“I ricordi ti scaldano il corpo dall’interno. Ma allo stesso tempo ti lacerano dentro.”
Tamura Kafka, Nakata, mi hanno accompagnata in questo viaggio onirico, spiazzandomi in alcuni tratti e cullandomi per altri.
Kafka sulla spiaggia di Murakami, edito da Einaudi Super ET, è un racconto sui ricordi, che mischia un po’ di meta magia e fantasy, un romanzo di crescita umana e spirituale, che non manca di riferimenti con la psicologia, la mitologia, i classici musicali e letterari.
Kafka è un ragazzino di 15 anni che scappa dal padre, un uomo che ha costruito un flauto gigante per poter parlare con le anime dei gatti che lui ha ucciso, e un uomo che ha lanciato un’anatema edipico sulla testa del figlio: tu mi ucciderai e giacerai con tua madre e tua sorella.
La madre che lo ha abbandonato all’età di 4 anni portandosi dietro la sorella, lascia nell’animo di Kafka un vuoto incolmabile e come dice lui, paura e rabbia.
Nel viaggio che affronterà incontrerà dei personaggi chiave che lo faranno riappacificare con le due donne che non vede oramai da anni.
Nel frattempo Nakata, un vecchio uomo colpito alla fine degli anni ‘40 da un gas che gli ha cancellato i ricordi e gli ha bloccato la crescita mentale, si ritrova a percorrere la stessa strada di Tamura Kafka, perché i due inconsapevolmente sono legati da un qualcosa di molto profondo.
Un romanzo sulla perdita, sull’abbandono, sulla capacità di trovare il proprio posto giusto nel mondo e sull’importanza di saper osservare e ascoltare la vita.
Murakami si conferma una penna comoda, alcuni capitoli li avrei tagliati perché come sostengo da anni, i giapponesi hanno questa fissa di descrivere tutto minuziosamente che dopo un po’ poterebbe tediare la lettura ma il libro è riuscito a rubare la mia attenzione per vedere e capire come andasse a finire.