno, mettendolo sul piano della malattia. La donna, non capendo, si convince che il marito sia malato di cuore. Holland, in effetti, ha avuto una relazione in passato con Buzz, incontrato all’interno di un ospedale militare dove quest’ultimo era stato ricoverato per problemi nervosi.
Buzz ritornerà qualche anno più tardi più innamorato che mai dell’uomo che fino al primo momento in cui lo ha visto è sempre stato sicuro fosse quello della sua vita e farà a Pearlie una proposta che metterà in seria discussione tutto quello che aveva costruito fino a quel preciso momento della sua vita. Tra sotterfugi, frasi non dette e incontri clandestini questo libro scivolerà inesorabile fino alla fine, dove, magari, tutto si risolverà; per ora, però, il blocco rimane. Delicato e misterioso fino alla fine delle sue pagine “La storia di un matrimonio” è un libro basato sulla difficoltà dei sentimenti e sulla totale inadempienza dell’animo umano. Scritto divinamente cattura e colpisce alle spalle, in qualsiasi momento. Tutti hanno delle convinzioni e tutti cercano di convincersi di cose che non sono vere. Gli elementi ci sono: lui, lei, l’altro, il passato, il presente ed un futuro incerto, i marinai, il porto, le dolci ragazze in età da marito, gli anni cinquanta, la difficoltà di dimostrare, le persone di colore e gli sguardi indiscreti affilati come lame di rasoio. Leggendolo, questo libro ha dimostrato di sapere più cose su di noi di quanto non potremmo averne ancora capite noi stessi. La scrittura è maledettamente lucida, mistica, esemplare. Le descrizioni sono semplici, visibili ad occhio nudo e regalate allo sguardo attento del lettore che, ad ogni passo, si sente invaso da quel senso di disagio che raramente si prova. All’inizio avrete lo stimolo ad accantonare questo testo e a lasciarvelo per tempi “migliori“, ma sapete una cosa, non fatelo, sarebbe uno spreco, una bugia, una cosa sbagliata da fare. Sicuramente vi ricorderà di qualcosa, o di qualcuno, ma non dategli importanza: date peso solo alla vostra passione per la lettura. Per il resto, tutto si supera, tutto si appende, tutto passa. E passerà. Anche se ci vorranno decenni. Passerà. “Tutt’al più mi offenderai e poi mi caccerai dicendomi che oramai, no non t’interessa più una ragazza che serviva solamente per divertirsi un po’. E allora me ne andrò e mi rincorrerai per chiedermi perdono e mi accarezzerai, ricorderai il mio nome e quello che c’è stato, magari fosse vero, magari fosse vero. Tutt’al più ti ritroverò insieme a quella che ha preso il mio posto. E allora, e allora. Basta.”