“Non avendo imparato la codardia quando era piccola e oppressa, ora usa le parole solo per esprimere quello che pensa e prova, non per nasconderlo.”
“Lettore, lei mi ha sposato”, inizia così l’ultimo capitolo di questo libro “Povere creature” di Alasdair Gray
Edito da Safarà Editore.
Un omaggio alla Jene Eyre di Bronte, e di omaggi tra queste pagine ce ne sono stati diversi.
Empowerment, femminismo, liberazione dal patriarcato, tutto vero, tutti temi affrontati con ingegno e sagacia, ma quello che personalmente ha catturato la mia attenzione è la costruzione raffinata di una trama che fino alla fine lascia il lettore sgomentato e dubbioso, perché può sembrare tutto un artificio della mente o tutto realmente accaduto.
La bellezza risiede nell’esposizione priva di veli di Bella Baxter, la protagonista, che nata a nuova vita grazie all’intervento del suo God-win(notare il nome), si lascia scorrere nel mondo con il solo e unico motore vitale: le emozioni primordiali.
Lei abita un corpo da adulta, con la testa di una ragazzina, quindi incapace di sovraffollamenti mentali, e la libertà risiede proprio qui.
Lei ama, vive, si concede, lavora, viaggia, senza ascoltare la testa, il giudizio, ma il cuore.
Bella Baxter è l’eroina che in epoca vittoriana ha ribaltato aspettative sociali, storiche e umane, quella donna da cui prendere esempio, e che nel suo dolore e nel suo ritornare ci dona un messaggio potente di grande e rumorosa libertà e indipendenza verso le sue “povere creature”.